30.4 Il nuovo ordine economico
Dopo aver mobilitato popolazioni e apparati produttivi in uno sforzo senza precedenti, la guerra aveva lasciato dietro di sé nazioni dissanguate ed economie stremate. Soprattutto in Europa il bilancio era pesantissimo. La Germania aveva visto la sua produzione crollare a un terzo di quella dell'anteguerra; l'Urss aveva perso il 40% del suo apparato industriale; in tutto il continente si erano avute distruzioni massicce di fabbriche, alloggi, mezzi di trasporto; intere città erano ridotte a cumuli di macerie; le reti ferroviarie erano per due terzi inservibili; la produzione cerealicola era diminuita di un terzo in Francia e in Germania, della metà in Europa orientale.
Si ponevano quindi, nell'immediato, due esigenze: soccorrere le popolazioni più colpite e avviare la ricostruzione economica, esigenze a cui i singoli paesi non potevano far fronte da soli. A questi obiettivi corrispose l'imponente flusso di aiuti americani, erogati in due distinte fasi: una prima, fra il '45 e il '46, di cui beneficiò in parte anche l'Urss; e una seconda, più ampia, che iniziò nel '47-'48 e prese il nome di European Recovery Program (Erp) o, più comunemente, piano Marshall, dal nome del segretario di Stato americano che ne assunse l'iniziativa. I sovietici, convinti che l'aiuto economico fosse uno strumento per scalzare la loro influenza e per assoggettare l'Europa agli Stati Uniti, respinsero il piano e imposero ai loro "satelliti" di fare altrettanto, mentre i partiti comunisti occidentali promossero agitazioni contro gli aiuti americani.
Fra il 1948 e il 1952, il piano Marshall riversò sulle economie europee ben 13 miliardi di dollari fra prestiti a fondo perduto, macchinari e derrate agricole. L'effetto fu non solo di permettere la ricostruzione, ma anche di avviare un forte rilancio delle economie dell'Europa occidentale, che già nel 1951 avrebbero superato mediamente del 30% i livelli produttivi dell'anteguerra. Ciò avvenne entro un quadro complessivo di economia liberista (anche se con diverse gradazioni di interventismo statale) e comportò, per i paesi interessati, un rafforzamento delle tendenze moderate in politica, un'attenuazione dei conflitti sociali (grazie all'aprirsi di nuove prospettive di benessere) e lo stabilimento di sempre più stretti legami con gli Stati Uniti. Agli aiuti si accompagnarono alcuni vincoli: l'obbligo di acquistare una certa quota di forniture industriali americane (che svolse un importante ruolo di sostegno alle esportazioni Usa), i controlli - discreti ma capillari - sull'impiego dei fondi e sui piani economici adottati dai singoli paesi, le intese per tutelare l'industria statunitense dalla concorrenza europea. Complessivamente, se è vero che il piano Marshall non fu un'operazione totalmente disinteressata, è anche vero che esso rispose più a un ampio e lungimirante disegno politico che a gretti calcoli di convenienza economica. Del resto, i vincoli posti agli aiuti non impedirono alla ricostruita industria europea di entrare poi in vivace concorrenza con quella americana.
Un discorso analogo vale per la rifondazione dei rapporti economici internazionali, anch'essa attuatasi sotto l'impulso e la guida degli Stati Uniti. L'opera di riforma fu improntata alla filosofia di fondo e agli interessi del capitalismo americano, che andavano nel senso di dar vita a un vasto e vitale mercato mondiale in regime di libera concorrenza. Vennero così ridimensionati i vincoli protezionistici e le aree preferenziali di commercio, a cominciare da quella legata al sistema imperiale britannico. Con gli accordi di Bretton Woods del luglio 1944, fu creato il Fondo monetario internazionale, con lo scopo di costituire un adeguato ammontare di riserve valutarie mondiali (cui gli Stati membri potessero attingere in caso di necessità) e di assicurare la stabilità dei cambi fra le monete, ancorandoli non soltanto all'oro, ma anche al dollaro (di cui gli Stati Uniti si impegnavano a garantire la convertibilità in oro). Si venne così a consolidare il primato della moneta americana come valuta internazionale per gli scambi e come valuta di riserva per le banche centrali di tutto il mondo: un ruolo detenuto prima, su scala più ridotta, dalla sterlina britannica. Al Fondo monetario fu affiancata, sempre a Bretton Woods, la Banca mondiale, col compito di concedere prestiti a medio e lungo termine ai singoli Stati per favorirne la ricostruzione e lo sviluppo. Sul piano commerciale, un sistema fondamentalmente liberoscambista fu instaurato dall'Accordo generale sulle tariffe e sul commercio (Gatt), stipulato a Ginevra nell'ottobre '47, che prevedeva un generale abbassamento dei dazi doganali.
L'insieme di queste riforme, e più ancora il ruolo internazionale del dollaro, misero nelle mani degli Usa leve di azione formidabili sulle economie occidentali (i paesi comunisti rinunciarono ad associarsi al Fondo monetario, così come avevano rinunciato agli aiuti). Gli Stati Uniti le usarono ampiamente per stimolare la rinascita delle economie europee nel periodo in cui queste non disponevano di valuta, ma anche per renderle omogenee e complementari alla loro economia.
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