14.8 Le nuove frontiere della medicina
Negli ultimi decenni del secolo scorso, sotto l'impulso della cultura scientifica positivistica e delle trasformazioni sociali legate all'industrializzazione e all'urbanesimo, anche la medicina subì un'evoluzione profonda. Ancora alla metà dell'800, la cura e l'idea stessa della malattia si basavano su un singolare intreccio di empirismo e di superstizione, di tradizione popolare e di ignoranza diffusa anche all'interno della categoria medica. Il tutto era aggravato dalle condizioni delle strutture ospedaliere, che spesso erano le stesse di tre o quattro secoli prima e che costituivano dei ricoveri indifferenziati per i poveri, gli incurabili e i trovatelli.
La trasformazione scientifica della medicina si fondò su quattro cardini fondamentali: 1) la diffusione delle pratiche igieniste e la conseguente adozione di efficaci strategie di prevenzione e contenimento delle malattie epidemiche; 2) lo sviluppo della microscopia ottica, che consentì di identificare i microrganismi responsabili di alcune malattie infettive; 3) i progressi della chimica, in particolare della farmacologia, che permise la sintesi e l'estrazione di numerose sostanze in grado di modificare il corso naturale della malattia; 4) la nuova ingegneria sanitaria, che rese possibile, con la costruzione dei grandi "policlinici", l'osservazione sistematica del malato.
Le teorie igieniste - che cercavano le cause delle malattie, e i mezzi per prevenirle, non tanto nei singoli individui quanto nell'ambiente in cui essi vivevano e nei loro rapporti reciproci - furono avanzate per la prima volta in Francia già negli anni '20 dell'800, ma si affermarono in tutta Europa solo negli ultimi decenni del secolo. Partendo da osservazioni empiriche e dati statistici inoppugnabili e proponendo una serie di interventi dimostratisi poi efficaci (la canalizzazione delle acque di scarico, la lotta contro il sovraffollamento nelle abitazioni, la rigida circoscrizione dei focolai di epidemie), gli igienisti riuscirono a diffondere alcune pratiche preventive e a imporle - nonostante l'ostilità di gran parte della medicina "accademica" - all'attenzione dei poteri pubblici. Fu il caso dell'italiano Luigi Pagliani, titolare della prima cattedra di igiene istituita in Italia, che, chiamato nel 1886 a guidare la nuova Direzione di sanità presso il ministero degli Interni, riscosse notevoli successi nella lotta contro il colera nel Mezzogiorno e in Sicilia.
Il successo della proposta igienista - che privilegiava l'aspetto sociale rispetto a quello individuale, il momento della prevenzione rispetto a quello della cura della malattia - si accompagnò, e per certi aspetti si contrappose, a quel fondamentale evento scientifico che fu l'identificazione, da parte del francese Louis Pasteur e del tedesco Robert Koch, dei microrganismi come agenti causali della peste, del colera e della tubercolosi. Una scoperta che, sottolineando la necessaria presenza dei germi nella genesi delle malattie infettive, dimostrava come le condizioni ambientali non fossero di per sé sufficienti a provocare l'insorgere del male e che fu usata da molti medici per svalutare l'importanza dei fattori igienici. A mettere l'accento sui fattori individuali contribuirono anche gli studi microscopici del patologo tedesco Rudolf Virchow, che riconducevano l'origine delle malattie alle alterazioni delle cellule e dei tessuti.
Un'ulteriore e decisiva spinta ai progressi della medicina curativa venne, sempre nella seconda metà dell'800, dalle scoperte della chimica, che consentirono l'isolamento di una serie di sostanze e la sintesi di numerosi composti, dimostratisi - in seguito a ricerche specifiche, ma anche a scoperte fortuite - capaci di agire sui processi fisiologici. Già nel 1846, la scoperta degli effetti dell'etere dietilico sul sistema nervoso aveva aperto la strada alla pratica dell'anestesia chirurgica. Nel 1857 fu sintetizzato il bromuro, impiegato nel trattamento dell'epilessia e in genere come calmante. Nel 1860 fu la volta dell'acido acetilsalicilico, che più tardi (dal 1875) avrebbe costituito la base della più diffusa fra le medicine dei nostri tempi, l'aspirina. Negli ultimi due decenni del secolo furono estratti i princìpi attivi della digitale e dello strofanto, destinati a diventare la pietra angolare nel trattamento dello scompenso cardiaco. Furono inoltre identificate ed estratte numerose sostanze già presenti nell'organismo umano: come l'acetilcolina, che rallenta la frequenza cardiaca, e l'adrenalina, che invece la accelera. Al 1875 risale la sintesi del diclorodifeniltricloroetano (meglio noto come Ddt): un potente insetticida che consentì progressi decisivi nella lotta contro la malaria. Grazie a scoperte come queste, si sviluppò rapidamente una nuova industria farmaceutica, le cui fortune coincisero in molti casi con le fortune personali di celebri ricercatori come i tedeschi Bayer e Merck.
La radicale trasformazione delle terapie andò di pari passo con la contemporanea evoluzione subita dai luoghi fisici della cura, cioè dagli ospedali. Le nuove strutture realizzate in Europa negli ultimi decenni del secolo si basavano su un'organizzazione razionale dello spazio, sulla suddivisione dei pazienti in reparti specializzati per classi di malattie e sul rispetto delle più essenziali norme igieniche.
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