25.7 I nuovi consumi
Dopo il 1929, l'intero Occidente industrializzato subì, come si è visto, un generale processo di impoverimento. Ma questo non impedì che nuove abitudini di vita, nuovi e più moderni modelli di consumo si affermassero presso vasti strati della popolazione, soprattutto urbana. Nel corso degli anni '30, la popolazione delle città non smise mai di accrescersi a scapito di quella delle campagne. Anzi, il processo di urbanizzazione si accelerò ulteriormente a causa della grave crisi in cui versava il settore agricolo e nonostante la fortuna incontrata un po' dappertutto dalle ideologie ruraliste (che esaltavano la funzione dell'agricoltura nella società e vedevano nel mondo delle campagne la fonte dei valori più autentici).
Crescita delle città significava sviluppo del settore edilizio. Lo sviluppo edilizio ebbe a sua volta conseguenze notevoli non solo sull'economia, ma anche sulla qualità della vita delle masse urbane. Le case di nuova costruzione erano di solito fornite di acqua corrente e di elettricità; inoltre, dato che si trovavano per lo più in zone periferiche, resero necessario uno sviluppo dei trasporti pubblici (tram elettrici e autobus) e della stessa motorizzazione privata. Alcune industrie produttrici di beni di consumo durevoli risultarono dunque avvantaggiate dal boom edilizio e, nello stesso tempo, contribuirono a stimolarlo, visto che i moderni impianti igienico-sanitari ed elettrici rendevano superate le vecchie abitazioni e più desiderabili le nuove.
Si deve inoltre tener presente che la grande crisi, se per un verso aveva accentuato le distanze fra ricchi e poveri, fra occupati e disoccupati, per un altro aveva determinato un certo miglioramento nelle retribuzioni reali e nei consumi di quei lavoratori che avevano mantenuto la loro occupazione e a cui il drastico calo dei prezzi agricoli aveva consentito di ridurre la quota di reddito destinata ai consumi alimentari e di aumentare viceversa quella disponibile per l'affitto, per il risparmio o per l'acquisto di altri beni. Tutto ciò serve a spiegare come mai, proprio negli anni '30, la società europea conobbe per la prima volta la diffusione, sia pure su scala più ridotta, di quei consumi di massa che erano esplosi negli Stati Uniti durante il decennio precedente.
La produzione di veicoli a motore, per esempio, fece registrare consistenti progressi, anche se restò lontana dai livelli statunitensi: nel 1938 circolavano in Europa oltre 8 milioni di autovetture, contro i 5 del 1930 (nello stesso periodo gli Usa passarono da 25 a 30 milioni). Nel vecchio continente l'automobile rimase, per tutti gli anni '30, un bene riservato a pochi. Ma intanto cominciavano a comparire anche in Europa le prime vetture "popolari" - come la Volkswagen (vettura del popolo) in Germania o la Topolino in Italia - concepite per emulare il successo della leggendaria Ford T, la prima utilitaria, che negli Stati Uniti, fra il 1908 e il 1924, era stata venduta in 15 milioni di esemplari. Un discorso analogo si può fare per la produzione degli elettrodomestici. I più costosi, come frigoriferi e scaldabagni, continuarono a essere considerati beni di lusso, ma il loro uso si andò ugualmente estendendo, almeno fra le categorie a reddito più elevato. Più ampia diffusione, anche fra i ceti medio-inferiori, ebbero altri apparecchi domestici, come il ferro da stiro, la cucina a gas e la radio.
Torna all'indice