2.6 Il moto decabrista in Russia
Il moto rivoluzionario europeo dell'inizio degli anni '20 ebbe una coda, tardiva quanto sfortunata, alla fine del 1825 nella Russia zarista. Anche qui l'iniziativa venne da ristretti gruppi organizzati in società segrete e formati da intellettuali e da ufficiali dell'esercito, entrati in contatto durante le guerre napoleoniche con la cultura liberale e democratica europea. Gli aderenti alle sette si proponevano per lo più obiettivi costituzionali; ma non mancavano gli elementi più radicali, che miravano alla liberazione dei servi della gleba e alla redistribuzione delle terre. Né gli uni né gli altri potevano comunque contare su un qualche appoggio tra le masse popolari. Come in Italia e in Spagna, l'unica via aperta per i rivoluzionari era dunque quella dell'ammutinamento militare.
La rivolta scoppiò a Pietroburgo nel dicembre '25 (da qui il nome di decabristi, dal russo dekabr', dicembre, dato ai congiurati) e coinvolse alcuni reggimenti riuniti nella capitale per prestare giuramente al nuovo zar Nicola I, appena salito al trono dopo la morte improvvisa di Alessandro I. Ma i reparti ribelli furono subito sopraffatti e i capi scoperti e arrestati. Cinque di loro furono condannati a morte.
Con la sconfitta del moto decabrista e con l'avvento al trono di Nicola I, si apriva per la Russia una stagione di dura reazione poliziesca. L'Impero zarista si chiudeva a qualsiasi fermento innovativo e assumeva definitivamente quel ruolo di roccaforte dell'autocrazia e della conservazione sociale che avrebbe mantenuto per tutto il residuo corso della sua storia.
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