12.9 Sommario
Alla metà dell'800 gli Stati Uniti erano un paese in crescente espansione, benché attraversato da forti differenze tra le diverse zone: il Nord-est industrializzato, il Sud agricolo e tradizionalista nelle cui grandi piantagioni lavoravano milioni di schiavi neri, gli Stati dell'Ovest con una popolazione di liberi agricoltori e di allevatori di bestiame.
Le popolazioni dell'Ovest, tradizionali alleate dei piantatori del Sud nella difesa del liberismo economico e nell'avversione al Nord industrializzato, cominciarono intorno alla metà del secolo a stringere invece i loro rapporti con quest'ultimo. Lo scontro sull'estensione della schiavitù ai nuovi territori dell'Unione vide dunque una contrapposizione tra gli Stati dell'Ovest e del Nord-est e quelli del Sud. Questa nuova dislocazione dei rapporti reciproci tra le varie zone del paese trovò riscontro nella crisi del Partito democratico e nella nascita del Partito repubblicano (che faceva proprie sia le rivendicazioni protezionistiche degli industriali settentrionali sia le richieste di terre dei coloni dell'Ovest, e si qualificava in senso nettamente antischiavista).
La vittoria del repubblicano Lincoln alle elezioni presidenziali del '60 fece precipitare il contrasto, provocando la secessione degli Stati del Sud. Era la guerra civile (1861-65), che - dopo i primi successi dei "confederati" - doveva concludersi con la vittoria degli "unionisti", superiori come popolazione e potenza economica. La liberazione degli schiavi fu uno dei portati più rilevanti della guerra, benché si riproducesse presto, per la popolazione nera, una situazione di segregazione di fatto.
Sul piano della politica estera, gli Stati Uniti - impegnati a proseguire la colonizzazione dell'Ovest e il consolidamento dell'espansione nei territori di recente acquisizione - si limitarono per tutto l'800 a una interpretazione difensiva della "dottrina Monroe", senza un grande coinvolgimento nelle vicende dell'emisfero meridionale del continente. Unica eccezione fu l'aiuto dato ai repubblicani messicani contro il tentativo di egemonia francese in Messico (1864-67).
L'India, governata e amministrata dalla Compagnia delle Indie orientali, era paese dall'agricoltura poverissima e dall'arcaica struttura sociale (caste). I tentativi inglesi di modernizzare la colonia si scontrarono contro violente reazioni locali, finché essa passò sotto l'amministrazione diretta della corona britannica che avviò un processo di riorganizzazione coinvolgendo anche gli elementi indigeni fedeli.
L'isolamento della Cina dal resto del mondo fu violentemente interrotto, alla metà dell'800, dalla pressione esercitata, dopo le due "guerre dell'oppio" (1839-42 e 1856-60), dagli Stati europei (soprattutto dall'Inghilterra), che imposero al paese l'apertura al commercio straniero.
Diverse furono invece, in Giappone, le conseguenze dell'impatto con l'Occidente. Anche qui fu la costrizione a permettere, dopo i "trattati ineguali" del 1858, la penetrazione economica delle grandi potenze. Ma l'umiliazione subita spinse i grandi feudatari e i samurai a una rivolta contro lo shogun, che di fatto esercitava il potere di sovrano assoluto relegando l'imperatore a un ruolo puramente simbolico.
La "restaurazione Meiji" (1868) si risolse in una modernizzazione accelerata dell'intera società giapponese: una "rivoluzione dall'alto" che coinvolse l'economia e la legislazione, il sistema politico e i rapporti sociali, e che consentì al Giappone di compiere in pochi anni la transizione dal feudalesimo allo Stato moderno.
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