8.4 La rivoluzione dei trasporti e dei mezzi di comunicazione
La rivoluzione dei trasporti, che conobbe il suo momento decisivo intorno alla metà dell'800, non ebbe solo conseguenze di ordine economico, ma influenzò significativamente abitudini e modi di pensare della gente comune: dei borghesi che commerciavano o viaggiavano per istruzione e per diporto, ma anche dei ceti popolari (lavoratori che emigravano, manovali impiegati nelle costruzioni ferroviarie, contadini che vendevano i loro prodotti sul mercato). La stessa immagine del mondo cambiò radicalmente, com'era avvenuto ai tempi delle grandi scoperte geografiche; e l'idea di un mondo unito, le cui parti erano legate fra loro da stretti rapporti di interdipendenza, cominciò a farsi strada nella coscienza collettiva.
Nel 1850, le ferrovie avevano già alle spalle alcuni decenni di storia. La prima locomotiva di Stephenson era stata realizzata nel 1814. Il primo tronco ferroviario, da Stockton a Darlington, in Inghilterra, era stato inaugurato nel 1825. Negli anni '30 e '40, molte linee ferroviarie erano state aperte in Europa e nel Nord America; ma si trattava per lo più di linee di limitata estensione, che non giungevano a formare delle reti capaci di collegare fra loro i centri principali.
All'inizio degli anni '50 esistevano in tutto il mondo circa 40.000 km di ferrovie: 15.000 negli Stati Uniti e 25.000 in Europa (di cui 11.000 nella sola Gran Bretagna). Dieci anni dopo, l'estensione della rete ferroviaria mondiale era quasi triplicata (110.000 km, di cui più della metà nel Nord America). La crescita continuò, con un ritmo di poco inferiore, nei due decenni successivi (oltre 200.000 km nel 1870 e 370.000 nell'80), favorita dai grandi progressi dell'ingegneria civile, che permisero di superare gli ostacoli naturali e di portare le linee ferroviarie anche nelle zone più impervie.
Nel 1854 fu inaugurata la prima linea transalpina, la Vienna-Trieste. Tre anni dopo, cominciarono i lavori del primo grande tunnel delle Alpi, il Fréjus, lungo 13 km, che, una volta completato nel 1870, avrebbe abbreviato di ventiquattr'ore i collegamenti fra l'Italia e l'Europa del Nord. Ma gli sviluppi più spettacolari si ebbero negli Stati Uniti, dove le costruzioni ferroviarie accelerarono notevolmente la conquista dei territori dell'Ovest (nel '69 fu aperta la prima linea transcontinentale da New York a San Francisco) e assunsero l'aspetto di una grandiosa avventura, a metà strada fra l'epopea e la speculazione finanziaria. Fra il 1860 e il 1880, le ferrovie penetrarono in vaste aree dei continenti extraeuropei, soprattutto nelle colonie britanniche (India e Australia) e nell'America Latina. Restavano ancora escluse dalla rivoluzione dei trasporti buona parte dell'Asia e l'intera Africa. Ma, già nel 1870, i viaggi da un capo all'altro del globo risultavano enormemente abbreviati rispetto a vent'anni prima: tanto da rendere possibile, almeno in teoria, quel Giro del mondo in ottanta giorni immaginato e minuziosamente descritto da Jules Verne in un celebre romanzo del 1872.
Più lenta e contrastata fu l'affermazione del vapore nel campo dei trasporti marittimi. Nel secolo scorso, le navi a vela - che si giovavano di costi d'esercizio molto limitati - avevano raggiunto un notevole grado di perfezione tecnica: non di rado i grandi clippers (velieri veloci impiegati per la navigazione mercantile transoceanica) battevano in velocità gli steamers, battelli a vapore azionati da grandi ruote e dotati di vele ausiliarie. Perciò solo dopo il 1860, con l'introduzione dell'elica al posto della ruota e con la sostituzione degli scafi in ferro a quelli in legno, le navi a vapore divennero decisamente competitive in termini di velocità oltre che di capacità di carico. Se nel 1870 il naviglio a vela copriva ancora circa la metà dei trasporti marittimi di tutto il mondo, negli ultimi anni del secolo la percentuale si sarebbe ridotta a poco più del 20%.
Contemporaneamente alla rivoluzione dei trasporti, un'altra trasformazione non meno radicale si ebbe nel campo della comunicazione dei messaggi, grazie alla diffusione del telegrafo elettrico. L'invenzione, che risaliva alla fine degli anni '30, trovò le sue prime applicazioni pratiche nel decennio successivo (il telegrafo di Morse è del 1844). Negli anni '50 e '60, tutti i paesi europei si dotarono di un sistema di comunicazioni telegrafiche: in breve tempo l'intera Europa si coprì di pali e di fili (erano circa 3000 km nel 1850, divennero 180.000 dieci anni dopo). Nello stesso periodo, l'adozione di nuove tecniche di isolamento dei fili metallici consentì la posa dei primi cavi telegrafici sottomarini. La Manica fu attraversata già nel 1851. Per vedere in funzione il primo cavo nordatlantico, si dovette attendere il 1866; ma pochi anni dopo gli oceani erano solcati da una fitta rete di cavi ed era possibile per un europeo scambiare telegrammi con tutti i continenti.
La comunicazione dei messaggi era così svincolata per sempre dalla dipendenza dai mezzi di trasporto e la velocità delle notizie aumentava in modo vertiginoso: il tempo necessario per comunicare un'informazione da Londra a Tokio si ridusse d'un colpo da tre mesi a tre minuti. Da allora diventò possibile concludere istantaneamente affari e transazioni finanziarie con paesi lontani, impartire direttive diplomatiche in tempi rapidissimi, guidare gli eserciti da zone distanti dal fronte. Una rivoluzione nella rivoluzione si verificò nel settore giornalistico, dove si assisté alla nascita di agenzie specializzate, basate sull'uso del telegrafo: la più celebre di tutte, l'anglo-tedesca Reuter, fu fondata nel 1851. In questo campo - ha scritto lo storico Eric Hobsbawm - "il Medioevo finì negli anni '60, quando i notiziari poterono essere telegrafati da un numero sufficiente di punti del pianeta per raggiungere all'indomani la tavola della prima colazione".
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