3.4 Lo sviluppo degli Stati Uniti: la frontiera e la democrazia
All'inizio del secolo XIX, le ex colonie inglesi che nel 1776 avevano dato vita agli Stati Uniti d'America occupavano solo una striscia della costa atlantica, fra l'Oceano e la catena degli Appalachi, con una popolazione di circa 5 milioni di abitanti, in massima parte dediti all'agricoltura. Fra di essi c'erano 700.000 schiavi di origine africana, impiegati nelle piantagioni del Sud, che producevano riso, tabacco e soprattutto cotone destinati in gran parte all'esportazione. Solo negli Stati del Nord esistevano centri commerciali e manifatturieri di qualche rilevanza. Le comunicazioni interne erano difficili e affidate in gran parte alle vie fluviali. Eppure questa società di agricoltori e di pionieri dava prova di un dinamismo e di una vitalità che avevano pochi confronti nella storia dei popoli.
All'inizio degli anni '20, il numero degli Stati dell'Unione era salito a 24, rispetto ai 13 Stati fondatori e ai 16 esistenti nel 1800, e la popolazione era passata a circa 10 milioni. Attorno alla metà del secolo, gli Stati erano diventati 31, occupavano tutto il territorio compreso fra l'Oceano Atlantico, la zona dei grandi laghi, la valle del Mississippi e il golfo del Messico, con una vasta appendice sulla costa del Pacifico, e ospitavano una popolazione di 23 milioni di abitanti. L'agricoltura si era sviluppata con ritmi rapidissimi, soprattutto nei nuovi territori dell'Ovest, e gli Stati del Nord avevano visto nascere e crescere nuclei di grande industria moderna. I centri più importanti erano collegati da una rete, già abbastanza fitta, di strade e di ferrovie.
Questo eccezionale sviluppo, dovuto in gran parte a una dinamica interna (visto che l'immigrazione dall'Europa avrebbe assunto proporzioni rilevanti solo dagli anni '40), non si può spiegare se non si tiene conto di alcuni caratteri peculiari della società americana, connaturati alla storia stessa del paese. C'era innanzitutto un fattore geografico. Il nucleo originario degli Stati Uniti non confinava con altri Stati sovrani e trovava un limite alle sue possibilità di espansione solo nella presenza di colonie europee a nord (il Canada britannico) e a sud (la Florida spagnola e la Louisiana francese). A ovest c'erano immensi spazi vuoti, o più esattamente abitati dai superstiti indiani d'America, o "pellirosse" (come venivano chiamati per l'abitudine dei guerrieri di alcune tribù di tingersi il volto, appunto, di rosso). In questi spazi cominciarono a riversarsi, già dalla fine del '700, ondate sempre più numerose di pionieri: prima cacciatori e avventurieri d'ogni tipo, poi agricoltori alla ricerca di nuove terre da dissodare e da coltivare stabilmente. Il risultato di questa spinta inarrestabile fu la tendenza dell'Unione a spingere i suoi confini sempre più verso ovest.
Il carattere aperto e mobile della frontiera ebbe effetti profondi non solo sull'espansione territoriale degli Stati Uniti (della quale ci occuperemo fra poco), ma anche sulla mentalità, sui costumi, sulle inclinazioni politiche dei cittadini. Il clima della frontiera - dove gli uomini si battevano quotidianamente contro le asprezze della natura, e spesso contro gli indiani, potendo contare solo sulle proprie risorse personali - favoriva la diffusione di uno spirito democratico, individualista ed egualitario, insofferente di discipline, ma anche di ogni sorta di privilegi.
La tendenza verso la democrazia era peraltro uno dei caratteri costitutivi della società americana. La rivoluzione borghese che aveva dato origine agli Stati Uniti non aveva trovato sul suo cammino gli ostacoli derivanti da un passato feudale e dalla presenza di potenti aristocrazie: si era quindi potuta dispiegare liberamente, sviluppando tutte le sue potenzialità innovatrici sul piano della crescita economica e della mobilità sociale. Anche la lotta politica - imperniata, secondo il modello britannico, sulla competizione fra due partiti - restava nell'alveo dei princìpi liberali e democratici che costituivano il quadro di riferimento comune alle diverse forze in campo.
Fino agli anni '20, la scena politica fu dominata dal contrasto tra federalisti e repubblicani. I federalisti, che avevano il loro leader storico nello stesso Washington e il loro teorico principale in Alexander Hamilton, esprimevano gli interessi e i valori della borghesia urbana, erano favorevoli a un rafforzamento del potere centrale e sostenevano la necessità del protezionismo per favorire lo sviluppo dell'industria. I repubblicani, espressione soprattutto degli agricoltori del Sud e dei coloni dell'Ovest, invocavano invece una politica liberista che incoraggiasse le esportazioni e difendevano gelosamente l'autonomia dei singoli Stati. Il loro maggiore esponente era Thomas Jefferson, uno dei padri dell'indipendenza, illuminista di stampo rousseauiano, sostenitore di una democrazia "ruralista" fondata sullo sviluppo della piccola proprietà terriera. Dopo un ventennio di prevalenza dei federalisti, i repubblicani salirono al potere con Jefferson nel 1800 e vi rimasero per quasi trent'anni.
Nella seconda metà degli anni '20, il quadro politico subì un profondo mutamento. Scomparsi dalla scena i federalisti, il Partito repubblicano si spaccò in due correnti: quella dei repubblicani nazionali (che più tardi si sarebbero chiamati whigs, ossia liberali) e quella dei repubblicani democratici (da cui sarebbe nato il Partito democratico). Mentre i repubblicani nazionali tendevano a ereditare la base sociale e il programma dei federalisti - programma reso ancor più attuale dalla crescita dell'industria e dallo sviluppo delle vie di comunicazione -, i democratici si riallacciavano agli ideali di Jefferson e cercavano di svilupparli nel senso di una più larga democratizzazione della vita politica, in polemica con le oligarchie industriali e bancarie del Nord-est.
Nelle elezioni del 1828, i democratici si affermarono, portando alla presidenza un tipico rappresentante dello "spirito della frontiera", il generale Andrew Jackson. Rimasto al potere per due successivi mandati (dunque fino al 1836), Jackson attuò il programma democratico con molta energia, guadagnandosi una vasta popolarità fra gli agricoltori e gli allevatori dei nuovi territori dell'Ovest, ma anche fra le masse popolari urbane. Durante la sua presidenza, il diritto di voto (che era materia di competenza dei singoli Stati) fu ovunque allargato e in molti casi svincolato da ogni criterio di censo. I dazi doganali furono ridotti dopo un'aspra battaglia, grazie soprattutto alla pressione degli Stati del Sud. La Banca degli Stati Uniti, massima espressione del potere finanziario, fu addirittura sciolta.
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