30.7 Il dopoguerra negli Stati Uniti, in Europa occidentale e in Giappone
Diversamente dagli altri paesi belligeranti, gli Stati Uniti si trovarono, alla fine della guerra, ad affrontare un problema non di ricostruzione (in quanto il loro territorio non era stato toccato dalle distruzioni belliche), ma di riconversione; il sistema economico americano, indirizzato negli ultimi anni alla produzione bellica e da questa straordinariamente stimolato (nel '45, rispetto al '39, la produzione era raddoppiata, la disoccupazione scomparsa, il reddito nazionale aumentato del 75%), doveva essere riorientato a scopi di pace, pur tenendo conto delle accresciute responsabilità mondiali degli Usa.
A guidare il paese in questa nuova fase fu, come già si è detto, Harry Truman. Dotato di notevoli capacità decisionali, concreto, fiero della sua qualità di "uomo comune", Truman non ebbe però né l'ampiezza di visione né il carisma del suo predecessore. Sul piano interno, il suo programma di Fair Deal (letteralmente "giusto patto"), che si proponeva di portare avanti la politica riformista rooseveltiana, si realizzò solo in parte a causa delle resistenze del Congresso, a maggioranza repubblicana, e dei democratici del Sud, contrari all'integrazione razziale. L'abolizione, seguita alla fine della guerra, dei controlli sulle attività industriali e il forte deficit del bilancio statale (gravato dalle spese militari e da quelle per gli aiuti all'estero) provocarono inoltre un sensibile aumento del costo della vita. Ne seguì un'ondata di rivendicazioni salariali e di agitazioni operaie, cui il Congresso rispose adottando nel 1947, contro il volere del presidente, il Taft-Hartley Act, una legge di impronta conservatrice e antisindacale che limitava la libertà di sciopero nelle industrie di interesse nazionale. Le conquiste fondamentali del New Deal vennero comunque salvaguardate; si ebbe anzi - soprattutto dopo la rielezione di Truman nel '48 - un certo incremento dei programmi di assistenza sociale. Ma la spinta ideologica dell'età rooseveltiana appariva ormai esaurita, sia per il venir meno delle condizioni economico-sociali che l'avevano originata, sia per il clima di mobilitazione e di contrapposizione che si accompagnò alla guerra fredda.
Soprattutto a partire dal '49 - in coincidenza con l'esplosione dell'atomica sovietica - si scatenò negli Stati Uniti una campagna anticomunista che prese la forma di una vera e propria caccia alle streghe e che ebbe il suo principale ispiratore nel senatore repubblicano Joseph McCarthy (donde l'espressione "maccartismo", con cui fu designato il fenomeno). Nel 1950, il Congresso adottò l'Internal Security Act (legge per la sicurezza interna), che costituì lo strumento giuridico per epurare o emarginare quanti, nella pubblica amministrazione o nel mondo della cultura e dello spettacolo, fossero sospettati di filocomunismo o di simpatie di sinistra. Gli eccessi del maccartismo si protrassero fino al 1955, quando le accuse indiscriminate del senatore, che commise l'errore di attaccare persino l'esercito, si ritorsero contro di lui, costringendolo a uscire di scena dopo un biasimo formale del Senato.
Se negli Stati Uniti il progressismo degli anni '30 appariva definitivamente tramontato, sull'altra sponda dell'Atlantico spirava, nell'immediato dopoguerra, un vento di trasformazione, presto bloccato, però, dalle tensioni della guerra fredda. A parte i casi della Spagna e del Portogallo, ancora retti da regimi autoritari, in tutta l'Europa occidentale la fine della guerra si accompagnò a una forte spinta in senso democratico e riformista: governi a guida socialista in Gran Bretagna e nei paesi scandinavi, governi di coalizione con la partecipazione delle sinistre in Italia e in Francia (dove vennero varate nuove costituzioni), vaste riforme economiche e sociali.
Il caso più emblematico fu quello dell'Inghilterra, dove nelle elezioni del luglio 1945 Churchill fu inaspettatamente battuto dai laburisti di Clement Attlee. Il nuovo governo nazionalizzò la Banca d'Inghilterra, le industrie elettriche e carbonifere, la siderurgia e i trasporti; introdusse il salario minimo e il Servizio sanitario nazionale, che prevedeva la completa gratuità delle prestazioni mediche; riformò in senso progressivo la fiscalità ed estese il sistema di sicurezza sociale. Complessivamente furono gettate le basi di uno "Stato del benessere" (
Welfare State) che aveva l'ambizione di assistere il cittadino "dalla culla alla tomba". Queste riforme - che si ispiravano in parte a quelle realizzate dai governi socialdemocratici in Svezia negli anni '30 e che avrebbero a loro volta costituito un modello poi applicato in molti paesi dell'Occidente industrializzato - furono però attuate in un momento di difficile congiuntura economica. Esse comportarono per la popolazione anche dei notevoli sacrifici: il che favorì, nel '51, il ritorno al potere dei conservatori.
