3.6 Sommario
Al principio dell'800 le diverse zone dell'America Latina erano caratterizzate da comuni caratteri economici (prevalenza delle aziende agricole di grandi dimensioni) e sociali (una stratificazione imperniata sulla distinzione razziale tra creoli, meticci, indios). Con l'invasione della Spagna da parte di Napoleone si mise in moto la lotta per l'indipendenza. Dopo una battuta d'arresto dovuta alla restaurazione della monarchia spagnola, la lotta riprese nel 1816 (con l'appoggio decisivo della Gran Bretagna), sotto la guida di Bolívar e San Martín. Nel 1824, sconfitti definitivamente gli spagnoli, l'America Latina era ormai indipendente.
La fase successiva all'indipendenza vide il fallimento dei progetti di unire l'America Latina in una grande confederazione sul modello degli Usa; si ebbe invece una frammentazione politica in diversi Stati. Né, sul piano economico, l'indipendenza segnò una svolta verso lo sviluppo: l'economia latino-americana continuò infatti ad essere modellata in funzione delle esportazioni verso l'Europa. Gli squilibri sociali ereditati dall'età coloniale non si attenuarono, e anzi il peso dei grandi proprietari terrieri divenne maggiore. Tutti questi fattori contribuirono a determinare, dal punto di vista politico, una costante instabilità in cui trovava spazio l'azione di capi militari.
L'eccezionale sviluppo degli Stati Uniti nei decenni successivi all'indipendenza traeva origine da alcuni caratteri peculiari della società americana. Anzitutto il fattore geografico: esistevano ad ovest immensi spazi, occupati da poche centinaia di migliaia di indiani, su cui si riversò una ondata di pionieri. Questo carattere "mobile" della frontiera contribuì a plasmare profondamente la mentalità americana, favorendo uno spirito individualista ed egualitario. La naturale tendenza verso la democrazia era poi rafforzata dalle peculiarità di una rivoluzione borghese che non si era dovuta scontrare contro retaggi feudali ed aristocratici.
Fino agli anni '20 la scena politica negli Usa fu dominata dal contrasto tra federalisti (che esprimevano gli interessi della borghesia urbana ed erano favorevoli ad un rafforzamento del potere centrale e al protezionismo) e repubblicani (che esprimevano gli interessi degli agrari del Sud e dei coloni dell'Ovest, difendevano l'autonomia dei singoli Stati e richiedevano una politica liberistica). Saliti al potere nel 1800 con Jefferson, i repubblicani vi rimasero per quasi trent'anni. Scomparsi dalla scena i federalisti e dopo la scissione dei repubblicani in due correnti, nazionali e democratici, questi ultimi si affermarono nel 1828 con l'elezione alla presidenza di Jackson, tipico rappresentante dello spirito della frontiera.
L'espansione territoriale degli Stati Uniti si attuò, nella prima metà dell'800, secondo due direttrici: verso ovest e verso sud. La corsa all'Ovest fu il risultato dell'iniziativa dei pionieri ma fu anche appoggiata dal potere centrale, soprattutto per quel che riguardava i continui conflitti con gli indiani (progressivamente scacciati verso ovest). L'espansione a sud si realizzò attraverso l'acquisto della Louisiana (dalla Francia) e della Florida (dalla Spagna). Negli anni '40, dopo una guerra contro il Messico, gli Stati Uniti ottennero i territori compresi tra il golfo del Messico e il Pacifico. Nel 1823 il presidente Monroe aveva affermato l'egemonia degli Usa su tutto il continente, sostenendo che ogni intervento europeo sarebbe stato considerato atto ostile.
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