29.12 Resistenza e lotta politica in Italia
A partire dall'autunno 1943, l'Italia fu non solo divisa di fatto da un fronte, ma anche spezzata in due entità statali distinte, in guerra l'una contro l'altra. Mentre nel Sud il vecchio Stato monarchico sopravviveva col suo governo e la sua burocrazia, esercitando la sua sovranità sotto il controllo alleato, nell'Italia settentrionale il fascismo risorgeva dalle sue ceneri sotto la protezione degli occupanti nazisti.
Il 12 settembe 1943, un commando di aviatori e paracadutisti tedeschi liberò Mussolini dalla prigionia di Campo Imperatore, sul Gran Sasso. Pochi giorni dopo, il duce annunciò la sua intenzione di dar vita, nell'Italia occupata dai tedeschi, a un nuovo Stato fascista, la
Repubblica sociale italiana (Rsi), a un nuovo Partito fascista repubblicano e a un nuovo esercito che continuasse a combattere a fianco degli antichi alleati. La Rsi, che stabilì la sua capitale a Salò, sul lago di Garda, si proponeva di combattere contro gli artefici del "tradimento" del 25 luglio: monarchici, "badogliani" e fascisti moderati (cinque dei gerarchi che avevano votato l'ordine del giorno Grandi - fra cui il genero di Mussolini, Galeazzo Ciano - furono fucilati a Verona nel gennaio '44 dopo un sommario processo). Il regime repubblicano (o repubblichino com'era spregiativamente chiamato dagli antifascisti) cercò di guadagnare consensi riesumando le parole d'ordine pseudorivoluzionarie del primo fascismo e lanciando un programma di socializzazione delle imprese industriali, che in realtà non riuscì mai a decollare. In generale la Repubblica di Mussolini non acquistò mai una vera credibilità per la sua totale dipendenza dagli occupanti tedeschi, che ne sfruttavano al massimo le risorse economiche e umane. L'unica funzione effettivamente svolta dal governo di Salò fu quella di reprimere e combattere il movimento partigiano che si stava sviluppando nell'Italia occupata.
Le prime formazioni armate si raccolsero sulle montagne dell'Italia centro-settentrionale subito dopo l'8 settembre e nacquero dall'incontro fra i piccoli nuclei di militanti antifascisti già attivi nel paese e i gruppi di militari sbandati che non avevano voluto consegnarsi ai tedeschi. I partigiani agivano soprattutto lontano dai centri abitati, con attacchi improvvisi ai reparti tedeschi e con azioni di sabotaggio e disturbo; ma erano presenti anche nelle città con i Gruppi di azione patriottica, piccole formazioni di tre o quattro uomini che compivano attentati contro militari o contro singole personalità tedesche e "repubblichine". A ogni attacco i tedeschi rispondevano con spietate rappresaglie: particolarmente feroce quella messa in atto a Roma, nel marzo '44, quando, in risposta a un attentato in cui avevano trovato la morte 32 militari tedeschi, furono fucilati alle Fosse Ardeatine 335 detenuti, ebrei, antifascisti e militari "badogliani".
Dopo una prima fase di aggregazione spontanea e spesso casuale, le bande partigiane si andarono organizzando in base all'orientamento politico prevalente fra i loro membri: le Brigate Garibaldi, le più numerose e attive, erano formate in maggioranza da comunisti; le formazioni di Giustizia e Libertà, anch'esse abbastanza consistenti, si ricollegavano all'omonimo movimento antifascista degli anni '30 e al nuovo Partito d'azione che ne aveva raccolto l'eredità; le Brigate Matteotti erano legate ai socialisti; vi erano anche formazioni cattoliche e liberali e bande autonome composte per lo più da militari di orientamento monarchico.
Fin dall'inizio, dunque, le vicende della Resistenza si intrecciarono strettamente con quelle dei partiti antifascisti, riemersi alla luce durante i "quarantacinque giorni" che separarono la caduta del fascismo dall'annuncio dell'armistizio. Già prima della caduta del fascismo era sorto, dalla confluenza di diversi gruppi che si collocavano in area intermedia fra il liberalismo progressista e il socialismo, il Partito d'azione (Pda). Nello stesso periodo numerosi esponenti cattolici, per lo più ex popolari, avevano elaborato, col cauto appoggio delle gerarchie ecclesiastiche, il programma di una nuova formazione destinata a raccogliere l'eredità del Partito popolare: la Democrazia cristiana (Dc). Subito dopo il 25 luglio, fu costituito il Partito liberale (Pli) e rinacquero il Partito repubblicano (Pri) e quello socialista, col nome di Partito socialista di unità proletaria (Psiup). Quanto ai comunisti, da sempre presenti nel paese coi loro nuclei clandestini e già attivi negli scioperi di marzo, riuscirono a ricostituire buona parte del loro gruppo dirigente, soprattutto dopo la liberazione, avvenuta in agosto, di molti leader dal carcere o dal confino.
Nei giorni immediatamente successivi all'8 settembre, i rappresentanti di sei partiti (Pci, Psiup, Dc, Pli, Pda, oltre alla Democrazia del lavoro, appena fondata da Ivanoe Bonomi) si riunirono a Roma e si costituirono in
Comitato di liberazione nazionale (Cln), incitando la popolazione "alla lotta e alla resistenza [...] per riconquistare all'Italia il posto che le compete nel consesso delle libere nazioni". I partiti antifascisti si proponevano così come guida e rappresentanza dell'Italia democratica, in contrapposizione non solo agli occupanti tedeschi e ai loro collaboratori fascisti, ma allo stesso sovrano, corresponsabile della dittatura e della guerra, e al governo Badoglio, di cui il Cln chiese la sostituzione.
