24. Il dopoguerra in Italia e l'avvento del fascismo
24.1 I problemi del dopoguerra
Con la vittoria l'Italia aveva superato la prova più impegnativa della sua storia unitaria, ma restava alle prese con i mille problemi che la Grande Guerra aveva ovunque lasciato dietro di sé. L'economia presentava i tratti tipici della crisi postbellica: sviluppo abnorme di alcuni settori industriali (con conseguenti problemi di riconversione), sconvolgimento dei flussi commerciali, deficit gravissimo del bilancio statale, inflazione galoppante. Tutti i settori della società erano in fermento. La classe operaia, tornata alla libertà sindacale dopo la compressione degli anni di guerra e infiammata dal mito della rivoluzione russa, non solo chiedeva miglioramenti economici, ma reclamava maggior potere in fabbrica e manifestava, almeno in alcune frange, tendenze rivoluzionarie. I contadini del Centro-sud tornavano dal fronte con una accresciuta consapevolezza dei loro diritti, insofferenti dei vecchi equilibri sociali, decisi a ottenere dalla classe dirigente l'attuazione delle promesse fatte nel corso del conflitto. I ceti medi, che erano stati fortemente coinvolti nell'esperienza della guerra - e fortemente colpiti dalle sue conseguenze economiche - tendevano a organizzarsi e a mobilitarsi più che in passato per difendere i loro interessi e i loro ideali patriottici.
Questi problemi erano in parte comuni a tutti gli Stati usciti dal conflitto. Ma si presentavano in forma più acuta in un paese come l'Italia, dove, rispetto all'Inghilterra e alla Francia, le strutture economiche erano meno avanzate e le istituzioni politiche meno profondamente radicate nella società. Il processo di democratizzazione era appena agli inizi - il suffragio universale maschile era stato applicato per la prima volta nel 1913. Il modo stesso in cui era stato deciso l'intervento - contro l'orientamento delle masse popolari e della maggioranza parlamentare - aveva provocato gravissime fratture nel paese e in seno alla classe dirigente liberale. A guerra finita, questa classe dirigente si trovò sempre più contestata e isolata, non si mostrò in grado di dominare i fenomeni di mobilitazione di massa che il conflitto mondiale aveva suscitato e finì così col perdere l'egemonia indiscussa di cui aveva goduto fino ad allora. Risultarono invece favorite quelle forze, socialiste e cattoliche, che si consideravano estranee alla tradizione dello Stato liberale, che non erano compromesse con le responsabilità della guerra e che, inquadrando larghe masse, potevano meglio interpretare le nuove dimensioni assunte dalla lotta politica.
Torna all'indice