17.4 Istruzione e informazione
Un ruolo di fondamentale importanza nel plasmare i lineamenti della nuova società che si venne formando in Europa negli ultimi decenni del secolo scorso fu svolto senza dubbio dalla scuola. Fu in questo periodo che si cercò ovunque di dare attuazione pratica al principio secondo cui l'istruzione non era un bene riservato ai membri di una élite sociale - destinata per nascita a comandare altri uomini, ad amministrare i culti, a esercitare arti e professioni - ma costituiva un'opportunità da cui nessuno doveva essere escluso, un servizio reso alla collettività. Per assicurare questo servizio non poteva essere sufficiente l'impegno della Chiesa e delle istituzioni filantropiche, ma era necessario l'intervento dello Stato e delle amministrazioni locali. L'idea di una scuola aperta a tutti e controllata dai poteri pubblici, se provocava la resistenza degli ambienti più retrivi e più legati a una visione tradizionale della società - che vedevano nell'istruzione popolare un'arma pericolosa in mano alle classi subalterne -, presentava non pochi motivi di interesse per le classi dirigenti: la scolarizzazione diffusa poteva rappresentare, infatti, non solo uno strumento pacifico di promozione sociale, un mezzo per educare il popolo e per ridurre la criminalità, ma anche un canale attraverso cui lo Stato poteva diffondere i suoi valori tra le giovani generazioni.
A partire dagli anni '70, tutti i governi d'Europa si impegnarono per rendere l'istruzione elementare obbligatoria e gratuita, per sviluppare quella media e superiore e per portare l'insegnamento sotto il controllo pubblico. Il processo di laicizzazione e di statizzazione del sistema scolastico ebbe tempi, forme e risultati diversi a seconda dei paesi. Fu meno spinto in Gran Bretagna, dove la Chiesa anglicana e le istituzioni private conservarono spazi abbastanza ampi, più radicale in Francia, dove la questione scolastica diede luogo ad aspri conflitti fra Chiesa e Stato; più rapido in quegli Stati, come la Francia e la Germania, in cui esisteva già da tempo una scolarizzazione diffusa, più lento nei paesi mediterranei e nell'Europa orientale, dove le condizioni di partenza erano più sfavorevoli dal punto di vista sociale ed economico. L'effetto più immediato di questo sforzo fu un aumento generalizzato della frequenza scolastica (in tutta Europa, alla vigilia della prima guerra mondiale, andare a scuola era diventato la regola per i bambini sotto i dieci anni), con conseguente rapida diminuzione del tasso di analfabetismo, che già ai primi del '900 era sceso a percentuali poco più che marginali (intorno al 10%) nelle aree più avanzate e tendeva a calare anche in quelle più arretrate (dove spesso superava ancora il 50%) relativamente alle classi di età più giovani.
Strettamente legato ai progressi dell'istruzione fu l'incremento nella diffusione della stampa quotidiana e periodica. Si moltiplicarono le pubblicazioni (il numero delle testate stampate in Europa raddoppiò fra il 1880 e il 1900); e, ciò che più conta, crebbe rapidamente il numero dei lettori. Per fare un esempio, in Francia la tiratura totale dei quotidiani, che era di due-trecentomila copie al giorno negli anni del Secondo Impero, passò a otto-nove milioni nel 1914. Nacquero, prima negli Stati Uniti poi in Europa, i quotidiani popolari ad altissima tiratura, come l'inglese "Daily Mail" che, ai primi del secolo, superava già il milione di copie giornaliere. Si allargava così l'area di coloro che contribuivano a formare l'opinione pubblica; diventava più facile, per un numero crescente di cittadini, accedere alle informazioni di interesse generale, farsi una propria opinione sulle questioni più importanti e far pesare questa opinione sulle scelte di parlamenti e governi.
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