28.6 Dittature militari e regimi populisti in America Latina
Negli anni '20 e '30 anche i paesi latino-americani, come quelli asiatici, risentirono fortemente gli effetti dei mutamenti in atto in Europa e nel Nord America. Il trauma maggiore fu rappresentato certamente dalla grande crisi, giunta dopo un decennio di relativa stabilità che era stato caratterizzato soprattutto dalla definitiva assunzione da parte degli Stati Uniti del ruolo, già appartenuto alla Gran Bretagna, di potenza economica egemone.
Riducendo drasticamente i tradizionali flussi commerciali e facendo crollare i prezzi delle materie prime e delle derrate alimentari, la grande crisi mise in gravi difficoltà le economie di tutti i paesi del continente che si fondavano essenzialmente sulle esportazioni di minerali, carne e prodotti agricoli. Alcuni paesi subirono passivamente la crisi. Altri (i più grandi e i più importanti: Brasile, Argentina, Cile e Messico) reagirono promuovendo un processo di diversificazione produttiva che li portò a sviluppare alcuni settori di industria manifatturiera; e si giovarono poi del nuovo aumento dei prezzi delle materie prime da essi esportate per dar vita anche a qualche nucleo di industria pesante.
Questi processi non furono senza influenza sugli equilibri politici dei singoli Stati, che conobbero quasi tutti vicende molto agitate. Nei paesi che non erano riusciti a svincolarsi dal vecchio modello della monocultura (
19.5) continuarono a prevalere le vecchie oligarchie terriere, in un alternarsi di instabili regimi liberali e di spietate dittature personali gestite per lo più da militari: come quelle di Trujillo a San Domingo (1930), di Batista a Cuba (1933) e di Somoza in Nicaragua (1936), tutte destinate a durare ben oltre la fine della seconda guerra mondiale. Gli Stati in cui la diversificazione produttiva aveva messo in moto nuovi processi sociali e favorito la crescita della classe operaia conobbero invece sviluppi più complessi e contraddittori, in cui l'emergere di nuove istanze sociali si intrecciava con la crisi dei valori liberal-democratici che dall'Europa si stava allora diffondendo in tutto il mondo. Anche i paesi più importanti e più dinamici - con l'eccezione del Cile che conservò le sue istituzioni parlamentari e fu addirittura governato, fra il '38 e il '43, da una coalizione di Fronte popolare - sperimentarono così forme di autoritarismo più o meno marcato.
Nell'autunno del 1930, quando cominciavano a farsi sentire le ripercussioni della grande crisi, due sommovimenti politici quasi contemporanei ebbero luogo in Argentina e in Brasile. In Argentina - che era stato il primo paese latino-americano ad aver conosciuto un processo di democratizzazione già prima della grande guerra - un colpo di Stato militare rovesciò il presidente radicale Yrigoyen. Seguirono, per oltre un decennio, una serie di governi conservatori tenuti sotto stretta tutela dai generali e dalle oligarchie terriere. In Brasile invece una rivolta popolare contro le vecchie oligarchie portò al potere Getulio Vargas. Questi diede vita a un regime autoritario e populista, basato sul rapporto diretto fra capo e masse, su un acceso nazionalismo e su un energico intervento statale a sostegno della produzione, ma anche sulla concessione di una legislazione sociale abbastanza avanzata per i lavoratori urbani (nulla fu fatto invece per il proletariato rurale, sempre emarginato e poverissimo). Simile per certi aspetti al fascismo - soprattutto dopo il '37, quando Vargas varò una costituzione di tipo corporativo e proclamò la nascita di un Estado novo - il getulismo se ne differenziò sia per il carattere relativamente blando del suo autoritarismo, sia per il sostegno di cui godeva fra i lavoratori organizzati. In questo senso costituì un modello per altre successive esperienze latino-americane. Una forma di populismo molto avanzata sul piano sociale fu quella praticata in Messico sotto la presidenza di Lazaro Cardenas (1934-40), che portò avanti in modo deciso la riforma agraria iniziata negli anni '20 e nazionalizzò la produzione petrolifera. Nella sua versione più ambigua e demagogica, il populismo si sarebbe poi affermato in Argentina, negli anni della seconda guerra mondiale, con l'ascesa di Juan Domingo Perón e del movimento che da lui prese il nome di peronismo e avrebbe fatto sentire la sua influenza fino ai giorni nostri.
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