18.7 La Russia fra industrializzazione e autocrazia
Fra le grandi potenze europee, la Russia era la sola che, alla fine dell'800, si reggesse ancora su un sistema autocratico, nemmeno temperato da forme di limitato costituzionalismo simili a quelle vigenti in Germania e in Austria-Ungheria. Sotto i successori di Alessandro II - Alessandro III (che regnò dal 1881 al 1894) e Nicola II - ogni tentativo di "occidentalizzazione" delle istituzioni fu decisamente accantonato. Furono ridotti i poteri degli zemstvo, ossia degli organi di autogoverno locale, principale punto di riferimento per la borghesia e l'aristocrazia di tendenze liberali. Fu rafforzato il controllo sulla giustizia e sull'istruzione. Fu intensificata l'opera di "russificazione" delle minoranze nazionali e si aggravarono le vessazioni contro gli ebrei.
Mentre restava immobile, o addirittura procedeva a ritroso, sul piano delle strutture politiche, la Russia compiva il suo primo tentativo di decollo industriale. Cominciato all'inizio degli anni '90 sotto lo stimolo delle grandi costruzioni ferroviarie, lo sviluppo dell'industria ebbe un impulso decisivo dalla politica di Sergej Vitte, ministro delle Finanze dal 1892 al 1903 e successivamente primo ministro. Vitte da un lato aumentò il sostegno dello Stato alla produzione nazionale inasprendo il protezionismo e moltiplicando gli investimenti pubblici; dall'altro, incoraggiò l'afflusso di capitali stranieri (soprattutto francesi), cui la repressione dei conflitti sociali e la conseguente compressione dei salari offrivano la possibilità di elevati profitti. Accadeva, così, che una potenza imperialista come la Russia fosse al tempo stesso terreno di penetrazione per l'imperialismo finanziario di altri paesi. Né questa era la sola anomalia del modello di sviluppo russo. Affidata com'era all'iniziativa dello Stato e del capitale straniero più che all'autonoma crescita di una borghesia imprenditoriale, l'industrializzazione risultò come calata dall'alto e fortemente concentrata sia per la dislocazione geografica sia per le dimensioni delle imprese (la Russia era il paese che aveva la più alta percentuale europea di aziende con oltre mille addetti). Pertanto anche la classe operaia russa - che, intorno al 1900, contava circa due milioni e mezzo di lavoratori su oltre cento milioni di abitanti - si concentrò in poche zone (la capitale Pietroburgo in primo luogo, poi la zona di Mosca, i distretti minerari degli Urali, la regione petrolifera di Baku sul Mar Caspio) e rimase isolata in un contesto sociale ancora dominato dall'agricoltura, che occupava circa il 70% della popolazione attiva.
Il decollo industriale di fine secolo non cambiò dunque i tratti fondamentali della società russa, né elevò in misura significativa il tenore di vita di una popolazione che cresceva con un ritmo fra i più rapidi del mondo. Tanto più che l'agricoltura versava ancora in uno stato di estrema arretratezza e soffriva, fin dai tempi della liberazione dei servi, di una cronica sovrabbondanza di manodopera. All'inizio del '900 la Russia era in testa alle classifiche europee dell'analfabetismo e della mortalità infantile, mentre il suo prodotto pro-capite era meno della metà di quello della Francia o della Germania.
In queste condizioni era naturale che la tensione politica e sociale crescesse pericolosamente e che le manifestazioni di malcontento si moltiplicassero in tutti i settori della società. Alla timida opposizione liberale, alle ricorrenti agitazioni nelle campagne, alla recrudescenza degli atti terroristici si aggiunsero gli scioperi sempre più frequenti, benché proibiti, dei lavoratori dell'industria e si accentuò, nonostante la durezza della repressione, la penetrazione delle correnti rivoluzionarie fra i ceti popolari. Mentre la classe operaia subiva l'influenza del Partito socialdemocratico, che era stato fondato nel 1898 da Georgij Plechanov e faceva assegnamento solo sulla crescita del proletariato industriale (secondo una strategia rigorosamente marxista che restò comune ai due tronconi - bolscevico e menscevico - in cui il partito si divise nel 1903:
17.10), fra i contadini riscuoteva qualche successo la propaganda del Partito socialista rivoluzionario, nato nel 1900 dalla confluenza di gruppi anarchici e populisti, dai quali riprendeva il progetto di un socialismo agrario legato alle tradizioni russe.
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