6.8 Sommario
Se uno Stato italiano non era mai esistito, l'idea di una nazione italiana era presente, fin dall'età comunale, nel pensiero degli intellettuali. Questa idea acquistò nuovo vigore durante la dominazione napoleonica, che vide il diffondersi tra i giacobini italiani di orientamenti unitari e indipendentisti. Orientamenti che, messi in ombra durante la Restaurazione e sostanzialmente assenti nei moti del '20-'21, riemersero nei nuovi moti del 1831.
I moti del 1831 nei Ducati di Modena e Parma e nelle Legazioni pontificie trassero origine, oltre che dalla rivoluzione di luglio in Francia, da una trama cospirativa che tentò di coinvolgere lo stesso duca Francesco IV. Questi, però, rivelò i suoi veri intenti arrestando i capi della congiura. La rivolta scoppiò egualmente nelle Legazioni pontificie e si estese successivamente ai Ducati. La novità dei moti stava nel fatto che i suoi protagonisti furono i ceti borghesi, appoggiati dall'aristocrazia liberale e da una certa mobilitazione popolare. Divisioni municipaliste e contrasti tra moderati e democratici favorirono l'intervento austriaco, che stroncò l'insurrezione dell'Italia settentrionale.
La sconfitta dei moti del '31 provocò la crisi definitiva della Carboneria a favore di un nuovo indirizzo che ebbe il suo principale sostenitore in Giuseppe Mazzini. In lui le aspirazioni democratiche erano inserite in una concezione caratterizzata da aspetti mistico-religiosi e dominata dall'idea di una missione spettante all'Italia. Non privo di attenzione per le questioni sociali, il pensiero mazziniano era tuttavia incentrato sugli obiettivi nazionali (indipendenza, unità, repubblica) e sulla convinzione che unico mezzo per raggiungerli fosse l'insurrezione popolare. Fondata la Giovine Italia (1831), Mazzini si impegnò nell'organizzazione di tali insurrezioni; nel '34 una spedizione in Savoia si risolse in un fallimento. Gli insuccessi di altre simili iniziative favorirono le critiche all'impostazione data da Mazzini al problema nazionale e il diffondersi di nuovi orientamenti politici.
Il decennio 1830-40 fu segnato in Italia, a differenza di quanto accadeva in Europa, da una sostanziale continuità con l'età della Restaurazione. L'opposizione a qualsiasi riforma caratterizzò lo Stato pontificio e il Regno delle due Sicilie, mentre la politica del granduca di Toscana continuò ad essere moderatamente tollerante e il Piemonte, nonostante gli orientamenti clericali e legittimisti di Carlo Alberto, attuò alcune significative riforme. Lo sviluppo economico del periodo fu assai lento: qualche progresso non bastò a ridurre il divario che si stava accumulando nei confronti dell'Europa più avanzata.
Sul piano degli orientamenti politici, gli anni '40 si caratterizzarono per l'emergere di un orientamento che cercava di dare soluzioni moderate al problema nazionale. Tale orientamento, che ebbe il suo maggiore interprete in Gioberti, era imperniato sulla riscoperta della funzione nazionale della Chiesa cattolica (neo-guelfismo). Il successo delle correnti moderate era dovuto al fatto che esse sembravano offrire soluzioni graduali e tali da non implicare, a differenza dell'indirizzo mazziniano, vie insurrezionali. Elementi di gradualismo e federalismo erano presenti anche nella corrente democratica e repubblicana lombarda, il cui maggior esponente fu Cattaneo.
L'elezione al soglio pontificio, nel '46, di Pio IX suscitò, per le circostanze da cui era risultata, un'ondata di grande entusiasmo in tutta Italia: entusiasmo accresciuto da alcune, pur limitate, riforme che egli varò. Si vide così nel nuovo papa l'uomo capace di realizzare i disegni del moderatismo neoguelfo (tale tendenza dell'opinione pubblica fu accentuata dall'occupazione austriaca di Ferrara). Nel corso del 1847 gli altri Stati italiani (escluso il Regno delle due Sicilie) si trovarono costretti, di fronte alle pressioni dell'opinione pubblica e alle manifestazioni popolari, a concedere anch'essi alcune limitate riforme.
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