30.9 La guerra di Corea
La prova più drammatica delle nuove dimensioni mondiali del confronto fra i due blocchi si ebbe nel 1950 in Corea. In base agli accordi interalleati, quel paese (già a lungo conteso fra Cina e Giappone) era stato diviso in due zone, delimitate dal 38°parallelo. Analogamente a quanto era accaduto in Germania, una delle due zone - la Corea del Nord - era governata da un regime comunista guidato da Kim Il Sung, mentre nell'altra - la Corea del Sud - si era insediato un governo nazionalista appoggiato dagli americani. Dopo una serie di incidenti di frontiera, in un clima di crescente tensione (dovuta al fatto che entrambi gli Stati rivendicavano la sovranità sull'intero territorio nazionale), nel giugno 1950 le forze nordcoreane, armate dai sovietici, invasero il Sud. Di fronte a quella che appariva come una clamorosa conferma delle mire espansionistiche del blocco comunista, gli Stati Uniti reagirono inviando in Corea un forte contingente di truppe. Gli americani - che agivano sotto la bandiera dell'Onu, in quanto il Consiglio di sicurezza, in assenza del delegato sovietico, aveva condannato la Corea del Nord e autorizzato l'invio di truppe - respinsero i nordcoreani e in ottobre oltrepassarono a loro volta il 38° parallelo. A questo punto, però, fu la Cina di Mao a intervenire in difesa dei comunisti, con un massiccio invio di "volontari", che in poche settimane capovolsero le sorti della guerra penetrando nella Corea del Sud. Nell'aprile '51 Truman accettò di aprire trattative con la Corea del Nord. I negoziati - e con essi la guerra - si trascinarono per altri due anni, per concludersi infine nel 1953 con il ritorno alla situazione precedente (col confine sul 38° parallelo).
Le conseguenze della crisi coreana furono di ampia portata: un vasto riarmo americano, di cui beneficiò soprattutto la marina, un'accresciuta sensibilità degli Stati Uniti alla minaccia comunista nel Pacifico, un rafforzamento dei legami militari fra gli Usa e gli alleati asiatici ed europei.
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