14.3 Protezionismo e imperialismo
Il tramonto dei princìpi liberisti si fece sentire fortemente anche nell'azione dei poteri pubblici. Condizionati dalla pressione crescente dei grandi gruppi di interesse (sia industriali sia agricoli), ma preoccupati anche, secondo una logica tipicamente nazionalistica, di favorire la produzione interna a scapito di quella dei paesi concorrenti (soprattutto nei settori considerati più importanti dal punto di vista militare), i governi delle grandi e piccole potenze vennero man mano allargando i loro interventi in favore dell'economia nazionale.
Questi interventi potevano prendere la forma del sostegno diretto alla grande industria, attuato per lo più mediante le commesse per le forze armate (fu questo, in particolare, il caso della Germania); ma soprattutto si esercitavano attraverso l'inasprimento delle tariffe doganali, volto a scoraggiare le importazioni e a proteggere in tal modo la produzione interna. Anche in questo caso fu la Germania di Bismarck a indicare la strada varando, nel 1879, nuovi dazi fortemente protezionistici. Fu poi la volta della Russia (1881-82), dell'Italia (1887), della Francia (1892). Gli Stati Uniti, che anche nell'epoca del liberismo trionfante avevano mantenuto tariffe relativamente alte, le aumentarono ulteriormente nel 1890.
Solo la Gran Bretagna, patria del liberoscambismo e primo paese esportatore del mondo, restò estranea alla tendenza generale, ma ne fu doppiamente danneggiata, in quanto vide ridursi gli sbocchi di mercato per le sue merci e dovette assistere allo sviluppo delle industrie nei paesi concorrenti, all'ombra delle barriere doganali. Nell'ultimo decennio del secolo, le industrie tedesche e statunitensi riuscirono a superare quelle inglesi nella produzione di acciaio e si assicurarono un vantaggio decisivo in settori nuovi e strategicamente importanti come il chimico e l'elettrico. Fra il 1880 e il 1914 la partecipazione britannica al commercio mondiale diminuì, in percentuale, di circa la metà (passando dal 25 al 12% circa). Alla perdita del primato industriale e alla riduzione dei suoi spazi commerciali in Europa la Gran Bretagna reagì rinsaldando e ampliando il suo già vasto impero d'oltremare e intensificando gli scambi con le colonie.
La ricerca di nuovi mercati per i propri prodotti, di nuovi rifornimenti di materie prime fuori dalle aree industrializzate, di nuovi sbocchi per l'investimento di capitali fu del resto comune, in questo periodo, a tutte le economie più avanzate. Soprattutto nell'ultimo ventennio del secolo - come vedremo nel prossimo capitolo - la corsa ai nuovi mercati assunse proporzioni macroscopiche: tanto da costituire uno dei tratti distintivi di quella fase della storia del capitalismo cominciata negli anni '70 e ancora oggi comunemente identificata con l'"età dell'imperialismo".
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