28.5 Imperialismo e autoritarismo in Giappone
La partecipazione alla prima guerra mondiale consentì al Giappone di consolidare, con un costo militare relativamente esiguo, la sua posizione di massima potenza asiatica e di rafforzare la sua struttura produttiva, grazie soprattutto alla conquista di nuovi mercati non più raggiungibili dalle potenze europee impegnate nel conflitto. Il dinamismo dell'economia - in particolare delle grandi concentrazioni industriali-finanziarie, gli zaibatsu -, l'impetuosa crescita demografica (fra l'inizio del secolo e il 1930 la popolazione passò da 44 a 65 milioni di abitanti), la stessa struttura "prussiana" della classe dirigente, imperniata sull'unione fra grande industria, grande proprietà terriera e alti gradi militari, spingevano il Giappone verso una politica imperialistica che aveva come campo d'azione il Pacifico e l'intera Asia orientale e come obiettivo principale la sottomissione di vaste zone della Cina.
Durante il primo decennio postbellico, queste spinte imperialistiche si conciliarono col mantenimento di un quadro istituzionale di tipo liberale, con lo sviluppo di una certa dialettica politica, con la crescita, sia pur contrastata, di partiti e sindacati operai. Già negli anni '20, però, fecero la loro comparsa movimenti autoritari di destra, in parte ispirati al modello dei fascismi occidentali, in parte impregnati di cultura tradizionalista (difesa delle antiche strutture sociali e familiari, culto dell'imperatore come suprema autorità politica e religiosa). Alla fine degli anni '20, queste tendenze furono favorite sia dalle conseguenze della grande crisi (che, pur facendosi sentire meno che in Europa, determinò una certa contrazione delle attività economiche suscitando un diffuso malcontento popolare), sia dalle preoccupazioni suscitate nella classe dirigente dai progressi delle sinistre nelle prime elezioni a suffragio universale che si tennero nel 1928.
Cominciò così per il Giappone, in significativa coincidenza con quanto stava accadendo in molti Stati europei, una stagione di crescente autoritarismo. Questo autoritarismo non sfociò, almeno in un primo tempo, in forme esplicitamente fasciste (un tentativo di colpo di Stato dei gruppi estremisti di destra fu represso dall'esercito nel 1936; e solo nel '40 fu istituito un regime a partito unico); ma si risolse ugualmente nella chiusura di ogni spazio di opposizione legale, in una dura repressione antioperaia, in pratica nell'assunzione diretta del potere da parte dei generali e degli esponenti degli zaibatsu, con l'autorevole copertura dell'imperatore
Hirohito, salito al trono nel '26. Furono queste forze a gestire la politica imperialistica in Estremo Oriente, a spingere per la guerra con la Cina, a fare assumere al Giappone una collocazione internazionale molto vicina - pur con parecchie reciproche diffidenze - a quella delle potenze fasciste europee, a spingere infine il paese nella catastrofica avventura del secondo conflitto mondiale.
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