29.6 Il fallimento della guerra italiana: i Balcani e il Nord Africa
Il 28 ottobre 1940 l'esercito italiano, muovendo dall'Albania, attaccava improvvisamente la Grecia, un paese governato da un regime semifascista, con cui l'Italia aveva fin allora intrattenuto buoni rapporti. L'attacco fu determinato soprattutto da ragioni di concorrenza con la Germania che aveva appena iniziato una penetrazione militare in Romania. Decisa in gran fretta e senza adeguata preparazione, l'offensiva italiana si scontrò con una resistenza molto più dura del previsto. Alla fine di novembre, i greci passarono al contrattacco e gli italiani furono costretti a ripiegare in territorio albanese e a schierarsi sulla difensiva.
L'esito fallimentare della campagna di Grecia, che era stata annunciata con grande sfoggio di retorica bellica, determinò un terremoto nei vertici militari (lo stesso capo di stato maggiore Badoglio dovette rassegnare le dimissioni) e provocò nel paese una diffusa crisi di sfiducia. Le notizie provenienti dal fronte albanese - che parlavano di completa disorganizzazione, di carenza di equipaggiamento invernale, di fenomeni di sbandamento fra le truppe - diedero un durissimo colpo all'immagine guerriera del regime e alla popolarità di Mussolini. Tanto più che quelle notizie si accompagnavano all'eco dei contemporanei insuccessi in Africa.
Nel dicembre '40 gli inglesi erano infatti passati al contrattacco e, grazie anche alla superiorità dei loro carri armati, in meno di due mesi avevano conquistato l'intera Cirenaica (ossia la parte orientale della Libia) infliggendo agli italiani la perdita di 140.000 uomini fra morti, feriti e prigionieri. Per evitare la definitiva cacciata dalla Libia, Mussolini fu costretto ad accettare l'aiuto della Germania. In marzo, con l'arrivo dei primi reparti tedeschi, equipaggiati con moderni mezzi corazzati e comandati da un brillante stratega della guerra di movimento, il generale Erwin Rommel, le truppe dell'Asse cominciavano una lunga controffensiva che, già in aprile, portò alla riconquista della Cirenaica. Ma intanto l'Africa orientale italiana (Etiopia, Somalia, Eritrea), difficilmente difendibile per la sua posizione geografica, stava cadendo nelle mani degli inglesi: il 6 aprile 1941 fu occupata Addis Abeba, dove pochi giorni dopo rientrava trionfalmente il negus.
Fu un altro durissimo colpo per il prestigio dell'Italia, ormai costretta a rinunciare a ogni sogno di "guerra parallela" e ridotta ovunque a recitare il ruolo dell'alleato subalterno. Anche nei Balcani, come in Nord Africa, il fallimento delle iniziative italiane finì con l'aprire la strada all'intervento in forze della Germania. Nell'aprile 1941, la Jugoslavia e la Grecia, attaccate simultaneamente da truppe tedesche e italiane, furono rapidamente travolte, mentre gli inglesi - che in marzo erano sbarcati nella penisola ellenica - erano costretti a ritirarsi, abbandonando per la seconda volta il continente europeo.
A questo punto (primavera-estate del '41) restava aperto il solo fronte nordafricano (dove gli inglesi erano avvantaggiati dalla superiorità navale nel Mediterraneo, oltre che dall'ampio retroterra di cui disponevano in Africa e in Medio Oriente). Ma Hitler non aveva più rivali in Europa. E poteva concentrare il grosso delle sue forze verso l'obiettivo più ambito: la conquista dello "spazio vitale" a est ai danni dell'Urss.
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