16.2 Depretis e il trasformismo
La riforma elettorale dell'82 segnò il coronamento, ma anche il punto terminale, della breve stagione di riforme inaugurata con l'avvento della Sinistra. Furono proprio le preoccupazioni suscitate dall'allargamento del suffragio e dal conseguente prevedibile rafforzamento dell'estrema sinistra a favorire quel processo di convergenza fra le forze moderate che nacque da un accordo elettorale fra Depretis e il leader della Destra Minghetti e che prese il nome di "trasformismo". La sostanza del trasformismo non stava - come sosteneva Depretis - nella "trasformazione" dei moderati in progressisti, ma piuttosto nel venir meno delle tradizionali distinzioni ideologiche fra Destra e Sinistra e nella rinuncia, da parte di quest'ultima, a una precisa caratterizzazione programmatica. Si compiva così, in modo irreversibile, quel mutamento nella fisionomia della Camera e nei caratteri stessi della lotta politica che si era profilato fin dall'inizio degli anni '70. A un modello "bipartitico" di stampo inglese (destra contro sinistra, maggioranza contro opposizione, conservatori contro progressisti) se ne sostituiva un altro basato su un grande centro che tendeva a inglobare le opposizioni moderate e a emarginare le ali estreme (i conservatori più intransigenti da un lato, l'estrema sinistra dall'altro). La maggioranza non era più definita sulla base di precise discriminanti programmatiche, ma veniva "costruita" giorno per giorno a forza di compromessi e patteggiamenti: il che provocava un sostanziale immobilismo nell'azione di governo, oltre che un netto scadimento nel tono della vita politica.
La svolta moderata di Depretis ebbe come conseguenza il definitivo distacco dalla maggioranza dei gruppi democratici più avanzati che, pur avendo abbandonato i metodi cospirativi e accantonato la pregiudiziale repubblicana, continuavano a battersi per il suffragio universale, per una politica estera antiaustriaca e per una politica ecclesiastica più decisamente anticlericale, per un più vasto impegno in favore delle classi povere. Sotto la guida di Agostino Bertani, e poi di Felice Cavallotti, questo gruppo - che, con termine mutuato dalla Francia della Terza Repubblica, fu
chiamato radicale - svolse negli anni '80 un ruolo di combattiva opposizione contro le maggioranze trasformiste ed ebbe anche un'importante funzione di raccordo fra la sinistra parlamentare e le correnti "rivoluzionarie" ancora escluse dalla politica ufficiale: i repubblicani intransigenti e il movimento socialista.
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