2.3 La rivoluzione in Spagna e in Italia meridionale
L'ondata rivoluzionaria partì dalla Spagna: ossia da uno dei paesi in cui più dura era stata la repressione contro liberali e democratici e in cui più gravi erano state le conseguenze - anche sullo sviluppo economico e civile del paese - del malgoverno monarchico. Un altro elemento di crisi era costituito dalla rivolta delle colonie latino-americane (
3.2), che il re Ferdinando VII cercò di soffocare inviando oltreoceano forti contingenti di truppe. Il 1° gennaio 1820, alcuni reparti concentrati nel porto di Cadice in attesa di essere imbarcati per l'America si ammutinarono sotto la guida del colonnello Rafael Riego, aderente alla setta dei Comuneros. In pochi giorni la rivolta si estese ad altri reparti, rendendo vani i tentativi di repressione e costringendo il re a richiamare in vigore la costituzione liberale del 1812 e a indire le elezioni per le Cortes (ossia la Camera elettiva). In Spagna si costituiva così un regime liberal-democratico, reso però fragile dall'ostilità del re, dai contrasti in seno allo schieramento costituzionale (profondamente diviso fra radicali e moderati) e soprattutto dallo scarso consenso di cui godeva presso le masse contadine influenzate dalla Chiesa.
Gli avvenimenti di Spagna ebbero come conseguenza immediata una generale ripresa dell'attività rivoluzionaria, che si concentrò principalmente nei paesi dell'area mediterranea. Questo meccanismo di reazione a catena - destinato a riprodursi più volte nella prima metà del secolo - era determinato in primo luogo dai collegamenti internazionali fra le società segrete; ma era anche stimolato dallo stato di malessere economico in cui versavano tutti i paesi europei, colpiti nei primi anni della Restaurazione da una grave crisi agricola, che aveva avuto la sua acme, con fenomeni di autentica carestia, fra il 1816 e il 1817.
Nell'estate del 1820, moti rivoluzionari, sempre iniziati da militari, scoppiarono a poche settimane di distanza nel Regno delle due Sicilie e in Portogallo. In Portogallo il re Giovanni VI fu costretto, in agosto, a concedere una costituzione simile a quella spagnola. La stessa cosa aveva dovuto fare il re di Napoli Ferdinando I, dopo che la rivolta, cominciata il 1° luglio a Nola per iniziativa di due giovani ufficiali carbonari, Morelli e Silvati, aveva avuto l'adesione di numerosi alti ufficiali ex murattiani, fra cui il generale Guglielmo Pepe. La rivoluzione nel Regno delle due Sicilie seguì un corso analogo a quella di Spagna e si trovò ad affrontare problemi molto simili: le divisioni fra democratici e moderati (furono questi ultimi a guidare il nuovo governo e a prevalere nettamente nelle elezioni che si tennero in ottobre); il comportamento ambiguo del re, profondamente ostile alla costituzione; la dichiarata avversione del governo austriaco a un esperimento che sembrava minacciare l'intero assetto politico della penisola.
A tutti questi problemi si aggiunsero quelli gravissimi derivati dall'esplodere della questione siciliana. Il 15 luglio infatti, poco dopo l'affermazione del moto rivoluzionario a Napoli, anche Palermo aveva dato vita a una violenta ribellione che, contrariamente a quella del Napoletano, aveva visto un'ampia partecipazione delle masse popolari cittadine. Agli operai e agli artigiani - che ancora facevano capo alle cosiddette maestranze, antiche organizzazioni di stampo corporativo - si erano subito uniti gli esponenti dell'aristocrazia locale, delusi dalla politica accentratrice della monarchia napoletana, che aveva fatto perdere a Palermo il rango di capitale. E la rivolta aveva assunto un chiaro carattere separatista. Alle velleità indipendentiste dei palermitani - non condivise peraltro in altre zone dell'isola - il governo di Napoli reagì inviando in Sicilia un corpo di spedizione. Isolata dalle altre province e indebolita dalle divisioni che nel frattempo si erano create fra componente popolare e componente aristocratica, la rivolta palermitana fu domata in pochi giorni, alla fine di ottobre (dopo che il Parlamento napoletano aveva respinto una proposta di compromesso con gli insorti). Ma la vicenda ebbe ugualmente effetti negativi sulla solidità politica e militare del nuovo regime liberale, proprio nel momento in cui si facevano più forti le minacce esterne contro la sua sopravvivenza.
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