28.2 Il nodo del Medio Oriente
Una parziale legittimazione alle aspirazioni indipendentiste dei paesi soggetti al dominio europeo era venuta in fondo dalle stesse potenze coloniali, che nel corso della guerra mondiale non avevano esitato ad appoggiare queste aspirazioni ogniqualvolta ciò potesse tornar loro utile per danneggiare gli avversari. Ciò era accaduto nel Nord Africa - dove la Germania aveva cercato, senza troppa fortuna, di sollevare le popolazioni arabe contro il dominio francese - e soprattutto nell'area medio-orientale controllata dall'Impero ottomano. In questa regione gli impegni spesso contraddittori assunti dalle potenze dell'Intesa sul destino dei territori abitati dai popoli arabi determinarono una situazione quanto mai intricata.
Gli inglesi, in particolare, avevano giocato spregiudicatamente contro i turchi la carta del nazionalismo arabo, che in quegli anni era ancora un movimento in embrione, legato più al prestigio dei capi tribali che alla spinta delle popolazioni. Nel 1915-16 l'alto commissario britannico per l'Egitto, Mac Mahon, si accordò con uno di questi capi, lo "sceriffo" della Mecca Hussein, promettendo, in cambio di una collaborazione militare contro l'Impero ottomano, l'appoggio del suo governo alla creazione di un grande regno arabo indipendente comprendente l'Arabia, la Mesopotamia e la Siria. Nel 1916 Hussein lanciò le sue truppe beduine in una "guerra santa" contro i turchi, che si affiancò efficacemente alla campagna dell'esercito inglese. Alla guida delle truppe erano i figli di Hussein, Abdallah e Feisal. Loro consigliere era un agente inglese, il colonnello Thomas Edward Lawrence (il leggendario "Lawrence d'Arabia").
Le vere intenzioni della Gran Bretagna sul futuro dei territori arabi erano però diverse, anche perché il governo inglese non poteva non tener conto degli interessi tradizionalmente rivendicati dalla Francia in quella regione. Nel maggio 1916, francesi e inglesi si spartirono in zone di influenza tutta la zona compresa fra la Turchia e la penisola arabica: alla Francia la Siria e il Libano, all'Inghilterra la Mesopotamia e la Palestina. A guerra finita, nonostante le proteste degli arabi, la spartizione fu attuata, appena velata dall'assegnazione alle due potenze dei rispettivi territori sotto forma di mandato. Come compenso alla forzata rinuncia al grande regno arabo, la Gran Bretagna creò nella zona di sua competenza due nuovi Stati, l'Iraq e la Transgiordania (l'odierna Giordania).
Un'altra parziale ipoteca sulla sovranità nei territori ex ottomani era stata intanto posta in Palestina, dove il governo inglese aveva riconosciuto, nel novembre 1917, con una dichiarazione ufficiale del ministro degli Esteri Balfour, il diritto del movimento sionista a creare una "sede nazionale" per il popolo ebraico. Redatta in consultazione col presidente Wilson, sotto la pressione del movimento sionista di cui si voleva ottenere l'appoggio alla causa dell'Intesa, la "dichiarazione Balfour" faceva salvi "i diritti civili e religiosi" (non si parlava di quelli politici) delle comunità non ebraiche. Venne così legittimata, in termini alquanto ambigui, l'immigrazione sionista che cominciò a svilupparsi in quegli anni. Con essa si ebbero, nel '20-'21, i primi violenti scontri fra coloni ebrei e residenti arabi, insofferenti della minaccia portata ai loro diritti sulla Palestina. Erano i primi segnali di un conflitto che avrebbe insanguinato la regione nei decenni successivi ed è tuttora drammaticamente irrisolto.
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