7.7 La prima guerra di indipendenza
Il 23 marzo, all'indomani della cacciata degli austriaci da Venezia e da Milano, il Piemonte dichiarava guerra all'Austria. Diverse furono le ragioni che spinsero Carlo Alberto a questa decisione: la pressione congiunta dei liberali e dei democratici, che vedevano nella crisi dell'Impero asburgico l'occasione per liberare l'Italia dagli austriaci; la tradizionale aspirazione della monarchia sabauda ad allargare verso est i confini del Regno; infine il timore che il Lombardo-Veneto diventasse un centro di agitazione repubblicana.
Anche in questo caso, com'era avvenuto per la concessione degli statuti, l'esempio di un sovrano finì col condizionare le decisioni degli altri. Preoccupati dal diffondersi dell'agitazione democratica e patriottica che minacciava la stabilità dei loro troni, Ferdinando II di Napoli, Leopoldo II di Toscana e Pio IX decisero di unirsi alla guerra antiaustriaca e inviarono contingenti di truppe regolari che partirono, accompagnati da grande entusiasmo popolare, assieme a folte colonne di volontari. La guerra piemontese si trasformava così in una guerra di indipendenza nazionale, benedetta dal papa e combattuta col concorso di tutte le forze patriottiche.
Ma l'illusione durò poco. Carlo Alberto mostrò scarsa risolutezza nel condurre le operazioni militari e si preoccupò soprattutto di preparare l'annessione del Lombardo-Veneto al Piemonte, suscitando l'irritazione dei democratici e la diffidenza degli altri sovrani, già poco entusiasti della partecipazione al conflitto. Particolarmente imbarazzante era la posizione di Pio IX, che si trovava in guerra contro una grande potenza cattolica. Il 29 aprile il papa annunciò il ritiro delle sue truppe. Lo imitava, pochi giorni dopo, il granduca di Toscana. A metà maggio era Ferdinando di Borbone, che nel frattempo aveva sciolto il Parlamento appena eletto, a richiamare il suo esercito. Rimasero a combattere contro l'Austria, disobbedendo agli ordini dei sovrani, molti fra i componenti dei corpi di spedizione regolari. Rimasero i volontari toscani, guidati da Giuseppe Montanelli, che furono protagonisti, in maggio, di un glorioso fatto d'armi a Curtatone e Montanara. Accorse dal Sud America Giuseppe Garibaldi, che si mise a disposizione del governo provvisorio lombardo. Ma il contributo dei volontari fu poco e male utilizzato da Carlo Alberto, deciso a combattere la "sua" guerra e a non lasciare spazio all'azione dei democratici.
Dopo alcuni modesti successi iniziali dei piemontesi, mentre fra maggio e giugno venivano indetti nei territori liberati (compresa Venezia) frettolosi plebisciti per sancire l'annessione al Regno sabaudo, l'iniziativa tornò nelle mani dell'esercito asburgico. Il 23-25 luglio, nella prima grande battaglia campale, che si combatté a
Custoza, presso Verona, le truppe di Carlo Alberto furono nettamente sconfitte. Rinunciando a una difesa a oltranza di Milano, i piemontesi si ritirarono oltre il Ticino. Il 9 agosto fu firmato l'armistizio con gli austriaci.
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