29.14 La fine del Terzo Reich
Nell'autunno 1944 la Germania poteva considerarsi virtualmente sconfitta. Il fronte dei suoi alleati si stava sfaldando. In agosto, la Romania aveva cambiato fronte, seguita a breve distanza dalla Bulgaria. Fra agosto e ottobre la Finlandia e l'Ungheria avevano chiesto l'armistizio all'Urss. Sempre in ottobre, i russi e i partigiani jugoslavi erano entrati in Belgrado liberata, mentre gli inglesi erano sbarcati in Grecia. L'offensiva alleata si era momentaneamente arrestata in Francia, in Italia e in Polonia. Ma la sproporzione di forze fra i due schieramenti era tale da non lasciare alcun dubbio sull'esito dello scontro.
Il territorio del Reich non era ancora stato toccato da eserciti stranieri, ma era sottoposto a continui bombardamenti da parte degli alleati che disponevano ormai del dominio dell'aria. L'offensiva aerea contro la Germania aveva lo scopo non solo di colpire la produzione industriale e il sistema di comunicazioni, ma anche di "demoralizzare" il popolo tedesco fino a minarne la capacità di resistenza. Un milione e mezzo di tonnellate di bombe furono lanciate sulla Germania (900.000 nel solo 1944) e metà delle incursioni furono dirette contro obiettivi non militari. Molte città tedesche furono ridotte a cumuli di macerie. In tutto, oltre 600.000 civili perirono sotto i bombardamenti.
Nemmeno i bombardamenti servirono, però, a piegare la feroce determinazione del Führer. Hitler, da un lato, era deciso a rifiutare ogni ipotesi di resa e a far sì che l'intero popolo tedesco condividesse fino in fondo la sorte del regime nazista. Dall'altro, continuò a illudersi di poter rovesciare la situazione bellica grazie all'impiego di nuove "armi segrete" (i razzi telecomandati V1 e V2, che furono in effetti lanciati contro le città inglesi, ma con risultati tutt'altro che decisivi) o per un'improvvisa rottura dell'"innaturale" alleanza fra l'Urss e le democrazie occidentali.
Questa ipotesi era in realtà del tutto infondata. Nonostante la accesa concorrenzialità che si manifestava all'interno della "grande alleanza", anglo-americani e sovietici continuarono a tener fede agli impegni già assunti e a cercare accordi globali per la sistemazione dell'Europa postbellica. Nella conferenza di Mosca dell'ottobre '44, Churchill e Stalin abbozzarono una divisione in sfere d'influenza dei paesi balcanici (Romania e Bulgaria all'Urss, Grecia alla Gran Bretagna, situazione di equilibrio in Jugoslavia e Ungheria, p. 690) che, in contrasto con le proclamazioni della Carta atlantica, non teneva in alcun conto la volontà dei popoli interessati. I tre grandi tornarono a incontrarsi nella cittadina termale di
Yalta, in Crimea, nel febbraio 1945. In questa occasione fu stabilito, fra l'altro, che la Germania sarebbe stata divisa in quattro zone di occupazione (una delle quali riservata alla Francia) e sottoposta a radicali misure di "denazificazione"; che i popoli dei paesi liberati avrebbero potuto esprimersi mediante libere elezioni; che, per quanto riguardava la Polonia (uno dei maggiori punti di contrasto), il governo sarebbe dovuto nascere da un accordo fra la componente comunista e quella filo-occidentale. In cambio delle assicurazioni ottenute, l'Urss si impegnò a entrare in guerra contro il Giappone.
Mentre i grandi discutevano a Yalta sulle sorti future dell'Europa, era già scattata l'offensiva finale che, nel giro di pochi mesi, avrebbe portato al crollo del Terzo Reich. A metà gennaio, dopo un'ultima disperata controffensiva tedesca nelle Ardenne, gli alleati riprendevano l'iniziativa su tutti i fronti. I sovietici, dopo aver conquistato Varsavia, attraversavano tutto il restante territorio polacco. In febbraio erano già a poche decine di chilometri da Berlino (un obiettivo che Stalin teneva moltissimo a raggiungere prima degli anglo-americani). Più a sud l'Armata rossa cacciava i tedeschi dall'Ungheria per poi puntare su Vienna, che fu raggiunta il 23 aprile e su Praga, liberata il 4 maggio. Frattanto gli anglo-americani attaccavano sul Reno, che fu attraversato il 22 marzo, e dilagavano nel cuore della Germania incontrando, per la prima volta dall'inizio della guerra, una scarsissima resistenza da parte dei soldati tedeschi. Il 25 aprile le avanguardie alleate raggiungevano l'Elba e si congiungevano coi sovietici che stavano accerchiando Berlino.
In aprile crollava anche il fronte italiano. Il 25 aprile, mentre il Cln lanciava l'ordine dell'insurrezione generale contro il nemico in ritirata, i tedeschi abbandonavano Milano. Mussolini, che tentava di fuggire in Svizzera travestito da soldato tedesco, fu catturato e fucilato dai partigiani il 28, assieme ad altri gerarchi. Il suo cadavere, impiccato per i piedi, fu esposto per alcune ore a piazzale Loreto, a Milano.
Il 30 aprile, mentre i russi stavano entrando a Berlino, Hitler si suicidò nel bunker sotterraneo dove era stata trasferita la sede del governo, lasciando la presidenza del Reich all'ammiraglio Karl Dönitz, che chiese subito la resa agli alleati. Il 7 maggio 1945, nel quartier generale alleato a Reims, fu firmato l'atto di capitolazione delle forze armate tedesche. Le ostilità cessarono nella notte fra l'8 e il 9 maggio. La guerra europea si concludeva così, a cinque anni e otto mesi dal suo inizio, con la morte dei due dittatori che più d'ogni altro avevano contribuito a scatenarla. Ma il conflitto mondiale proseguiva in Estremo Oriente, dove il Giappone, ormai isolato, continuava ostinatamente a combattere.
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