12.3 La guerra di secessione e le sue conseguenze
Nonostante fosse un convinto avversario della schiavitù, Lincoln non era un abolizionista radicale, come non lo erano la maggior parte dei leader del suo partito. Nella sua campagna elettorale aveva anzi negato qualsiasi intenzione di abolire la schiavitù dove essa già esisteva. Ciononostante, la vittoria repubblicana nelle elezioni del '60 fu sentita da una parte dell'opinione pubblica del Sud come l'inizio di un processo irreversibile che avrebbe portato alla vittoria degli interessi industriali, al rafforzamento del potere centrale, alla progressiva emarginazione degli Stati schiavisti. Di qui la decisione, presa fra il dicembre '60 e il febbraio '61 da dieci Stati del Sud, di staccarsi dall'Unione e di costituirsi in una Confederazione indipendente che ebbe come capitale Richmond in Virginia.
La secessione, imposta da una minoranza intransigente a una popolazione incerta e divisa, non poteva non suscitare la reazione del potere federale. Se era vero infatti che l'Unione si fondava in teoria su un libero contratto fra Stati sovrani, era anche vero - come sottolineò Lincoln nel discorso inaugurale della sua presidenza - che il rifiuto di una parte del paese di accettare il responso della maggioranza avrebbe distrutto le basi dello Stato e ne avrebbe messo in forse la stessa esistenza. Non vi era dunque alternativa alla guerra civile, che ebbe inizio nell'aprile 1861 quando le forze confederate (ossia i secessionisti del Sud) attaccarono la piazzaforte di Fort Sumter, nella Carolina del Sud, occupata dall'esercito unionista.
Scegliendo la strada dello scontro, i confederati facevano assegnamento sulla migliore qualità delle loro forze armate. Ma speravano anche in un intervento a loro favore della Gran Bretagna, che era la principale acquirente del cotone del Sud e non vedeva di buon occhio i programmi protezionisti dei repubblicani. Gli Stati del Nord confidavano invece nella schiacciante superiorità numerica della loro popolazione (il rapporto era di circa tre a uno) e sul loro maggior potenziale economico. Nelle fasi iniziali della guerra, il miglior addestramento delle forze sudiste e le notevoli capacità del loro comandante, il generale Robert Lee, diedero ai confederati una netta prevalenza. Ma, quando fu chiaro che gli Stati del Sud avrebbero dovuto contare solo sulle loro forze (la Gran Bretagna e le altre potenze europee si astennero infatti da ogni intervento) e che la guerra sarebbe stata lunga e logorante, il fattore numerico e quello economico si rivelarono decisivi. Mentre il Nord godeva di una quasi completa autosufficienza e poteva sfruttare per il suo sforzo bellico un'industria già sviluppata, il Sud era quasi totalmente dipendente dalle importazioni ed era per giunta ostacolato dal blocco posto alle sue coste dalla marina unionista, superiore in uomini e mezzi.
I primi successi nordisti si ebbero solo nel '63, quando le forze dell'Unione, comandate dal generale Ulysses Grant cominciarono una lenta avanzata lungo il corso del Mississippi e quando, in luglio, un tentativo dei confederati di penetrare in Pennsylvania fu bloccato nella battaglia di Gettysburg. Nell'estate dell'anno seguente, un'armata nordista, muovendo dal Mississippi verso l'Atlantico, riuscì a penetrare in profondità nel territorio dei nemici e a spezzarne in due lo schieramento dopo una lunga marcia devastatrice attraverso il Tennessee e la Georgia, conclusasi nel dicembre '64. Il 9 aprile 1865, quando ormai l'esercito unionista occupava buona parte del Sud, i confederati si arresero al generale Grant. Pochi giorni dopo, il presidente Lincoln cadeva vittima di un attentato per mano di un fanatico sudista.
La guerra era durata ben quattro anni, aveva visto impegnati nelle operazioni belliche circa tre milioni di uomini ed era costata oltre 600.000 morti. Era stata senza dubbio la prima guerra totale dei nostri tempi: la prima che avesse coinvolto così a lungo la società civile di un grande paese moderno, la prima in cui fossero stati utilizzati sistematicamente i nuovi mezzi offerti dallo sviluppo tecnologico e industriale, a cominciare dalla ferrovia e dal telegrafo. Per vincerla, i nordisti dovettero non solo fare appello a tutte le loro risorse economiche, ma anche mobilitare tutte le energie politiche disponibili. Per questo Lincoln e i suoi collaboratori furono costretti a spingersi oltre i loro programmi iniziali. Nel 1862 fu approvata una legge che assegnava gratuitamente ai cittadini che ne facessero richiesta quote di terre del demanio statale. L'anno dopo fu decretata la
liberazione degli schiavi in tutti gli Stati del Sud (anche per favorirne l'arruolamento nell'esercito unionista).
In realtà, la rivoluzione democratica implicita nell'esito della guerra di secessione fu ben lontana dal compiersi interamente. La legge del '62 sulla distribuzione delle terre libere fu revocata pochi anni dopo la fine della guerra. Gli schiavi acquistarono la libertà - un risultato questo che non può comunque essere sottovalutato - ma le loro condizioni economiche non migliorarono più di quelle dei servi della gleba liberati da Alessandro II in Russia nel 1861. La vittoria nordista e le innovazioni legislative non valsero a colmare le disuguaglianze sociali, né poterono cancellare i pregiudizi razziali profondamente radicati nella società del Sud.
Certo non giovarono alla causa della democrazia e dell'integrazione razziale i metodi sbrigativi e lo spirito talvolta vendicativo con cui i repubblicani vincitori, privati dell'accorta ed equilibrata guida di Lincoln, condussero l'opera di riunificazione del paese. Negli anni successivi alla fine della guerra, il Sud, sottoposto a un regime di vera e propria occupazione militare, fu in pratica governato da uomini dell'ala radicale del Partito repubblicano. Fra questi, accanto agli idealisti sinceri, c'erano molti avventurieri venuti dal Nord in cerca di fortuna e molti politicanti che mascheravano dietro una fraseologia rivoluzionaria i loro legami con i gruppi di interesse del Nord e la loro volontà di sradicare per sempre le basi elettorali del Partito democratico.
Il risultato fu una reazione di rigetto, che prima si espresse in forma di lotta clandestina (fu creata allora l'organizzazione paramilitare e razzista del Ku Klux Klan) e che più tardi - una volta terminato il regime di occupazione e ristabilite le normali procedure politiche - determinò la riscossa del Partito democratico negli Stati del Sud. Il ritorno alla normalità nel Sud, che poté considerarsi compiuto solo alla fine degli anni '70, significò anche il ritorno all'indiscussa supremazia dei bianchi e ad un regime di segregazione di fatto, destinato a durare, in alcuni Stati, fino a tempi molto vicini ai nostri. Con tutto ciò, il bilancio della guerra civile non poteva dirsi del tutto negativo per gli Stati Uniti, che uscivano dalla crisi con una struttura politica e sociale indubbiamente più compatta che in passato, con un'economia ancora vitalissima e con un'intatta capacità di egemonia nei confronti dei paesi vicini.
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