In Francia nazionalizzazioni e programmi di sicurezza sociale furono varati dal governo provvisorio presieduto da De Gaulle fra il '44 e il '45 e dai successivi ministeri di coalizione basati sull'accordo fra i tre partiti di massa: il Partito comunista, la Sfio e il Movimento repubblicano popolare, di ispirazione democratico-cristiana, tutti usciti rafforzati dalle prime elezioni postbelliche (ottobre '45) a spese dei radicali e delle vecchie formazioni moderate. Nel 1946 fu varato un piano quadriennale (piano Monnet) che contemperava un'ispirazione liberista di fondo con aspetti di carattere riformatore e dirigistico. Sempre nel '46, un'Assemblea costituente eletta in giugno elaborò una nuova costituzione di stampo democratico-parlamentare. De Gaulle, che avrebbe preferito un sistema presidenziale con un esecutivo forte, fondò nel '47 un proprio movimento, il Raggruppamento del popolo francese, che aveva come obiettivo principale proprio la riforma della costituzione. In quello stesso anno, e precisamente in maggio, l'alleanza fra i tre partiti di massa si ruppe in seguito ai contrasti fra i comunisti e le altre forze della coalizione: contrasti che traevano origine da questioni di politica sindacale, ma in realtà riflettevano le tensioni della guerra fredda. Da allora si succedettero numerosi governi, tutti fondati su laboriosi accordi fra i socialisti e i partiti di centro e tutti caratterizzati da una notevole instabilità. L'instabilità sarebbe stata da allora il male cronico della Quarta Repubblica, così come lo era stata della Terza.
Paradossalmente, furono proprio la Germania e il Giappone - ossia i due paesi che più avevano subito il peso della sconfitta e si trovavano sottoposti alla tutela dei vincitori - a riprendersi più rapidamente dai traumi della guerra e a dare le migliori prove di vitalità economica e di stabilità politica. Alla fine della guerra la Germania si trovava in una situazione disastrosa da tutti i punti di vista. Molte fra le maggiori città erano state distrutte dai bombardamenti, le vie di comunicazione erano inservibili, la popolazione era ridotta alla fame, l'economia era in completo collasso. Il drastico ridimensionamento territoriale subito a est (con la perdita della Prussia orientale, della Slesia, della Pomerania e dei Sudeti) fece inoltre affluire entro i nuovi confini quasi 10 milioni di profughi, costretti ad abbandonare i paesi d'origine. Solo nel '49 (
30.5) la Germania aveva recuperato una teorica sovranità nazionale, ma aveva contemporaneamente perso la sua unità ed era stata divisa in due Stati retti da regimi diversi.
In queste condizioni drammatiche, l'economia tedesca diede prova ancora una volta di eccezionali capacità di recupero. Ma, mentre nella zona orientale la ripresa fu frenata dal peso delle riparazioni imposte dall'Urss e dalla forzata collettivizzazione dell'apparato produttivo, la Germania Ovest fu favorita dalla stretta integrazione nel blocco occidentale. Gli Stati Uniti intendevano fare della Repubblica federale non solo un bastione avanzato dello schieramento atlantico, ma anche una sorta di vetrina del benessere "capitalistico", contrapposto al modello "spartano" dei paesi dell'Est. Rinunciarono perciò alle riparazioni di guerra loro dovute e consentirono alla Germania Ovest di beneficiare degli aiuti del piano Marshall. Stimolata dalla politica di rilancio degli investimenti messa in atto dal governo, la macchina produttiva tedesco-occidentale riprese a girare a pieno ritmo: il prodotto nazionale era tornato già nel 1951 ai livelli del '38.
Anche nel Giappone sconfitto, i primi anni del dopoguerra videro affermarsi, per iniziativa degli occupanti americani, un modello di organizzazione politica e sociale di tipo liberale e occidentale. Sottoposto all'amministrazione del generale Mac Arthur, che agiva con poteri simili a quelli di un viceré, il paese si vide imporre, nel '46, una nuova costituzione redatta da funzionari americani, che trasformava l'autocrazia imperiale in una monarchia costituzionale e introduceva un sistema parlamentare. Sempre nel '46 fu inoltre varata una radicale riforma agraria. L'azione di rinnovamento imposta dagli Stati Uniti ebbe un effetto durevole nel rimodellare su nuove basi la realtà del paese. Tuttavia essa incontrò un freno nella necessità per gli occupanti di non indebolire troppo quei ceti conservatori su cui essi contavano per legare a sé il paese e per farne un bastione del "mondo capitalistico" in Asia. Le grandi concentrazioni industriali furono smembrate solo in minima parte. Negli anni successivi esse sarebbero diventate il principale motore di una rapidissima ripresa economica.
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