9.5 La Francia del Secondo Impero
Nell'Europa di metà '800 la Francia di Napoleone III rappresentava un caso anomalo. Il Secondo Impero non apparteneva infatti alla categoria dei sistemi liberal-parlamentari, ma era anche molto diverso dai regimi monarchici tradizionali. Per molti aspetti, il nuovo regime - che pure ricalcava ostentatamente le forme istituzionali del primo Impero napoleonico - inaugurò un modello politico di nuovo genere, che da allora fu detto bonapartismo. Nel bonapartismo l'omaggio formale al principio della sovranità popolare - che si voleva espressa attraverso i plebisciti - legittimava in realtà un potere fondato sulla forza delle armi; il centralismo autoritario si univa a una certa dose di riformismo sociale e il conservatorismo borghese si mescolava con la demagogia: tutti elementi che ritroveremo in molti regimi autoritari tipici delle moderne società di massa.
All'autoritarismo e al centralismo, Napoleone III univa la pratica del paternalismo e la ricerca del consenso popolare, verificato periodicamente attraverso le elezioni della Camera a suffragio universale. Oltre al sostegno delle campagne - indispensabile in un paese in cui l'agricoltura occupava, ancora negli anni '60, circa la metà della popolazione attiva - l'imperatore cercò ed ottenne quello della borghesia urbana, del mondo degli affari, della finanza e dell'industria. Questa borghesia fu, negli anni del Secondo Impero, attiva e influente come non era mai stata prima. Le banche conobbero uno sviluppo senza precedenti, grazie soprattutto alla nascita degli istituti di credito mobiliare (
8.3) e le iniziative finanziarie trovarono adeguato sbocco nella crescita dell'industria. Le costruzioni ferroviarie e le grandi opere pubbliche promosse dal regime bonapartista (si pensi alla ristrutturazione di Parigi operata da Haussmann) svolsero la funzione di motore e di volano dello sviluppo, sia per l'edilizia sia per i settori di punta come il siderurgico e il meccanico.
Un altro aspetto importante della cultura e della società del Secondo Impero fu quello che potremmo definire tecnocratico: la tendenza cioè ad affidare sempre maggior potere ai tecnici (scienziati, ingegneri, esperti di economia e finanza) e a ravvisare nel trionfo della tecnica e della civiltà industriale la via più sicura per la realizzazione del bene comune. Certo, Napoleone III ebbe, più di molti uomini di Stato suoi contemporanei, il senso di ciò che lo sviluppo economico significava per le sorti di uno Stato moderno. In un discorso pronunciato nel 1852, poco prima del plebiscito che lo avrebbe consacrato imperatore, si era impegnato a dare la priorità alle grandi conquiste civili ("Abbiamo territori incolti da dissodare, strade da aprire, porti da scavare, canali da portare a termine, le nostre reti ferroviarie da completare"). E, rispondendo a coloro che identificavano l'Impero col ricordo delle guerre europee, aveva coniato la celebre formula "l'Impero è la pace".
I propositi pacifisti erano però destinati a scontrarsi con un'altra componente essenziale del Secondo Impero: la tradizione bonapartista. Giunto al potere soprattutto grazie al prestigio del suo nome, sbarazzatosi delle opposizioni grazie all'appoggio dei militari, Napoleone III non poteva prescindere dalle tradizioni belliche del primo Impero. Un'eredità che lo portava a contestare l'assetto europeo uscito dal congresso di Vienna e ad impegnarsi in una politica estera ambiziosa e aggressiva.
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