4.8 Sommario
I moti del 1830-31 furono per molti aspetti simili a quelli di un decennio prima, ma ebbero conseguenze più durature, portando alla rottura dell'equilibrio europeo sancito dal congresso di Vienna e dunque alla fine dell'età della Restaurazione.
La politica di Carlo X, divenuto re di Francia nel 1824, fu ispirata al disegno degli ambienti oltranzisti di realizzare una restaurazione integrale. La repressione delle forze di opposizione sfociò, nel 1830, in quattro "ordinanze" che configuravano un vero e proprio colpo di Stato. Il popolo di Parigi reagì con un'insurrezione (27-29 luglio) che costrinse il re alla fuga; le camere nominarono nuovo sovrano Luigi Filippo d'Orléans. La "monarchia di luglio", benché prodotta da una rivoluzione, si ispirò sin dall'inizio ad una linea di liberalismo moderato.
La rivoluzione di luglio incoraggiò una ripresa dell'iniziativa rivoluzionaria a livello europeo. La rivolta del Belgio - che mirava ad ottenere l'indipendenza dall'Olanda - si risolse in un successo, reso possibile dall'atteggiamento favorevole di Francia e Inghilterra. Esito diverso ebbero i moti rivoluzionari scoppiati in Italia e in Polonia, schiacciati dall'intervento militare - rispettivamente - di Austria e Russia. In questi casi si palesarono i limiti della politica di "non intervento" della Francia. Le forze liberali, tuttavia, riportarono successi in Spagna e Portogallo, agitati da guerre civili che si innestavano su conflitti dinastici.
Alla metà del decennio l'assetto europeo uscito dal congresso di Vienna era sostituito da una nuova configurazione internazionale imperniata su due opposti schieramenti: le monarchie liberali dell'Europa occidentale (Gran Bretagna, Francia, Spagna, Portogallo) e le monarchie autoritarie dell'Europa centro-orientale (Austria, Prussia, Russia).
La base di consenso della monarchia di luglio era assai ristretta e precaria, fondandosi soprattutto su un'identificazione con gli interessi dell'alta borghesia degli affari. Forte era l'opposizione legittimista e bonapartista, ma ancor più minacciosa quella repubblicana (che si concretizzò in vari tentativi insurrezionali). Per reazione, la monarchia sposò una linea ancor più conservatrice che accentuò i caratteri oligarchici del regime e la frattura tra ceto dirigente e società civile: maggior esponente di questa politica fu Guizot, teorico del "giusto mezzo".
Tra la metà degli anni '20 e la fine degli anni '40, in Inghilterra vennero varate alcune decisive riforme: diritto per i lavoratori di unirsi in associazione (e ciò stimolò la nascita delle Trade Unions); parità di diritti politici e civili per tutte le confessioni religiose; riforma elettorale (che estendeva il diritto di voto a consistenti settori del ceto medio e riequilibrava la conformazione dei collegi elettorali a favore dei centri urbani); riforma municipale; leggi sociali (sul lavoro nelle fabbriche e sui poveri). La lotta politica degli anni '30-'40 vide l'emergere di due movimenti: quello "cartista", che si batteva per il suffragio universale ed era animato soprattutto dalle Trade Unions (movimento che però si esaurì dopo un decennio di lotte senza aver raggiunto i suoi obiettivi); e quello per la riforma doganale, di cui fu principale leader Cobden, che si risolse in una vittoria delle tesi liberiste (abolizione del dazio sul grano).
Negli anni '30-'48, di contro alle trasformazioni avvenute in Gran Bretagna e Francia, le monarchie autoritarie dell'Est europeo mostravano indirizzi legati a immobilismo politico e conservazione sociale. Mentre per la Russia il maggior problema era costituito dalle continue rivolte contadine, l'Austria-Ungheria vedeva il primo manifestarsi delle spinte autonomistiche delle varie nazionalità dell'Impero. Il nazionalismo costituì invece un fattore di coesione nell'area tedesca, ove le aspirazioni della borghesia si indirizzarono verso l'attuazione di una Unione doganale, ispirata a un nazionalismo economico che differenziava sensibilmente il modello di sviluppo tedesco da quello inglese.
Negli anni '30 fu l'intesa franco-britannica a condizionare largamente l'equilibrio europeo. Tale intesa si spezzò alla fine del decennio in relazione al diverso atteggiamento tenuto dalle due potenze nei confronti della questione d'Oriente. Da allora la politica estera francese si andò qualificando sempre più in senso conservatore. Ciò si vide anche nella guerra civile in Svizzera (1845-47): mentre l'Inghilterra appoggiò i cantoni protestanti, le potenze conservatrici europee e la Francia appoggiarono quelli cattolici. La vittoria dei cantoni protestanti fece della Svizzera un paese a regime costituzionale e rappresentativo.
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