2. Le rivoluzioni europee degli anni '20
2.1 Liberalismo, democrazia, principio nazionale
Durante l'età della Restaurazione, tutti gli Stati dell'Europa continentale - quale che fosse la loro forma di governo - furono attraversati dalla contrapposizione, sfociata talvolta in scontro armato, fra due opposti schieramenti politici e ideologici. Da un lato i partigiani dell'antico regime (legittimisti, clericali, reazionari d'ogni gradazione), i paladini dell'ordine tradizionale e del principio di autorità; dall'altro i fautori della costituzione e del sistema rappresentativo, gli assertori dei diritti di libertà degli individui e dei popoli: i liberali e i democratici.
Il termine "liberalismo", entrato nel linguaggio corrente proprio all'inizio dell'800, serviva a designare non tanto una corrente politica ben determinata, quanto un orientamento ideale, una visione del mondo fondata sull'idea di libertà quale si era venuta definendo a opera della cultura illuminista (che si rifaceva a Locke e a Montesquieu) e più ancora in alcune concrete esperienze politiche e costituzionali del '6-'700: il parlamentarismo britannico, la rivoluzione americana, l'89 francese. Il liberalismo dunque si identificava non solo con un programma teorico e con alcune idee-base (la tolleranza e la libertà di opinione, il principio rappresentativo e la divisione dei poteri, la difesa dell'individuo contro gli abusi dell'autorità), non solo con i valori e gli interessi materiali di un determinato ceto sociale (la borghesia minacciata nelle sue aspirazioni e nelle sue conquiste dallo strapotere delle aristocrazie e delle monarchie assolute), ma anche con una serie di istituti che già erano stati operanti e in alcuni paesi lo erano ancora.
Il modello istituzionale che il liberalismo europeo si proponeva era in effetti molto vicino a quello della monarchia parlamentare britannica. Un regime in cui i diritti fondamentali del cittadino (libertà di pensiero, di stampa, di associazione) fossero rispettati, in cui la proprietà, l'iniziativa privata e il libero commercio fossero salvaguardati e incoraggiati, in cui l'autorità del potere centrale fosse limitata e controllata da organismi rappresentativi espressi da una élite più o meno ristretta di cittadini: coloro che, per posizione sociale, per ricchezza o per istruzione, si supponeva fossero i soli realmente interessati al buon andamento della cosa pubblica.
In questo senso il pensiero liberale si distaccava nettamente da quello democratico, che aveva come cardine l'idea di sovranità popolare, intesa come governo di tutto il popolo, e che si riallacciava all'esperienza della rivoluzione francese nella sua fase più radicale (quella giacobina). Per i democratici la forma di governo ideale era la repubblica e il canale legittimo di espressione della volontà popolare era l'assemblea eletta a suffragio universale. L'estensione del diritto di voto a tutti i cittadini era vista non solo come l'attuazione di un principio politico, ma anche come lo strumento che, dando voce alle masse popolari, avrebbe assicurato un avvenire di giustizia sociale. Da questo punto di vista, gli ideali democratici si collegavano alle aspirazioni di quei gruppi, ancora molto ristretti, che cominciavano a coltivare utopie di stampo egualitario e socialistico.
La linea divisoria fra liberali e democratici, molto netta sul piano teorico, era però assai più sfumata nella pratica della lotta contro i regimi assolutisti. La costituzione, il Parlamento elettivo, la garanzia delle libertà fondamentali erano obiettivi validi per gli uni come per gli altri. Questi obiettivi - che si possono genericamente definire "liberali" - costituirono il programma minimo e il terreno comune di lotta per tutte le forze politiche che si battevano contro l'equilibrio della Restaurazione.
In molti paesi europei, un ulteriore elemento di coesione fra tutti gli avversari del vecchio ordine era dato dall'esigenza di liberazione da un dominio straniero, dalla rivendicazione dell'indipendenza nazionale. Abbiamo appena visto (
1.8) come l'affermazione degli ideali nazionali nel primo '800 fosse strettamente legata al romanticismo e si fondasse sulla riscoperta delle tradizioni e delle radici culturali profonde dei singoli popoli. Per altro verso, però, l'idea di nazione affondava le sue radici nell'illuminismo e nella cultura democratico-rivoluzionaria del '700. Il diritto all'indipendenza poteva infatti essere considerato come una applicazione del principio di sovranità popolare, un'estensione dei diritti fondamentali del cittadino: in questo senso fu inteso da tutti quei patrioti che, fin dall'inizio dell'800, coniugarono la lotta per l'indipendenza nazionale con quella per la libertà e per la democrazia.
Torna all'indice