34.11 Rivoluzione elettronica e società postindustriale
Il periodo che stiamo vivendo sarà probabilmente ricordato come l'epoca di una nuova rivoluzione industriale. Come un secolo fa l'emergere di nuove tecnologie e di nuovi settori produttivi - il siderurgico, il chimico, l'elettrico - aveva mutato profondamente le strutture economiche e la stessa vita quotidiana nelle società più sviluppate, così ora si assiste al declino di industrie che avevano svolto un ruolo centrale per oltre un secolo (prima fra tutte quella dell'acciaio, che ha visto bruscamente calare la sua produzione), all'affermarsi di nuove tecniche produttive, all'aprirsi di nuovi campi di attività che fanno intravedere una realtà economica e sociale molto diversa da quella che ha avuto la sua massima espansione negli anni '50 e '60 di questo secolo.
Il centro e il nucleo propulsore di questo processo di trasformazione sta certamente nell'
elettronica, cioè in quella branca della fisica che studia il movimento degli elettroni e che, già nella prima metà del '900, era stata alla base di alcune fondamentali scoperte nel campo delle comunicazioni radiofoniche e televisive. Ma la più importante e la più rivoluzionaria fra le applicazioni della tecnologia elettronica è stata attuata in questo dopoguerra nel settore delle macchine da calcolo (computer): apparecchi capaci di riprodurre in qualche misura i meccanismi di funzionamento del cervello umano, mediante l'apertura e la chiusura di una serie di circuiti elettrici; di eseguire operazioni matematiche senza margini di errore in tempi infinitamente più brevi di quelli consentiti all'uomo; di immagazzinare nelle loro "memorie" una serie di dati da richiamare poi all'occorrenza; di reagire, se opportunamente programmati, a impulsi esterni e di comandare, in base a questi impulsi, l'attività di altre macchine.
I primi calcolatori erano stati realizzati già durante la seconda guerra mondiale; ma, basati sull'uso di componenti elettromeccaniche (i relais, comunemente impiegati nella telefonia), erano soggetti a usura, oltre che estremamente ingombranti. La sostituzione del relais prima con la valvola, poi col transistor (inventato nel 1948) consentì, nel corso degli anni '50, di ridurre enormemente le dimensioni dei computer e di aumentarne la potenza di calcolo, l'affidabilità e la complessità. Un ulteriore salto qualitativo fu compiuto nel decennio successivo con l'introduzione del circuito integrato: una piastrina di silicio (di dimensioni anche ridottissime) all'interno della quale possono essere riprodotte, in forma miniaturizzata, le funzioni di un'intera rete di transistor. Nascevano così, anche sotto la spinta delle imprese spaziali, i computer della "terza generazione": apparecchi che non solo vantavano, rispetto ai loro predecessori, dimensioni ancora più ridotte, velocità di calcolo ancora maggiore - oltre alla possibilità di collegare molti apparecchi "periferici" (terminali) a una sola memoria centrale -, ma avevano anche costi di produzione sensibilmente più bassi. E questo fu certo un fattore decisivo per far uscire il computer dall'ambito dei laboratori specializzati e degli istituti di ricerca e per farlo entrare nel mondo della produzione di massa.
Attorno ai computer si è sviluppata un'industria di tipo nuovo, in cui la parte "materiale" del prodotto (quella che in inglese si chiama hardware, alla lettera "ferramenta") è meno importante, anche sotto il profilo dei costi, rispetto al complesso delle informazioni e dei programmi (software) che servono a farlo funzionare. Un'industria che ha i suoi centri principali negli Stati Uniti (in particolare in California) e in Giappone e che ha invaso con le sue tecnologie tutti i principali comparti produttivi. Oggi i computer non solo sono oggetti abbastanza familiari per chi vive nelle aree sviluppate - nella forma del piccolo calcolatore tascabile, del personal computer, dei terminali installati in molti uffici, agenzie, magazzini -, ma sono incorporati in una gran quantità di apparecchi di uso corrente: automobili ed elettrodomestici, impianti per il condizionamento termico e per la riproduzione del suono, macchine da scrivere e da cucire, orologi e apparecchi fotografici.
Strettamente legata alla "rivoluzione dei computer" è la crescita di nuove tecnologie e di nuove branche della scienza applicata. Lo sviluppo dell'informatica (la disciplina che ha per oggetto l'elaborazione e la trasmissione dell'informazione, in particolare i linguaggi e i programmi delle macchine da calcolo) si è intrecciato con quello della cibernetica, scienza nata negli anni '40 che studia i processi di controllo e di comunicazione negli organismi viventi e cerca di riprodurli nelle macchine. Figlia della cibernetica è la robotica, che si occupa specificamente della costruzione di macchine capaci di sostituire l'uomo in una serie di operazioni anche molto complesse ed è stata largamente applicata nei processi di automazione del lavoro industriale. Ancora più recente - e databile agli anni '70 - è la nascita della telematica: ossia l'applicazione delle tecniche dell'informatica al settore delle telecomunicazioni, che ha permesso tra l'altro (grazie anche all'adozione delle cosiddette "fibre ottiche" in luogo dei vecchi fili di rame) di usare una stessa rete di comunicazioni telefoniche per trasmettere non solo messaggi in voce, ma anche programmi radiofonici e televisivi, o testi e dati elaborati da computer.
Il ventaglio di scoperte scientifiche e di innovazioni tecnologiche legato alla "rivoluzione elettronica" ha cominciato a far sentire i suoi effetti su larga scala soltanto da pochi anni. Ma è già possibile osservare una serie di trasformazioni in atto nella realtà economica e sociale e individuare alcune linee di tendenza. In primo luogo è evidente che la crescente automazione di alcuni processi produttivi (soprattutto nell'industria meccanica) e la creazione di macchine elettroniche sempre più complesse e sempre più flessibili (capaci cioè di adattarsi a diverse lavorazioni) sta cambiando il volto delle fabbriche e la stessa natura del lavoro industriale. Laddove erano necessari molti operai generici, oggi può essere sufficiente un solo tecnico, addetto al controllo della macchina (il che crea, almeno nell'immediato, problemi non trascurabili di disoccupazione tecnologica).
Ci si avvia dunque verso una società che qualcuno ha giù voluto definire postindustriale: una società in cui diminuisce la domanda di lavoro manuale, mentre aumenta quella di lavoro tecnicamente qualificato; in cui il settore industriale - cresciuto originariamente a spese di quello agricolo - tende a cedere occupazione al settore terziario (già in continua espansione dall'inizio del secolo); in cui - grazie ai progressi dell'informatica e della telematica - cresce continuamente la quantità e la qualità dei servizi offerti all'utente (già oggi, almeno in teoria, è possibile acquistare merci, ottenere le informazioni più disparate, compiere operazioni bancarie, addirittura avere una diagnosi medica, senza muoversi dalla propria casa); in cui il movimento delle informazioni è più importante del movimento delle persone; in cui l'organizzazione sociale, il rapporto fra lavoro e tempo libero, le stesse strutture della vita quotidiana sono destinate a subire modificazioni profonde, anche se ancora non del tutto prevedibili.
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