22.4 La Terza Internazionale
Con l'insurrezione d'ottobre e poi con la vittoria nella guerra civile i bolscevichi avevano compiuto il miracolo di far nascere il primo Stato socialista in un paese profondamente arretrato (in cui la classe operaia rappresentava un'esigua minoranza della popolazione) e per giunta circondato da potenze ostili. Fra i dirigenti bolscevichi era tuttavia diffusa l'idea che questa fosse una situazione transitoria e che alla lunga il regime comunista avrebbe potuto sopravvivere solo con l'aiuto del proletariato dell'Europa più progredita (in particolare di quello tedesco). All'inizio del '19, nonostante la sconfitta del moto spartachista in Germania (
23.4), la prospettiva di una rivoluzione europea pareva ancora attuale e concreta. Fu in questo clima che Lenin decise di realizzare un progetto concepito fin dall'inizio della guerra mondiale: sostituire alla vecchia Internazionale socialista una nuova Internazionale "comunista", che coordinasse gli sforzi dei partiti rivoluzionari di tutto il mondo e rappresentasse, anche nel nome, una rottura definitiva con la socialdemocrazia europea, colpevole di aver tradito gli ideali internazionalisti. Già nel marzo 1918, del resto, i bolscevichi avevano abbandonato l'antica denominazione di Partito socialdemocratico, a lungo contesa con i menscevichi, per quella di Partito comunista (bolscevico) di Russia. La riunione costitutiva dell'Internazionale comunista, o
Terza Internazionale, come venne subito chiamata, ebbe luogo a Mosca ai primi di marzo del 1919. Vi parteciparono una cinquantina di delegati, in buona parte provenienti dalle province dell'ex Impero russo. Nonostante la scarsa rappresentatività dell'assemblea, fu decisa, su proposta dei russi, la costituzione della nuova Internazionale comunista (o, con dizione abbreviata, Comintern).
In realtà, nel suo primo anno di vita, la nuova organizzazione - le cui risorse e la cui forza politica si fondavano unicamente sul partito russo - non svolse alcuna attività di rilievo. La struttura e i compiti dell'Internazionale comunista furono fissati soltanto nel II congresso, che si tenne, sempre a Mosca, nel luglio del 1920, proprio nel momento in cui la vittoria sui bianchi e la travolgente avanzata dell'Armata rossa in Polonia lasciavano sperare che la rivoluzione europea fosse di nuovo alle porte. I partecipanti questa volta erano numerosi e autorevoli e rappresentavano 69 partiti operai di ogni parte del mondo. Il problema centrale del congresso fu rappresentato dalle condizioni cui i singoli partiti avrebbero dovuto sottostare per essere ammessi a far parte dell'Internazionale. Fu lo stesso Lenin a fissare le condizioni in un documento in ventun punti. Vi si affermava fra l'altro che i partiti aderenti al Comintern avrebbero dovuto ispirarsi al modello bolscevico, cambiare il proprio nome in quello di Partito comunista, difendere in tutte le sedi possibili la causa della Russia sovietica, rompere con le correnti riformiste espellendone i principali esponenti.
Condizioni così pesanti e ultimative suscitarono in seno al movimento operaio europeo accesi dibattiti e gravi lacerazioni con conseguenti scissioni. Fra la fine del '20 e l'inizio del '21 fu comunque raggiunto quello che era stato lo scopo principale del secondo congresso: creare in tutto il mondo una rete di partiti ricalcati sul modello bolscevico e fedeli alle direttive del partito-guida; fare della Russia sovietica il centro del comunismo mondiale; impegnare nella difesa della "patria del socialismo" i movimenti rivoluzionari di tutti i paesi.
Fu invece mancato l'obiettivo di convogliare nei nuovi partiti la maggioranza della classe operaia dei paesi più sviluppati. In tutta l'Europa occidentale i partiti comunisti - legati alla centrale russa da uno stretto rapporto di dipendenza politico-organizzativa e vincolati alla strategia rivoluzionaria tracciata nell'estate del 1920 dal secondo congresso del Comintern - rimasero minoritari rispetto ai socialisti. Il legame col Partito bolscevico e con la Repubblica dei soviet divenne un fattore di debolezza, o quanto meno un limite alle possibilità di espansione, man mano che l'ondata rivoluzionaria rifluiva in tutta Europa e la Russia comunista cominciava a preoccuparsi soprattutto dei suoi problemi interni e della sua posizione di Stato fra gli altri Stati.
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