22.10 Sommario
Nel marzo '17, la rivolta degli operai e dei soldati di Pietrogrado provocò la caduta dello zar e la formazione di un governo provvisorio dominato dalle forze liberal-moderate. Nel maggio si formò un secondo governo provvisorio cui parteciparono tutti i partiti, a eccezione dei bolscevichi. Frattanto, accanto al potere "legale" del governo veniva crescendo il potere parallelo dei soviet, i consigli eletti direttamente dagli operai e dai soldati.
Col ritorno di Lenin in Russia, i bolscevichi accentuarono la loro opposizione al governo provvisorio, chiedendo la pace immediata, la socializzazione della terra e il passaggio di tutti i poteri ai soviet. Il contributo da essi dato alla sconfitta del tentativo di colpo di Stato di Kornilov rafforzò ulteriormente la loro posizione. A questo punto, grazie alla determinazione di Lenin, decisero di conquistare il potere con la forza.
La fulminea presa del potere da parte dei bolscevichi (7 novembre '17) e il governo rivoluzionario da essi formato incontrarono l'opposizione della maggioranza delle forze politiche. In dicembre i socialisti rivoluzionari riportarono un grande successo nelle elezioni per l'Assemblea costituente: questa, però, fu subito sciolta dai bolscevichi, che in tal modo rompevano definitivamente con la tradizione democratica occidentale.
L'uscita della Russia dalla guerra (trattato di Brest-Litovsk del marzo '18) provocò l'intervento militare dell'Intesa in appoggio alle armate bianche costituite dalle truppe ribelli al governo. La gravità della situazione spinse i bolscevichi ad instaurare una vera e propria dittatura. Grazie alla riorganizzazione dell'esercito operata con la costituzione dell'Armata rossa, il governo rivoluzionario riuscì a prevalere.
Nata ufficialmente nel 1919, ma di fatto effettivamente operante solo dal '20, l'Internazionale comunista estese a tutto il movimento operaio europeo la frattura fra comunismo e socialdemocrazia che si era verificata in Russia. I partiti comunisti dei vari paesi nacquero strettamente dipendenti dalle direttive dell'Internazionale, controllata dai russi, e non riuscirono ad ottenere l'adesione della maggioranza della classe operaia.
Nel '18 il governo bolscevico attuò una politica economica più energica e autoritaria ("comunismo di guerra"), basata sulla centralizzazione delle decisioni e sulla statizzazione di gran parte delle attività produttive. Questa politica ebbe tuttavia scarsi risultati, finendo con l'alimentare il malcontento di contadini e operai. Nel marzo 1921 ci fu un mutamento di rotta con la Nep (nuova politica economica). Basata su una parziale liberalizzazione delle attività economiche, la Nep stimolò la ripresa produttiva, ma ebbe anche effetti non previsti e non desiderati (crescita dei contadini ricchi, degli imprenditori e degli affaristi). Le condizioni della grande industria di Stato - e degli operai in essa impiegati - non migliorarono sensibilmente.
Nel 1922 nacque l'Unione delle repubbliche socialiste sovietiche (Urss). La nuova costituzione comportava di fatto la dittatura del Partito comunista, l'unico del quale fosse consentita l'esistenza. I bolscevichi si proposero anche di trasformare cultura e valori tradizionali: da ciò la lotta contro la Chiesa ortodossa, nuove norme sulla famiglia e i rapporti tra i sessi, l'impegno nell'istruzione e nell'educazione dei giovani. In campo culturale, i primi anni '20 furono una stagione di fioritura delle avanguardie artistiche.
Con l'ascesa di Stalin alla segreteria del partito (aprile '22) e la malattia di Lenin (morto nel gennaio '24), si scatenò una dura lotta all'interno del gruppo dirigente bolscevico. Stalin riuscì dapprima a emarginare Trotzkij (fautore di un continuo sviluppo e di una continua estensione del processo rivoluzionario), contrapponendogli la teoria del "socialismo in un solo paese". Quindi si sbarazzò dell'"opposizione di sinistra" (Zinov'ev, Kamenev), che chiedeva la fine della Nep e l'accelerazione dello sviluppo industriale. Si affermava sempre più il suo potere personale.
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