6.4 Le iniziative mazziniane
Carattere essenziale dell'apostolato di Mazzini era il legame inscindibile fra teoria e prassi, o, per usare una famosa formula mazziniana, fra pensiero e azione. Nessuna pratica insurrezionale aveva senso senza una fede che la ispirasse ("Qualunque imprende un'opera rigeneratrice deve avere una credenza; s'ei non l'ha, è fautore di torbidi e nulla più"); ma nessuna teoria rivoluzionaria poteva sostenersi senza risolversi in azione concreta e costante. La cospirazione e l'insurrezione, se indirizzate verso gli obiettivi giusti, avevano per Mazzini un valore in sé, di testimonianza e di esempio, anche a prescindere dalle loro effettive possibilità di successo.
Coerentemente con queste sue convinzioni, e con la sua naturale avversione per ogni tattica attendista, Mazzini non aspettò il maturare di condizioni internazionali favorevoli per mettere in atto i suoi progetti. A partire dal 1831, nuclei della Giovine Italia si formarono in tutta Italia: dal Lombardo-Veneto alla Toscana, al Regno delle due Sicilie (dove nel '33 fu sventato un complotto organizzato da un gruppo di patrioti abruzzesi che agivano in contatto con Mazzini). Ma l'obiettivo principale dell'azione mazziniana era il Regno di Sardegna, dove la Giovine Italia riuscì a fare numerosi proseliti tra le file dell'esercito e a porre le basi di una trama cospirativa che avrebbe dovuto successivamente allargarsi a tutta Italia. La congiura fu però scoperta nell'aprile del '33. Vi furono decine di arresti e ben ventisette condanne a morte (dodici delle quali eseguite). Oltre duecento patrioti dovettero riparare all'estero e tutta l'organizzazione della Giovine Italia in Piemonte ne risultò praticamente distrutta.
Mazzini non si dette per vinto e approntò un nuovo progetto rivoluzionario imperniato sull'azione di un corpo di volontari, che avrebbe dovuto penetrare in Savoia dalla Svizzera, e su una contemporanea insurrezione da attuarsi a Genova. Male organizzata e mal guidata, la spedizione in Savoia si risolse però in un fallimento. Nel febbraio del 1834, i circa duecento volontari che si erano raccolti a Ginevra furono bloccati dalle autorità svizzere. Un altro gruppo che partiva dalla Francia fu respinto dalle truppe piemontesi dopo un breve combattimento. L'insurrezione genovese, che doveva prender le mosse dall'ammutinamento di alcuni reparti della marina, fallì per le misure preventive adottate dalle autorità militari. Nel tentativo ebbe parte attiva l'allora venticinquenne Giuseppe Garibaldi, marinaio di Nizza, che aveva aderito un anno prima alla Giovine Italia e si era arruolato nella marina militare allo scopo di organizzarne l'ammutinamento. Sfuggito miracolosamente alla cattura e condannato a morte in contumacia, Garibaldi riparò in Francia e di lì in Sud America.
L'esito fallimentare della spedizione in Savoia - seguito, un anno dopo, da una serie di arresti di elementi mazziniani nel Lombardo-Veneto e in Toscana - rappresentò un duro colpo per il prestigio di Mazzini e per l'attività della Giovine Italia. Privato, nel giro di pochi mesi, di molti dei suoi migliori collaboratori, criticato severamente dai rivoluzionari della vecchia guardia, con in testa Buonarroti (che considerava le sue teorie non abbastanza democratiche e le sue iniziative troppo avventurose), Mazzini dovette affrontare in questi anni notevoli difficoltà personali. Fu espulso prima dalla Francia e poi dalla Svizzera e costretto a trasferirsi in Gran Bretagna, dove i contatti con l'Italia erano più difficili. Ai disagi materiali si aggiunse una vera e propria crisi di coscienza. Le accuse di leggerezza e di corresponsabilità nel sacrificio di tanti giovani patrioti, che da più parti gli erano piovute addosso, lo ferirono profondamente e lo indussero a un ripensamento delle sue scelte di fondo e dei suoi metodi di lotta.
La tempesta del dubbio (così la chiamò Mazzini stesso) fu in breve superata. Come i grandi rivoluzionari di ogni tempo, Mazzini era convinto che la "santità" della causa per cui lottava giustificasse anche i sacrifici più dolorosi. Nell'aprile del '34, poco dopo il fallimento della spedizione in Savoia, aveva dato vita, assieme a esuli di altre nazionalità, alla Giovine Europa: un'iniziativa che aveva però un valore soprattutto simbolico e che sortì scarsi effetti sul piano operativo. Nel 1840 riuscì a rifondare la Giovine Italia, che si era praticamente dissolta dopo il '34-'35, e a riannodare i contatti con molti gruppi clandestini operanti nel paese. Ma l'atmosfera di febbrile entusiasmo rivoluzionario che aveva caratterizzato gli esordi dell'associazione si era in parte dissolta; il clima politico e le stesse condizioni economico-sociali dell'Italia stavano sia pur lentamente cambiando. Organizzare moti insurrezionali che non fossero in partenza votati al fallimento diventava sempre più difficile, e lo stesso Mazzini ne era consapevole.
Nell'estate del '43, un gruppo di patrioti emiliani guidati da Nicola Fabrizi cercò di organizzare un moto nelle Legazioni pontificie, ma il complotto fu subito scoperto e duramente represso. Stessa sorte ebbe un secondo tentativo che culminò, nel settembre '45, nell'occupazione di Rimini da parte di bande armate repubblicane. Nel giugno-luglio '44, due giovani veneziani ufficiali della marina austriaca e aderenti alla Giovine Italia, i fratelli Attilio ed Emilio Bandiera, sbarcarono in Calabria con una ventina di compagni con l'obiettivo di far sollevare le masse contadine contro il governo borbonico. Il tentativo si scontrò con l'indifferenza delle popolazioni locali e si concluse con l'arresto di tutti i protagonisti dell'impresa, otto dei quali, fra cui i fratelli Bandiera, vennero fucilati.
Né i moti in Emilia-Romagna né la spedizione dei Bandiera erano stati organizzati da Mazzini, che anzi aveva espresso un parere negativo sulla opportunità di queste iniziative. Ma il ripetersi di episodi insurrezionali ispirati dai repubblicani e immancabilmente destinati al fallimento contribuì a riaccendere le critiche nei confronti dei metodi mazziniani e fornì nuovi argomenti alle polemiche di parte moderata contro le strategie rivoluzionarie.
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