1.6 Gli aspetti sociali della Restaurazione
Sul piano dei rapporti sociali, la Restaurazione non interruppe completamente quel processo di crescita della borghesia e di emancipazione dai vincoli feudali che la rivoluzione francese aveva, se non iniziato, certo potentemente accelerato. Questo processo divenne tuttavia più lento e contrastato. Nei paesi che avevano conosciuto la dominazione napoleonica, le aristocrazie tornarono a occupare tutti i posti chiave nei governi, nella diplomazia, negli alti gradi della burocrazia e delle forze armate, anche se non recuperarono completamente il ruolo sociale (e le proprietà) di cui godevano nell'ancien régime. Le più importanti innovazioni giuridiche introdotte nel periodo napoleonico - che favorivano la proprietà privata e tutelavano i cittadini dagli abusi dei poteri pubblici - furono in gran parte mantenute. Ma la borghesia dell'industria e del commercio fu ugualmente danneggiata dalle politiche dei governi volte a favorire la proprietà terriera e dal ristabilimento delle antiche barriere doganali che ostacolavano gli scambi.
I diritti feudali erano stati aboliti, almeno sulla carta, in quasi tutta Europa e, salvo eccezioni, non furono ripristinati. Ma in vaste aree del continente - a parte il caso-limite della Russia, dove la servitù della gleba costituiva ancora il fulcro dell'ordine sociale - i contadini erano ancora legati da obblighi e da vincoli di dipendenza nei confronti dei signori, che rappresentavano a livello locale la principale fonte di autorità. Era questa la situazione di buona parte dell'Europa dell'Est. Nelle zone orientali della Confederazione germanica, l'emancipazione si realizzò gradualmente, fra il 1810 e il 1848, attraverso una serie di riforme che concedevano ai contadini la libertà di emigrare e di acquistare terre e trasferivano alle autorità statali i poteri relativi alla polizia e all'amministrazione della giustizia (nel campo dei piccoli reati), prima esercitati dai signori feudali. Nell'Impero asburgico, il processo fu ancora più lento e si compì soltanto con le nuove leggi emancipatrici emanate nel 1848. Nell'Europa del Sud (penisola iberica, Italia meridionale e insulare) la defeudalizzazione fu più rapida, ma non intaccò se non in minima parte le tradizionali gerarchie sociali né modificò la struttura della proprietà terriera, caratterizzata dalla persistenza del latifondo e della grande proprietà ecclesiastica.
Molto diversa, da questo punto di vista, era la situazione in Francia e nei paesi vicini passati attraverso la dominazione napoleonica: le regioni occidentali della Germania, i Paesi Bassi, l'Italia settentrionale. In queste aree, la rivoluzione antifeudale si era compiuta in modo irreversibile e la borghesia aveva aumentato considerevolmente la sua quota di partecipazione alla proprietà della terra. Ma ciò non si era tradotto in una generale modernizzazione delle tecniche agricole - che, fatta eccezione per alcune zone, continuarono a essere caratterizzate da notevole arretratezza - né in un apprezzabile miglioramento delle condizioni delle masse rurali. La vendita delle terre già appartenenti al clero e alla nobiltà non aveva in genere avvantaggiato i piccoli coltivatori e i contadini senza terra, ma era servita soprattutto a incrementare la grande proprietà borghese. La piccola proprietà contadina fu invece complessivamente danneggiata dalla legislazione napoleonica: la caduta di tutti i vincoli che limitavano il diritto di proprietà sulla terra o impedivano la divisione dei fondi finì infatti col favorire lo spezzettamento dei terreni e col creare unità poco vitali dal punto di vista economico.
Non bisogna dimenticare, inoltre, che la fine dei rapporti feudali significò non solo la liberazione dei contadini da una serie di gravami e di servitù nei confronti dei signori, ma anche lo scioglimento dei signori dai tradizionali doveri di tutela e di assistenza nei confronti dei contadini delle loro terre. Anche se in forme diverse e in tempi generalmente più lenti, l'Europa continentale cominciava così a conoscere un fenomeno analogo a quello che già si stava verificando in Inghilterra: la formazione di una massa di lavoratori non più legati alla terra e alle antiche comunità rurali, pronta a spostarsi verso i centri urbani e verso le nuove opportunità di lavoro offerte dall'industria.
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