23.7 La stabilizzazione moderata in Francia e in Gran Bretagna
La fine del biennio rosso e la recessione economica seguita alla fase espansiva dell'immediato dopoguerra segnarono in tutta Europa un brusco riflusso delle agitazioni operaie, una riscossa delle forze moderate e un ritorno alle soluzioni conservatrici in campo politico ed economico. Allontanatosi il pericolo rivoluzionario - e svanito anche il sogno di un nuovo ordine democratico mondiale - le classi dirigenti si preoccuparono soprattutto di ricostruire, nei limiti del possibile, i tradizionali equilibri politici e sociali, di frenare i fenomeni inflazionistici (mediante restrizioni del credito e tagli nella spesa pubblica), di assicurare una qualche stabilità all'assetto internazionale uscito dalla conferenza della pace.
Nelle due maggiori potenze vincitrici, Francia e Gran Bretagna, l'obiettivo della stabilizzazione fu sostanzialmente raggiunto, almeno sul piano della politica interna. In Francia la solida maggioranza di centro-destra che controllò il governo dal '19 in poi attuò una politica fortemente conservatrice, che faceva ricadere sulle classi popolari il peso di una difficile ricostruzione. Solo nella primavera del '24 i radicali di sinistra, uniti ai socialisti in una coalizione elettorale (il cartello delle sinistre) riuscirono a strappare la maggioranza ai moderati e a portare alla presidenza del Consiglio il loro leader Edouard Herriot. Ma l'esperimento ebbe breve durata, anche perché il governo non seppe affrontare una gravissima crisi finanziaria, accentuata dalla fuga di capitali verso l'estero.
Nel luglio del '26 la guida del governo fu assunta dal leader storico dei moderati, l'ex presidente della Repubblica Raymond Poincaré. Rimasto in carica per tre anni, Poincaré riuscì a stabilizzare il corso della moneta e a risanare il bilancio statale aumentando ulteriormente la pressione fiscale sui consumi popolari. In questi anni la Francia conobbe un vero boom economico, incrementando notevolmente la produzione in alcuni settori-chiave come il chimico e il meccanico.
Più lenta e incerta fu la stabilizzazione economica in Gran Bretagna, il cui apparato produttivo si dimostrava sempre più invecchiato e sempre meno in grado di reggere la concorrenza con i paesi di più recente industrializzazione. Il risultato fu un generale ristagno produttivo protrattosi per tutti gli anni '20: nel 1929 l'indice della produzione industriale era ancora pari a quello del 1914.
Anche in Gran Bretagna furono le forze moderate a guidare il paese negli anni critici del dopoguerra. Fra il 1918 e il 1929 i conservatori furono sempre al potere (prima coi liberali, poi da soli), salvo un breve intervallo nel 1924, quando l'affermazione dei laburisti consentì la formazione di un governo guidato per la prima volta da un esponente del Labour Party: James Ramsay Mac Donald. Ma i conservatori riuscirono a spezzare la maggioranza che lo sosteneva, a provocare lo scioglimento della Camera e a vincere le successive elezioni (novembre '24). La grande novità fu la secca sconfitta dei liberali, che consentì ai laburisti di assumere il ruolo di principali antagonisti dei conservatori e al sistema politico inglese di riassumere la tradizionale forma bipartitica.
Tornati al potere, i conservatori avviarono una politica di austerità finanziaria e di contenimento dei salari che li portò a scontrarsi duramente con i sindacati. Nel maggio 1926 un milione di minatori entrarono in sciopero chiedendo aumenti salariali e proponendo la nazionalizzazione del settore minerario. Altre categorie di lavoratori li appoggiarono con uno sciopero generale di una settimana, ma padronato e governo non cedettero. In dicembre, dopo una lotta durata sette mesi durante i quali la tensione sociale aveva raggiunto livelli altissimi, i minatori dovettero cedere. Il governo conservatore cercò di profittare di questa sconfitta storica per minare le basi stesse dell'opposizione laburista: furono vietati gli scioperi di solidarietà e fu dichiarata illegale la pratica per cui gli aderenti alle Trade Unions venivano iscritti "d'ufficio" al Labour Party. I laburisti accusarono il colpo, vedendo quasi dimezzati i propri iscritti, ma riuscirono a risalire la corrente e ad affermarsi nelle elezioni del 1929. Si formò così un nuovo ministero laburista guidato ancora da Mac Donald ma destinato anch'esso a vita breve, per il sopraggiungere della grande crisi economica mondiale del 1929-30.
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