Nati per lo più dall'iniziativa isolata di piccoli gruppi, privi di una base di massa nell'Italia liberata e forti solo del prestigio che veniva loro dal fatto di rappresentare politicamente il nascente movimento partigiano, divisi fra un'ala di sinistra (Pci, Psiup, Pda) e una di centro-destra (Dc, Pli, Democrazia del lavoro), i partiti del Cln non avevano però la forza per imporre il loro punto di vista. Infatti il governo Badoglio godeva della fiducia degli alleati, in quanto garante degli impegni assunti con l'armistizio. Nell'ottobre '43 il governo dichiarò guerra alla Germania e ottenne per l'Italia la qualifica di "cobelligerante"; un Corpo italiano di liberazione combatté in effetti a fianco degli anglo-americani, in rappresentanza del ricostituito esercito italiano.
Il contrasto tra Cln e governo fu sbloccato solo nel marzo 1944 dall'inattesa e spregiudicata iniziativa del leader comunista
Palmiro Togliatti, giunto in Italia dall'Urss dopo un esilio durato quasi vent'anni. Appena sbarcato a Napoli, Togliatti, scavalcando la posizione ufficiale del Cln, propose di accantonare ogni pregiudiziale contro il re o contro Badoglio e di formare un governo di unità nazionale capace di concentrare le sue energie sul problema prioritario della guerra e della lotta al fascismo. La svolta di Salerno (così chiamata perché Salerno era allora la capitale provvisoria del "Regno del Sud"), era in armonia con le scelte dell'Urss (che aveva già riconosciuto il governo Badoglio), ma serviva anche a legittimare il Pci agli occhi degli alleati e dell'opinione pubblica moderata.
La scelta togliattiana, criticata da socialisti e azionisti, consentì comunque di formare, il 24 aprile, il primo governo di unità nazionale, presieduto sempre da Badoglio e comprendente i rappresentanti dei partiti del Cln. Da parte sua Vittorio Emanuele III si impegnò, una volta liberata Roma, a trasmettere provvisoriamente i suoi poteri al figlio Umberto, in attesa che, a guerra finita, fosse il popolo a decidere la sorte dell'istituzione monarchica. Nel giugno 1944, dopo che Roma era stata liberata dagli alleati, Umberto assunse la luogotenenza generale del Regno. Badoglio si dimise e lasciò il posto a un nuovo governo di unità nazionale presieduto da
Ivanoe Bonomi, emanazione diretta del Cln.
L'avvento del governo Bonomi significò un più stretto collegamento fra i poteri legali dell'Italia liberata e il movimento di resistenza, che conobbe nell'estate '44, in coincidenza con l'avanzata alleata nelle regioni centrali, il suo momento di maggior vitalità. Le formazioni partigiane, che già dal gennaio avevano la loro guida politica nel Cln Alta Italia (Clnai), si diedero anche una direzione militare con la costituzione, nel giugno '44, di un comando unificato. La base di reclutamento delle bande si allargò, soprattutto fra gli strati operai e contadini, anche per l'afflusso di molti giovani renitenti alla leva decretata dal governo di Salò. Le azioni militari dei partigiani divennero più ampie e frequenti, nonostante le feroci rappresaglie effettuate dai tedeschi (la più terribile fu quella messa in atto a Marzabotto, nell'Appennino bolognese, dove, nel settembre '44, furono uccisi 1800 civili, in pratica l'intera popolazione del paese). Molte città, fra cui Firenze, furono liberate prima dell'arrivo degli alleati. In alcune zone dell'Italia settentrionale (la Val d'Ossola, le Langhe, l'Oltrepo pavese) la Resistenza riuscì addirittura a creare delle "repubbliche partigiane", amministrate secondo modelli di autogoverno popolare.
Nell'autunno del '44, però, l'offensiva anglo-americana si arrestava. Il fronte italiano - diventato secondario nel quadro della strategia alleata - si bloccava lungo la linea gotica, fra Rimini e La Spezia. La Resistenza italiana visse allora il suo momento più difficile. Il proclama del generale inglese Alexander che, nel novembre '44, invitava i partigiani a sospendere le operazioni su vasta scala, provocò malintesi e polemiche fra i capi della Resistenza da una parte, gli alleati e il governo di Roma dall'altra. I contrasti furono comunque superati e in dicembre il ministero Bonomi riconobbe il Clnai come suo rappresentante nell'Italia occupata. Nonostante i sistematici rastrellamenti dei tedeschi e dei repubblichini (che rioccuparono una dopo l'altra le "zone liberate"), il movimento partigiano riuscì a mantenersi attivo e a sopravvivere al difficile inverno '44-'45. Nella primavera del '45, con la ripresa dell'offensiva alleata e il definitivo cedimento delle difese tedesche, la Resistenza, forte di 200.000 uomini armati, sarebbe stata pronta a promuovere l'insurrezione generale contro gli occupanti in ritirata e ad assumere il potere in nome dell'Italia libera.
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