17.6 Suffragio universale, partiti di massa, sindacati
Società di massa non è sinonimo di società democratica. Già nel XIX secolo, si erano avuti tentativi di usare il coinvolgimento delle masse, attraverso forme di pseudo-democrazia plebiscitaria, per dare maggior forza a regimi autoritari (si pensi alla Francia del Secondo Impero o alla stessa Germania bismarckiana); e il nostro secolo avrebbe conosciuto regimi autoritari di massa ben più tirannici e più sofisticati. Si può affermare tuttavia che in Europa, tra la fine dell'800 e l'inizio del '900, il cammino verso la società di massa si accompagnò alla tendenza costante verso una più larga partecipazione alla vita politica.
Il segno più evidente di questa tendenza fu l'estensione del diritto di voto. Nel 1890 il suffragio universale maschile era praticato solo in Francia, in Germania e in Svizzera. Nei venticinque anni successivi, in quasi tutti i paesi dell'Europa occidentale furono approvate leggi che allargavano il corpo elettorale fino a comprendervi la totalità o la stragrande maggioranza dei cittadini maschi maggiorenni, indipendentemente dal censo. Il suffragio universale maschile fu introdotto in Spagna nel 1890, in Belgio nel 1893, in Norvegia nel 1898, in Austria e in Finlandia nel 1907 (Norvegia e Finlandia furono i primi Stati a concedere il voto anche alle donne), in Italia - con alcune limitazioni - nel 1912. Inghilterra e Olanda furono le ultime ad adeguarsi, e lo fecero subito dopo la prima guerra mondiale.
L'allargamento del diritto di voto alle grandi masse determinò dappertutto mutamenti di rilievo nelle forme organizzative e nei meccanismi della lotta politica. Tutti i gruppi - anche i più conservatori - furono costretti a sperimentare nuove tecniche per conquistare e mantenere il consenso popolare. Si affermò un nuovo modello di partito: quello proposto per la prima volta dai socialisti (e in minor misura dai cattolici), basato sull'inquadramento di larghi strati della popolazione attraverso una struttura permanente, articolata in organizzazioni locali (sezioni, federazioni) e facente capo a un unico centro dirigente. Doveva passare ancora del tempo perché i partiti di massa diventassero i protagonisti incontrastati della scena politica. Ma, già alla vigilia della prima guerra mondiale, appariva chiaro come, in nessun paese dell'Europa occidentale, la vita pubblica potesse più essere considerata un terreno riservato a ristretti gruppi di notabili che traevano la loro forza dalla posizione sociale; e come nuovi centri di potere si andassero affiancando a quelli tradizionali previsti dal costituzionalismo liberale.
Un altro segno delle nuove dimensioni assunte dalla lotta politica e sociale - e un altro canale efficacissimo di "socializzazione" delle masse - fu costituito dalla rapida crescita delle organizzazioni sindacali. Sino alla fine del secolo scorso, il sindacalismo operaio era una realtà solida e consistente solo in Gran Bretagna, dove le Trade Unions, intorno al 1890, contavano già un milione e mezzo di iscritti. Negli ultimi anni dell'800, grazie all'impulso decisivo del movimento socialista, le organizzazioni dei lavoratori crebbero in numero e in consistenza in tutti i paesi europei (ma anche negli Stati Uniti, in Australia e in America Latina); e quasi ovunque riuscirono a far valere il proprio diritto all'esistenza contro le resistenze degli imprenditori e delle classi dirigenti conservatrici e contro i pregiudizi della dottrina liberista, che vedeva nei sindacati niente altro che un ostacolo al libero gioco della contrattazione.
Nati e sviluppatisi in forme diverse a seconda dei paesi, i sindacati si federarono, sull'esempio delle Trade Unions inglesi, in grandi organismi nazionali. I più importanti furono quelli di ispirazione socialista, come la Commissione centrale dei sindacati liberi tedeschi, fondata nel 1890, la francese Confédération générale du travail (Cgt), nata nel 1895, o la Confederazione generale del lavoro (Cgl), costituita in Italia nel 1906. Ma un notevole sviluppo ebbero anche le associazioni sindacali cattoliche; e non mancarono nemmeno (in Germania e in Francia) le organizzazioni a guida liberale o conservatrice. Alla vigilia della prima guerra mondiale, i lavoratori iscritti ai sindacati erano quattro milioni in Gran Bretagna, quasi tre milioni in Germania, oltre due milioni in Francia, poco più di 500.000 in Italia: si trattava del più vasto fenomeno di associazionismo popolare cui mai si fosse assistito nella storia d'Europa.
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