23.8 La Repubblica di Weimar
Nonostante i drammatici travagli che ne avevano segnato la gestazione, la Repubblica nata dalla Costituente di Weimar rappresentò nell'Europa degli anni '20 un modello di democrazia parlamentare aperta e avanzata. Lo stesso rigoglio di attività intellettuali, che fece della Germania weimariana il centro più vivace della cultura europea del tempo, era strettamente collegato al clima di grande libertà che allora si respirava e che faceva singolare contrasto con l'atmosfera chiusa e conformista dell'età guglielmina.
Molti erano tuttavia i fattori che contribuivano a insidiare la vita democratica e a indebolire il sistema repubblicano. Il più evidente motivo di debolezza stava nella accentuata frammentazione dei gruppi politici, che rendeva instabili maggioranze e governi, e nell'assenza di una forza egemone, capace di dominare i nuovi fenomeni di mobilitazione sociale, di superare le fratture presenti nella società, di guidare il paese nella difficile crisi di trasformazione che stava attraversando.
L'unica forza in grado di aspirare a questo ruolo era la socialdemocrazia, riunificatasi in un unico partito nell'estate del '22 con la confluenza dell'Uspd nella Spd. Grazie al sostegno accordatole dalla maggioranza di una classe operaia numerosa e ben organizzata - e nonostante la concorrenza di un agguerrito partito comunista - la Spd rimase per un intero decennio il partito più forte e fece sempre sentire il suo peso, dal governo o dall'opposizione, nella vita politica tedesca; ma non riuscì mai, malgrado la prudenza delle sue scelte politiche, ad allargare i suoi consensi al di là del tradizionale elettorato operaio.
Le classi medie, che ormai occupavano uno spazio consistente nella società tedesca, si riconoscevano in parte nel Centro cattolico - che si fondava soprattutto sui suffragi dei contadini delle regioni meridionali - e in parte maggiore nelle formazioni della destra conservatrice e moderata: il Partito tedesco-nazionale e il Partito tedesco-popolare. Un terzo partito di matrice borghese, il Partito democratico tedesco, che raccoglieva l'adesione di numerosi intellettuali e aveva l'intento di conciliare i ceti medi con le istituzioni repubblicane, dopo un iniziale successo si ridusse alle dimensioni di una forza marginale.
Tutto ciò dimostrava che la diffidenza nei confronti del sistema democratico coinvolgeva non solo i gruppetti dell'estrema destra sovversiva, non solo gli esponenti della vecchia classe dirigente, sempre saldamente insediata nelle alte sfere dell'esercito e della burocrazia, ma anche buona parte della media e della piccola borghesia. Per i ceti medi l'età imperiale si identificava con un periodo di tranquillità, di relativa prosperità, di rispetto per le tradizioni e per le gerarchie consolidate, e soprattutto con la potenza e il prestigio della nazione tedesca. La Repubblica, al contrario, era indissolubilmente associata alla sconfitta, all'umiliazione di Versailles e a quella autentica tragedia nazionale che fu costituita dal problema delle riparazioni.
Nella primavera del 1921, una commissione interalleata stabilì l'ammontare delle riparazioni nella cifra, spaventosa per quei tempi, di 132 miliardi di marchi-oro, da pagare in 42 rate annuali. In altri termini, i tedeschi avrebbero dovuto privarsi, per quasi mezzo secolo, di un quarto del loro prodotto nazionale per assolvere un impegno a cui la popolazione non riconosceva alcuna legittimità. L'annuncio dell'entità delle riparazioni suscitò in tutta la Germania un'ondata di proteste. I gruppi dell'estrema destra nazionalista - fra i quali si stava mettendo in luce il piccolo Partito nazionalsocialista guidato da Adolf Hitler - scatenarono una vera e propria offensiva terroristica contro la classe dirigente repubblicana, accusata di tradimento per essersi piegata alle imposizioni dei vincitori. Nel '21 fu ucciso in un attentato il ministro delle Finanze Matthias Erzberger, esponente del Centro cattolico, colpevole di aver firmato l'armistizio del novembre '18 in rappresentanza del governo provvisorio. L'anno dopo la stessa sorte toccò a Walther Rathenau, grande industriale ed esponente del Partito democratico, che, in qualità di ministro degli Esteri, si stava adoprando per raggiungere un accordo con le potenze vincitrici.
I governi di coalizione che si succedettero fra il '21 e il '23 si impegnarono comunque a pagare le prime rate delle riparazioni; ma, per non rendersi ulteriormente impopolari agli occhi di un'opinione pubblica già esasperata, evitarono interventi troppo drastici sulle tasse e sulla spesa pubblica: quindi furono costretti ad aumentare la stampa di carta-moneta. Il risultato fu che in pochi mesi il valore del marco precipitò (nel maggio del '21 un dollaro si cambiava con 15 marchi, un anno dopo con 500), mettendo in moto un rapidissimo processo inflazionistico. Nelle intenzioni dei governanti tedeschi la caduta del marco avrebbe dovuto allarmare le stesse potenze vincitrici e convincerle della materiale impossibilità per la Germania di sopportare il peso delle riparazioni.
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