31.3 Il Medio Oriente e la nascita di Israele
Regione di grande importanza strategica ed economica, il Medio Oriente, già dai primi decenni del secolo, aveva visto svilupparsi un movimento nazionale arabo che, rivolto inizialmente contro la dominazione ottomana, si era successivamente indirizzato soprattutto contro le potenze europee. In questo movimento confluivano - e confluiscono - due diverse componenti: una tradizionalista, fautrice di una "reislamizzazione" della società mediante l'applicazione integrale dei precetti coranici (di qui il nome di "integralismo islamico"); e un'altra laica e nazionalista, più attenta alle esigenze di modernizzazione economica. Questa seconda tendenza, sostenuta prima dai capi dinastici, poi, in chiave "progressista", dai militari e dalle borghesie locali, ha finito nel complesso col prevalere sulla componente tradizionalista, che è rimasta comunque molto forte.
Anche in Medio Oriente, la seconda guerra mondiale accelerò il processo di emancipazione, costringendo le potenze europee a venire a patti con le rivendicazioni nazionali arabe. Nel 1946 la Gran Bretagna riconobbe definitivamente l'indipendenza della Transgiordania e la Francia ritirò le sue truppe dalla Siria e dal Libano. L'Iraq aveva ottenuto l'indipendenza dagli inglesi già nel '32. Insieme all'Egitto, all'Arabia Saudita e allo Yemen, questi paesi formarono, nel 1945, la Lega degli Stati arabi, con scopi di cooperazione politica ed economica e con ambizioni di integrazione federalista che sarebbero peraltro rimaste sulla carta.
Restava da sciogliere il nodo della Palestina, che nel 1939 la Gran Bretagna si era impegnata a rendere indipendente entro dieci anni, ma che era ancora contesa fra arabi ed ebrei. Negli anni della guerra, la pressione del movimento sionista per la creazione di uno Stato ebraico si fece sempre più forte, alimentata dall'immigrazione degli ebrei europei che fuggivano dal terrore nazista (nel 1945 c'erano in Palestina 550.000 ebrei, contro 1.250.000 arabi); e l'aspirazione a un "focolare nazionale" ricevette una nuova, potente legittimazione presso l'opinione pubblica democratica dopo le rivelazioni sugli orrori dei campi di sterminio. La causa sionista trovò un potente alleato negli Stati Uniti, dove la comunità ebraica era numerosa e influente, ma fu ostacolata dalle autorità inglesi, preoccupate di inimicarsi i vicini Stati arabi, che si muovevano ancora nell'ambito del sistema di alleanze britannico.
Mentre i leader sionisti chiedevano la libertà di immigrazione, le organizzazioni militari ebraiche in Palestina passavano alla lotta armata (condotta, dai gruppi più estremisti, anche con metodi terroristici) non più solo contro gli arabi, ma contro gli stessi inglesi. Trovatasi di fronte a una situazione incontrollabile, e avendo constatato l'impossibilità di formare uno Stato binazionale, la Gran Bretagna si tirò fuori dal conflitto: nel 1947 il governo inglese annunciò che avrebbe ritirato le sue truppe dalla Palestina alla mezzanotte del 15 maggio 1948 e rimise alle Nazioni Unite il compito di trovare una soluzione al problema. L'Onu approvò un piano di spartizione in due Stati, che venne però respinto dagli arabi. Nel maggio '48, all'atto della partenza degli inglesi, gli ebrei proclamarono la nascita dello Stato di Israele e gli Stati della Lega araba reagirono subito attaccandolo militarmente. La prima guerra arabo-israeliana (maggio '48-gennaio '49) si risolse però con la sconfitta delle forze arabe, mal equipaggiate e mal coordinate fra loro, e segnò la definitiva affermazione del nuovo Stato ebraico, mostrandone la determinazione e la combattività.
Stato moderno, ispirato ai modelli delle democrazie occidentali, dotato di strutture sociali e civili molto avanzate - che contrastavano con la complessiva arretratezza dell'area mediorientale - e di un'organizzazione economica in cui il capitalismo industriale conviveva con l'esperimento cooperativistico delle comunità agricole (kibbutzim) create dai pionieri sionisti fin dall'inizio del secolo, Israele rivelò fin dai primi anni una forza insospettata rispetto alle sue piccole dimensioni: una forza che gli derivava non solo dalle risorse provenienti dall'esterno (le comunità ebraiche europee e soprattutto americane), ma anche dalla preparazione e dall'intraprendenza dei suoi dirigenti (in particolare dei leader laburisti come David Ben Gurion, che guidarono il paese dopo l'indipendenza) e dalla forte motivazione patriottica dei suoi cittadini.
Con la guerra del '48, lo Stato ebraico si ingrandì rispetto al piano di spartizione dell'Onu, occupando anche la parte orientale di Gerusalemme. La Transgiordania, che mutò il suo nome in quello di Giordania, incamerò i territori occupati dalle sue truppe durante il conflitto, sottraendoli all'ipotizzato Stato arabo di Palestina (p. 825). Quest'ultimo non vide mai la luce. Un milione di profughi arabi abbandonarono i territori occupati da Israele e ripararono nei paesi vicini, per lo più in Giordania. Cominciò così il dramma palestinese, sul quale si sarebbe da allora incentrato il conflitto arabo-israeliano.
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