4.6 Le monarchie autoritarie
Al dinamismo politico e sociale manifestato dalla Gran Bretagna e, in minor misura, dalla Francia negli anni 1830-48 faceva riscontro il sostanziale immobilismo delle tre monarchie autoritarie dell'Europa centroorientale, in particolare dell'Austria e della Russia. La chiusura a ogni fermento innovativo, lo strapotere delle aristocrazie, il rifiuto di introdurre qualsiasi istituto rappresentativo, la conservazione dei vecchi e arretrati ordinamenti agrari (caratterizzati in Russia, ma anche in molte zone dell'Impero asburgico e della Prussia orientale, dalla permanenza della servitù della gleba) bloccavano ogni importante progresso civile e inasprivano le tensioni economiche e sociali.
Se per la Russia il problema maggiore era costituito dalle continue rivolte contadine (che avevano peraltro carattere spontaneo ed erano prive di qualsiasi direzione politica), l'Impero asburgico cominciava a soffrire in questi anni del male che lo avrebbe accompagnato sino alla sua dissoluzione: le spinte autonomistiche delle diverse componenti etniche (croati e sloveni, cechi e polacchi, italiani e ungheresi) tutte divise fra loro, ma unite nell'avversione al centralismo austriaco. Nella maggior parte dei casi queste velleità autonomistiche riguardavano principalmente le aristocrazie nazionali, le sole che disponessero, attraverso le diete nobiliari, di canali legali per far valere le loro istanze. Ma dietro la dissidenza aristocratica comparivano già quei focolai di autentico nazionalismo borghese e popolare che sarebbero poi esplosi nella crisi rivoluzionaria del '48.
Elemento di crisi per la monarchia asburgica, il nazionalismo costituì invece un fattore di coesione per la Prussia e per gli Stati della Confederazione germanica. Deluse le speranze di unificazione nazionale coltivate negli anni delle guerre napoleoniche, deluse le istanze liberali che si erano manifestate nelle agitazioni dei primi anni '30, le aspirazioni della borghesia tedesca si concentrarono soprattutto sull'attuazione di una Unione doganale (Zollverein) fra tutti gli Stati della Confederazione. L'abolizione dei dazi doganali, avviata nel 1818, accelerata dopo il 1830 e in gran parte compiuta nel 1834, rappresentò non solo una tappa importante sulla via dell'unità politica, ma anche un potente fattore di sviluppo economico per i paesi di lingua tedesca, che avrebbero potuto fondare il loro "decollo" industriale su un ampio mercato nazionale, unito da una fitta rete di vie di comunicazione stradali e fluviali.
La filosofia che stava alla base dello Zollverein era però molto diversa da quella liberoscambista che si stava allora affermando in Inghilterra. Il principale teorico dell'Unione doganale, l'economista Friedrich List, era infatti sostenitore di una sorta di nazionalismo economico che invocava l'abolizione delle barriere interne, ma intendeva proteggere con dazi elevati la produzione nazionale dalla concorrenza estera. Si delineava così, fin da allora, la contrapposizione fra due modelli di sviluppo economico - britannico e tedesco - che corrispondeva anche a due diverse concezioni politiche e che era destinata a perpetuarsi per tutto l'800.
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