26.8 Lo stalinismo
Sorretto da un onnipotente apparato burocratico e poliziesco - ma anche dal consenso spontaneo di milioni di lavoratori che vedevano in lui il continuatore dell'opera di Lenin e l'artefice dell'industrializzazione - Stalin finì con l'assumere in Urss un ruolo di capo carismatico non diverso da quello svolto nello stesso periodo dai dittatori di opposta sponda ideologica. Era il padre e la guida infallibile del suo popolo. Era l'autorità politica suprema, ma anche il depositario della "autentica" dottrina marxista - anzi marxista-leninista, secondo la formula codificata in quegli anni - e al tempo stesso il garante della sua corretta applicazione. Ogni critica, da qualunque parte avanzata, assumeva i caratteri odiosi del tradimento. Le stesse attività culturali dovevano ispirarsi alle direttive del capo e dei suoi interpreti autorizzati (uno di questi, Andrej Zdanov, sarebbe assurto alla fine degli anni '30 al ruolo di controllore di tutto il settore culturale). La letteratura, il cinema, la musica e le arti figurative furono sottoposte a un regime di rigida censura e costrette a svolgere una funzione propagandistico-pedagogica entro i canoni del cosiddetto realismo socialista: il che in pratica significava limitarsi alla descrizione e all'esaltazione della realtà sovietica. La storia recente fu riscritta per mettere meglio in luce il ruolo di Stalin e sminuire quello di Trotzkij e degli altri oppositori. Persino il settore delle scienze naturali fu messo sotto controllo e scienziati illustri furono perseguitati per aver sostenuto teorie giudicate non ortodosse.
Come fu possibile che una tirannide così totale scaturisse da una rivoluzione che aveva suscitato tante speranze di libertà, oltre che di giustizia sociale? Alcuni hanno cercato di spiegare lo stalinismo collegandolo alla tradizione centralistica e autocratica del regime zarista. Altri hanno visto invece nella dittatura staliniana una forma inedita di dispotismo industriale, una scorciatoia autoritaria funzionale all'esigenza di un rapido sviluppo economico. Alcuni hanno cercato le radici del "fenomeno Stalin" nella storia stessa del bolscevismo, nelle teorie di Lenin e nella prassi antidemocratica inaugurata dai comunisti subito dopo la presa del potere. Altri, al contrario, hanno considerato lo stalinismo come una deviazione "di destra" della rivoluzione, paragonandolo alla dittatura napoleonica o, secondo la formula usata da Trotzkij, alla "reazione termidoriana" seguita alla rivoluzione giacobina.
Ognuna di queste tesi contiene elementi validi. Lo stalinismo è un fenomeno profondamente inserito nella storia della Russia e nella sua tradizione imperiale; ma è anche inseparabile da quella traumatica esperienza modernizzatrice che fu l'industrializzazione forzata. Stalin sviluppò, portandole alle estreme conseguenze, alcune premesse autoritarie che esistevano già nel pensiero di Lenin e nel sistema sovietico; ma introdusse nella gestione di questo sistema un carattere di spietatezza e di arbitrio che era estraneo alla mentalità e ai comportamenti del vecchio gruppo dirigente comunista. Non solo emarginò politicamente tutti i suoi rivali reali o potenziali (in pratica l'intero gruppo dirigente del bolscevismo "storico"), ma li sterminò fisicamente. E fece eliminare assieme a loro migliaia di quadri dirigenti del partito e un numero incalcolabile di semplici cittadini sospetti di "deviazionismo" o soltanto invisi alla polizia politica.
Già negli anni del primo piano quinquennale e della collettivizzazione la macchina del terrore aveva cominciato a funzionare. Vittime principali ne erano stati, come si è visto, i contadini; ma non vennero risparmiati commercianti, tecnici e dirigenti di partito accusati di sabotare lo sforzo produttivo. Il periodo delle "grandi purghe" cominciò però nel 1934. L'assassinio (organizzato, a quanto sembra, dallo stesso Stalin) di Sergej Kirov, astro nascente del gruppo dirigente comunista, fornì il pretesto per un'imponente ondata di arresti che colpirono in larga misura gli stessi quadri del partito.
Negli anni successivi le purghe si susseguirono a un ritmo impressionante, sempre giustificate dalla necessità di combattere traditori e nemici di classe. Si trattò di una gigantesca repressione poliziesca, condotta nell'arbitrio più assoluto, che colpì milioni di persone. Nella maggior parte dei casi le vittime furono prelevate dalle loro case, fucilate o deportate nei campi di concentramento senza nemmeno conoscere i loro capi di imputazione. Forse peggiore fu la sorte di coloro che furono sottoposti a pubblici processi, formalmente regolari ma in realtà basati su confessioni estorte con la tortura in cui gli imputati si confessavano colpevoli di complotti tramati immancabilmente d'intesa con i "trotzkisti" e con gli agenti del fascismo internazionale. In questo modo furono eliminati tutti gli antichi oppositori di Stalin (Zinov'ev e Kamenev furono fucilati nel '36, Bucharin nel '38), ma anche molti stretti collaboratori del dittatore, inghiottiti dalla stessa macchina che avevano contribuito a creare. Lo stesso Trotzkij, esule dal '29 e animatore dall'estero di un'instancabile polemica antistaliniana, fu ucciso nel 1940 in Messico da un sicario di Stalin. La repressione non risparmiò nessun settore della società. Professionisti e intellettuali, tecnici e scienziati scomparvero a migliaia nei campi di concentramento. Nel '37 una drastica epurazione colpì i quadri delle forze armate: furono eliminati circa 20.000 ufficiali, a cominciare dal maresciallo Tuchačevskij, capo dell'Armata rossa.
Le grandi purghe e i processi degli anni '30 provocarono notevole impressione in Occidente. Ma nel complesso la denuncia dello stalinismo non ebbe grande rilievo negli ambienti democratici e socialisti. Lo impedivano il difetto di informazioni sulle reali dimensioni del fenomeno, ma anche i pregiudizi ideologici (in particolare l'idea, di origine giacobina, che una certa dose di terrore fosse componente indispensabile di ogni grande rivoluzione) e soprattutto le remore politiche: troppo prezioso era il contributo dell'Urss e del comunismo internazionale alla lotta contro il fascismo.
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