14.4 La crisi agraria e le sue conseguenze
Il settore dell'economia europea in cui la caduta dei prezzi si fece sentire con maggiore intensità e con effetti più drammatici fu senza dubbio quello agricolo. Negli ultimi decenni dell'800 l'agricoltura europea realizzò importanti progressi tecnici. L'uso sempre più diffuso dei concimi chimici (fosfati e nitrati di origine minerale, ma anche scorie ricavate dalle lavorazioni industriali); i primi parziali esperimenti di meccanizzazione, applicati soprattutto alla cerealicoltura mediante l'impiego di mietitrici e trebbiatrici a trazione animale (l'uso del vapore, dell'elettricità e del motore a scoppio si sarebbe affermato solo col nuovo secolo); l'estensione delle opere di bonifica e di irrigazione resa possibile dai progressi dell'ingegneria idraulica; l'introduzione di nuove colture (come la barbabietola da zucchero, diffusa soprattutto nell'Europa centrale) e di nuovi, più perfezionati sistemi di rotazione: tutto ciò consentì di accrescere la superficie coltivabile e di aumentare i rendimenti dei terreni.
Questi progressi interessarono, però, solo determinati paesi e determinate aree geografiche: l'Inghilterra, che aveva attuato con largo anticipo sugli altri paesi la sua rivoluzione agricola, la Germania, che conquistò in questo periodo un'indiscussa supremazia in Europa nel campo delle innovazioni tecniche applicate all'agricoltura, il Belgio, i Paesi Bassi, la Danimarca e, in minor misura, la Francia, i paesi scandinavi e alcune regioni dell'Italia settentrionale, dell'Austria e della Boemia. In quasi tutta l'Europa orientale e in buona parte dell'area mediterranea la situazione era molto diversa: la persistenza del latifondo di origine feudale e delle antiche gerarchie sociali e la povertà dei coltivatori indipendenti costituivano ostacoli insuperabili per l'innovazione tecnologica e per gli investimenti sulla terra, redditizi solo sui tempi lunghi. Quelle che venivano comunemente praticate erano colture estensive, basate essenzialmente sullo sfruttamento del lavoro umano. L'attrezzatura del contadino - la zappa, la vanga e la falce per le braccia dell'uomo; l'aratro, l'erpice e il carro per gli animali da tiro - non era molto diversa da quella di mille o duemila anni prima, salvo che per un maggior impiego degli elementi in ferro e, più tardi, in acciaio.
L'agricoltura europea restava, dunque, frenata da questi colossali squilibri: per avere un'idea del divario si pensi che, negli anni '70, i rendimenti medi delle terre coltivate a grano andavano dai circa 20 quintali per ettaro dell'Inghilterra ai 6-7 della Russia e delle zone mediterranee più povere. Negli Stati Uniti - in particolare nei territori dell'Ovest e del Midwest - si andava invece sviluppando una nuova agricoltura: qui la vasta disponibilità di terre ricche da dissodare si accompagnava all'adozione di tecniche avanzate e anche il piccolo coltivatore indipendente poteva affrontare - grazie al basso prezzo di acquisto della terra e alla relativa facilità di accesso al credito - il rischio dell'investimento.
Quando i progressi della navigazione a vapore, determinando un notevole abbassamento dei costi di trasporto, consentirono ai prodotti dell'agricoltura nordamericana - che avevano prezzi competitivi - di raggiungere i mercati del vecchio continente, tutta l'agricoltura europea, in particolare quella più arretrata, ne ricevette un colpo durissimo. A partire dagli anni '79-'80, i prezzi dei prodotti agricoli calarono bruscamente. Il che, se avvantaggiò i consumatori delle città, provocò il declino o la rovina di molte aziende agricole piccole e grandi: e quindi disoccupazione, fame, miseria crescente nelle campagne.
Conseguenze immediate della crisi furono, da un lato, l'aumento delle tensioni sociali entro il mondo rurale (si assiste in questo periodo a una forte crescita della conflittualità e alla penetrazione di ideologie rivoluzionarie fra i lavoratori della terra); dall'altro, l'intensificazione dei movimenti migratori verso le aree industriali e verso i paesi d'oltreoceano, soprattutto verso l'America del Nord. Il flusso degli emigranti dall'Europa, che si era mantenuto intorno alle 300.000 partenze all'anno fra il 1845 e il 1875, raggiunse le 500.000 unità annue intorno all'80, per superare le 800.000 alla fine del decennio e per sfondare infine il tetto del milione nei primi anni del '900. Mutò anche, progressivamente, la provenienza geografica degli emigranti: fino a circa il 1880 erano stati in prevalenza inglesi, irlandesi, tedeschi e scandinavi. Alla fine del secolo erano per due terzi originari di paesi latini e slavi; qui, infatti, le conseguenze della crisi agraria si erano fatte sentire più pesantemente e minori erano le capacità di assorbimento di manodopera da parte dell'industria e del terziario. In questi paesi l'emigrazione servì certamente come valvola di sfogo per le accresciute tensioni sociali. Nello stesso tempo, riducendo l'eccedenza di manodopera, diede maggior forza contrattuale ai lavoratori della terra e alle organizzazioni di classe che si andavano costituendo nelle campagne.
Fu anche per far fronte alle conseguenze della crisi agraria e per venire incontro alle pressioni dei grandi proprietari, e degli agricoltori in genere, che i governi europei finirono per imboccare la strada del protezionismo. Tutte le nuove tariffe adottate dai vari Stati stabilivano dazi elevati per numerosi prodotti agricoli, in particolare per i cereali. Questi interventi riuscirono a tamponare parzialmente gli effetti della crisi, tenendo in vita molte aziende che altrimenti sarebbero state inevitabilmente messe fuori mercato, ma ebbero costi economici e sociali molto elevati. L'aumento dei prezzi dei cereali danneggiò la massa dei consumatori e rese meno impellenti l'ammodernamento delle tecniche agricole e la diversificazione delle colture. I dazi doganali non impedirono, inoltre, un generale declino del settore agricolo nel complesso dell'economia europea. Negli ultimi due decenni del secolo, la quota dell'agricoltura nella formazione del prodotto interno diminuì, più o meno rapidamente, in tutti i paesi industrializzati; e diminuì parallelamente la percentuale degli addetti all'agricoltura sulla popolazione attiva.
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