21.9 La svolta del 1917
Nei primi mesi del 1917, due fatti nuovi intervennero a mutare il corso della guerra e dell'intera storia europea e mondiale. All'inizio di marzo (fine febbraio secondo il calendario russo), uno sciopero generale degli operai di Pietrogrado (questo il nuovo nome assunto dalla capitale russa dopo l'estate del '14) si trasformò in un'imponente manifestazione politica contro il regime zarista. Quando i soldati chiamati a ristabilire l'ordine rifiutarono di sparare sulla folla e fraternizzarono coi dimostranti, la sorte della monarchia fu segnata; lo zar abdicò il 15 marzo e pochi giorni dopo fu arrestato con l'intera famiglia reale. Si metteva in moto, così, un processo che avrebbe portato in breve tempo al collasso militare della Russia.
Circa un mese dopo (6 aprile), gli Stati Uniti decidevano di entrare in guerra contro la Germania che, ai primi di febbraio, aveva ripreso la guerra sottomarina indiscriminata nel tentativo di chiudere in tempi brevi la partita con l'Intesa infliggendo un colpo mortale alle economie dei paesi nemici. L'intervento americano, pur facendo sentire il suo peso solo in capo a parecchi mesi (gli Stati Uniti non disponevano, all'inizio, di un esercito in grado di competere con quelli europei), sarebbe risultato decisivo sia sul piano militare sia su quello economico: tanto da compensare il gravissimo colpo subito dall'Intesa con l'uscita di scena della Russia.
Il crollo del regime zarista era stato infatti il preludio della disgregazione dell'esercito. Molti reparti rifiutarono di riconoscere l'autorità degli ufficiali ed elessero organi di autogestione. Molti soldati-contadini abbandonarono il fronte e tornarono ai loro villaggi per partecipare alla probabile spartizione delle terre dei signori. Il tentativo del governo provvisorio di lanciare, in luglio, una nuova offensiva contro gli austro-tedeschi in Galizia si risolse in un completo fallimento. Da allora la Russia cessò di fornire qualsiasi apprezzabile contributo militare agli alleati. I tedeschi penetrarono in profondità nel territorio dell'ex Impero zarista e, una volta raggiunti i propri obiettivi, poterono trasferire forti contingenti di truppe sul fronte occidentale. Per le potenze dell'Intesa, colpite dalla guerra sottomarina e ancora in attesa dell'apporto militare americano, i mesi fra la primavera e l'autunno del '17 furono i più difficili dall'inizio del conflitto.
Alle difficoltà militari si aggiungevano quelle politico-psicologiche derivanti dalle ripercussioni degli avvenimenti russi sugli orientamenti delle masse lavoratrici e sul morale delle truppe al fronte. Si intensificarono dappertutto le manifestazioni di insofferenza popolare contro la guerra, gli scioperi operai, gli ammutinamenti dei reparti combattenti. Il caso più grave si verificò sul fronte francese dove, all'inizio di maggio, a conclusione di un'ennesima, inutile offensiva, alcuni reparti di fanteria si rifiutarono di tornare a combattere. L'ammutinamento, che coinvolse più di 40.000 uomini, fu domato con una durissima repressione, ma anche con qualche concessione ai combattenti. Il trattamento materiale dei soldati fu migliorato e al comando dell'esercito fu chiamato il generale Philippe Pétain, sostenitore di un uso più umano delle truppe in battaglia.
Ma anche negli imperi centrali si andavano frattanto moltiplicando i segni di stanchezza. In aprile una serie di scioperi ebbe luogo in Germania e in Austria. In maggio si ammutinarono i marinai della flotta tedesca del Baltico. Particolarmente delicata era la posizione dell'Impero austro-ungarico, dove l'andamento non brillante della guerra aveva ridato forza alle aspirazioni indipendentiste delle "nazionalità oppresse". Alla costituzione di un governo cecoslovacco in esilio seguì, nell'estate del '17, un accordo fra serbi, croati e sloveni per la costituzione di uno Stato unitario degli slavi del Sud (la futura Jugoslavia). Consapevole del pericolo di disgregazione cui era esposto l'Impero, il nuovo imperatore Carlo I (Francesco Giuseppe era morto nel novembre del '16 dopo quasi settant'anni di regno) avviò fra il febbraio e l'aprile del '17 negoziati segreti in vista di una pace separata. Ma le sue proposte furono respinte dall'Intesa. Non ebbe miglior fortuna una iniziativa promossa in agosto dal papa Benedetto XV che invitò i governi a por fine all'"inutile strage" e a prendere in considerazione l'ipotesi di una pace senza annessioni. I destinatari accolsero infatti con irritazione l'accenno all'"inutile strage", un'espressione che sembrava riecheggiare le formule della propaganda socialista.
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