17.11 I cattolici e la "Rerum novarum"
Di fronte all'avanzata inarrestabile dell'industrialismo, alla crescita del movimento operaio e alle prime manifestazioni della società di massa, la Chiesa di Roma e il mondo cattolico reagirono in modo complesso e articolato. Accanto al rifiuto tradizionale della società industriale, alla duplice condanna lanciata nei confronti dell'individualismo borghese e delle ideologie socialiste, vi fu anche il tentativo, in parte riuscito, di rilanciare la missione della Chiesa, adeguandone le forme alle mutate condizioni storiche.
Sul piano della pratica religiosa, il declino dei culti e delle devozioni locali tipiche delle società rurali (ad esempio, i santi patroni) fu in qualche modo compensato dalla promozione di forme di religiosità più individuali e al tempo stesso meglio controllate dalla gerarchia ecclesiastica, dall'incoraggiamento a nuovi culti di portata universale, come quelli della Vergine di Lourdes o del Sacro Cuore di Gesù.
Sul piano della presenza nella società, la Chiesa fu certamente spiazzata e disorientata dai nuovi processi sociali che sconvolgevano gli orizzonti chiusi della società tradizionale; ma fu anche l'unica istituzione a poter supplire ai fenomeni di disgregazione sociale e di perdita di identità indotti dall'urbanizzazione con una struttura organizzativa capillare e collaudata: quella delle parrocchie, delle associazioni caritative, dei movimenti di azione cattolica. L'esistenza di queste strutture permise anzi ai cattolici di impegnarsi con un certo successo nell'inquadramento dei lavoratori in organismi di massa, capaci di porsi in concorrenza con quelli di ispirazione socialista e classista.
L'impegno dei cattolici su questo terreno si era cominciato a manifestare, come si è visto, già nell'età di Pio IX; ma ebbe un impulso decisivo durante il successivo pontificato di
Leone XIII (1878-1903). Questi, pur senza attenuare l'intransigenza dottrinaria del suo predecessore, si mostrò politico assai più duttile: favorì il riavvicinamento fra i cattolici e le classi dirigenti di quei paesi (come la Germania e la Francia, ma non l'Italia) dove maggiore era la tensione fra Stato e Chiesa; incoraggiò la nascita di nuovi partiti cattolici in Belgio (1884) e in Austria (1887), ispirati all'esempio del Centro tedesco; ma soprattutto cercò di riqualificare il ruolo della Chiesa in materia di questione sociale.
Il documento più importante e più emblematico di questo sforzo fu l'enciclica Rerum novarum, emanata da Leone XIII nel maggio 1891 ed espressamente dedicata ai problemi della condizione operaia. L'enciclica non conteneva novità rilevanti sul piano dottrinario: ribadiva la condanna del socialismo e riaffermava l'ideale della concordia fra le classi. Ma indicava anche, come condizione di questa concordia, il rispetto dei doveri spettanti alle parti sociali: e, se i doveri degli operai erano la laboriosità, la frugalità e il rispetto delle gerarchie, il dovere degli imprenditori stava nel retribuire i lavoratori con la "giusta mercede", nel rispettarne la dignità umana, nel non considerare la loro fatica alla stregua di una merce da pagare al minor prezzo possibile. Ma la parte più interessante dell'enciclica era quella riguardante il movimento associativo fra i lavoratori. La creazione di società operaie e artigiane ispirate ai princìpi cristiani veniva apertamente incoraggiata e tutti i cattolici erano invitati a impegnarsi su questo terreno. Neanche questa poteva considerarsi una novità assoluta, visto che l'associazionismo cattolico fra i lavoratori era già una realtà abbastanza diffusa ai tempi della Rerum novarum. Ciò che conferì all'enciclica un'enorme risonanza fu il fatto che l'incoraggiamento venisse dalla più alta autorità della Chiesa e fosse sancito in un documento ufficiale.
Certo, la Rerum novarum diede una spinta potentissima allo sviluppo dei movimenti cattolici, anche al di là delle intenzioni originarie del pontefice. L'enciclica leonina, in accordo con le più accreditate correnti del pensiero cattolico dell'epoca (quelle che si ricollegavano al pensiero di San Tommaso e avevano il loro esponente più noto nel sociologo italiano Giuseppe Toniolo), si muoveva all'interno di una concezione tradizionalista, venata di nostalgia per la società preindustriale, e vedeva nelle associazioni cattoliche uno strumento di collaborazione fra le classi, qualcosa di simile alle antiche corporazioni di arti e mestieri. Nella pratica, però, gli ideali corporativi si rivelarono di difficile attuazione. I sindacati cattolici si svilupparono soprattutto su basi di classe (cioè raccogliendo solo i lavoratori dipendenti) e in seguito avrebbero finito con l'adottare metodi di lotta non troppo diversi da quelli dei sindacati socialisti. Parallelamente, negli ultimi anni dell'800, venne emergendo, in particolare in Italia e in Francia, una nuova tendenza politica che fu definita democrazia cristiana e che mirava a conciliare la dottrina cattolica non solo con l'impegno sociale, ma anche e soprattutto con la prassi e gli istituti della democrazia.
La nascita dei movimenti democratico-cristiani coincise, e in parte si collegò, col sorgere di una corrente di riforma religiosa che prese il nome di modernismo, in quanto si proponeva di reinterpretare la dottrina cattolica in chiave appunto "moderna", applicando i metodi della critica storica e filologica allo studio delle sacre scritture. Anche il modernismo - che ebbe fra i suoi maggiori teorici il francese Alfred Loisy e l'italiano Ernesto Buonaiuti - aspirava dunque, sul piano dottrinario, a uno scopo simile a quello perseguito, sul terreno politico, dalla democrazia cristiana: conciliare l'insegnamento della Chiesa, depurato dalle componenti più rigidamente dogmatiche, col progresso filosofico e scientifico e, più in generale, con la civiltà moderna.
Negli ultimi anni del pontificato di Leone XIII, sia la democrazia cristiana sia il modernismo godettero di qualche spazio di tolleranza. Questi spazi si chiusero però quando, nel 1903, salì al soglio pontificio il nuovo papa
Pio X, legato a una visione più tradizionale dei compiti della Chiesa e del laicato cattolico. I democratico-cristiani furono richiamati all'ordine e si videro proibita ogni azione politica indipendente dalle gerarchie ecclesiastiche. Il modernismo, che investiva questioni di fede, fu addirittura colpito da scomunica nel 1907. Mentre sul terreno del dogma religioso la condanna pontificia riuscì a bloccare la diffusione delle voci riformatrici, sul piano politico non poté arrestare del tutto gli sviluppi di un movimento come quello democratico-cristiano, che aveva ormai una sua base sociale e un suo spazio ben definito nella vita politica europea.
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