5.6 Cattolicesimo liberale e cattolicesimo sociale
Negli anni della Restaurazione, la rottura fra il mondo cattolico e gli ideali liberali e democratici - rottura maturata già nel '700 e consumatasi definitivamente nel corso della rivoluzione francese - era stata netta come non mai. Superata la crisi del periodo rivoluzionario e napoleonico, la Chiesa di Roma si era chiusa nella difesa della propria tradizione e dei propri dogmi, proponendosi come un pilastro dell'assolutismo legittimista. Non mancavano nemmeno allora i cattolici schierati su posizioni progressiste o addirittura rivoluzionarie; ma si trattava di casi individuali, non riconducibili a una corrente ben definita.
Le prime formulazioni di un
cattolicesimo liberale, che sosteneva la possibilità e l'opportunità di affermare i valori della religione nel quadro delle libertà costituzionali, si ebbero in Francia negli ultimi anni del regno di Carlo X, a opera di un gruppo di intellettuali raccolti attorno all'abate Felicité de Lamennais, già capofila del tradizionalismo più intransigente. Nel 1830 Lamennais, assieme a un altro ecclesiastico, Lacordaire, e al conte di Montalembert, fondò una rivista intitolata "L'Avenir", che si proponeva di suscitare un moto di riforma all'interno della Chiesa per indurla ad abbandonare i sogni teocratici. Intanto il cattolicesimo liberale si era diffuso in altri paesi europei: soprattutto in Belgio - dove l'alleanza fra liberali e cattolici fu una delle chiavi del successo della lotta per l'indipendenza - ma anche in Italia, in Germania e in Irlanda.
Il programma dei cattolici liberali era generalmente improntato a notevole moderazione. Il loro principale obiettivo era quello di salvare la Chiesa dai pericoli derivanti da una troppo stretta identificazione con l'antico regime. Il loro laicismo non si spingeva al punto di invocare la completa separazione fra Chiesa e Stato, teorizzata invece da ampi settori del mondo protestante (che avevano il loro capofila nel teologo svizzero Alexandre Vinet). Per i cattolici liberali lo Stato doveva non solo rispettare i diritti della Chiesa, ma anche mantenere un carattere cristiano alla sua legislazione (in materia, per esempio, di matrimonio e di istruzione), pur assicurando piena libertà alle altre confessioni religiose.
Queste idee, per quanto moderate, non potevano però essere accettate dai vertici ecclesiastici: infatti, in un'epoca caratterizzata da grandi mutamenti sociali e dalla crescente diffusione delle ideologie laiche, la Chiesa era preoccupata soprattutto di riaffermare la sua autorità e il suo magistero sulle masse popolari, in particolare su quelle contadine. Nel 1832, con l'enciclica Mirari vos, il papa Gregorio XVI condannò duramente ogni apertura liberale, definendo "assurda ed erronea sentenza o piuttosto delirio" il principio della libertà di coscienza e scagliandosi contro la libertà di stampa e di opinione, "pessima né mai abbastanza esecrata ed aborrita". Lamennais si ribellò alla condanna papale e venne man mano radicalizzando la sua posizione in senso democratico, per approdare infine a un vago "socialismo cristiano". Gli altri esponenti del cattolicesimo liberale evitarono lo scontro con la Santa Sede, pur non abiurando le loro opinioni.
Alcuni cercarono di trasferire il loro impegno sul terreno sociale: un impegno per certi aspetti nuovo - e reso attuale dall'esplodere della questione operaia - ma per altri versi in linea con la tradizione caritativa della Chiesa cattolica, e comunque non tale da suscitare problemi di ordine dottrinario o teologico. Pioniere di questa nuova forma di impegno fu ancora una volta un francese, Antoine-Frédéric Ozanam, cattolico militante e storico del cristianesimo, fondatore nel 1833 della Società San Vincenzo de' Paoli, che riuniva, con fini assistenziali e caritativi, numerosi esponenti dell'aristocrazia e dell'alta borghesia. Richiamando le classi agiate ai doveri della solidarietà umana, ma incoraggiando anche la formazione di associazioni di mestiere sul modello "interclassista" delle corporazioni medioevali, Ozanam inaugurò una corrente - quella del cattolicesimo sociale - destinata a notevoli sviluppi in molti paesi europei nella seconda metà dell'800.
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