8.5 La città moderna
Nell'Europa dell'800, l'affermazione della borghesia e la crescita del proletariato andarono di pari passo con lo sviluppo dei grandi centri urbani. Ebbe allora inizio quel grande processo storico che va sotto il nome di
urbanesimo e che avrebbe portato gradualmente la maggioranza della popolazione dei paesi industriali a trasferirsi dalle campagne nelle città. Attorno al 1850, la grande città - intendendo per grande città ciò che si intendeva allora, cioè un centro con almeno centomila abitanti - era ancora un fenomeno molto raro. Unica eccezione, la Gran Bretagna, dove già negli anni '40 la popolazione urbana aveva uguagliato e superato quella rurale e dove, nel 1850, esistevano una trentina di grossi centri industriali. Londra, con più di due milioni e mezzo di abitanti, era di gran lunga la più grande città del mondo e continuava ad espandersi a un ritmo impressionante. In Francia, nello stesso periodo, le città con più di centomila abitanti erano solo sei, compresa Parigi che superava ormai il milione; in Germania erano otto, fra cui Berlino, che raggiungeva appena i quattrocentomila.
Solo trent'anni dopo, la situazione era molto cambiata. In Francia e in Germania, il numero delle grandi città era più o meno raddoppiato. Erano cresciuti nuovi centri industriali, come Lille e Roubaix in Francia, Essen e Düsseldorf in Germania. Le grandi capitali si erano allargate a dismisura: Parigi era passata da poco più di uno a oltre due milioni di abitanti, Berlino da quattrocentomila a oltre un milione, mentre Londra superava i quattro milioni e mezzo.
Alla base di questo fenomeno c'erano cause diverse, ma strettamente legate fra loro. Lo sviluppo industriale, che creava nuove occasioni di lavoro, e la contemporanea rivoluzione dei trasporti, che rendeva più facili gli spostamenti, alimentavano un imponente flusso migratorio dalla campagna alla città. Questo flusso ininterrotto determinava nei grandi centri una situazione di cronico sovrappopolamento, favorendo la diffusione delle malattie infettive (in primo luogo del colera) e mantenendo la mortalità a livelli molto elevati.
Col mutare delle dimensioni, le città cambiavano anche il loro aspetto e le loro strutture. Nella seconda metà dell'800 molti grandi centri urbani assunsero un volto e una forma simili a quelli che ancora oggi conosciamo. Per secoli e secoli la pianta delle città era stata definita dalle cinte murarie. Sotto la spinta dello sviluppo economico e del boom demografico, la zona abitata prese ad allargarsi rapidamente e disordinatamente, coprendo gli spazi vuoti circostanti il vecchio nucleo urbano. La forma della città si rendeva del tutto indipendente dagli antichi condizionamenti di origine militare e si modellava sempre più sulle esigenze della produzione e dei traffici.
Tutta la vita cittadina ruotava intorno a nuovi centri, che si affiancavano e si sostituivano a quelli tradizionali (la cattedrale, il municipio, la piazza del mercato). Punti di riferimento essenziali erano in primo luogo le stazioni ferroviarie, costruite spesso con grandiosità, come veri e propri monumenti dell'età industriale; poi la borsa, i centri commerciali, il tribunale e, nelle capitali, i palazzi dei ministeri. Attorno a questi poli si sviluppava il quartiere degli affari, che tendeva a svuotarsi dei suoi abitanti di condizione meno agiata e a riempirsi di uffici e di negozi.
I ceti popolari espulsi dai centri storici andavano ad addensarsi - assieme ai nuovi immigrati - nelle grandi periferie, costruite completamente ex novo (era il caso della periferia di Berlino, con i suoi casermoni di cinque o sei piani disposti in fila, parallelamente alle strade) o nate dall'assorbimento e dalla trasformazione di villaggi già separati dal centro principale (come i sobborghi che costituivano la "cintura operaia" di Parigi). Diventava sempre più netta la separazione fra le periferie operaie, tirate su in fretta, sovraffollate, malsane, prive di servizi e spesso afflitte dal fumo delle fabbriche, e i quartieri residenziali borghesi, che erano situati in zone più verdi e più aerate e cominciavano ad essere provvisti di acqua corrente e di impianti di riscaldamento centralizzato. Anche questa separazione costituiva una differenza importante rispetto alla vecchia città, che faceva coabitare ricchi e poveri nelle stesse strade o addirittura nei medesimi edifici: i ricchi ai piani bassi, i poveri ai piani alti e nelle soffitte.
Queste trasformazioni si producevano nella maggior parte dei casi in modo spontaneo, sotto la spinta della speculazione edilizia e in assenza di qualsiasi piano regolatore. Un esempio di intervento attuato dall'alto, in base a un progetto consapevolmente studiato, fu invece la ristrutturazione di Parigi condotta per incarico di Napoleone III dal prefetto Georges Haussmann. Haussmann operò in profondità sul vecchio tessuto urbano, sventrando buona parte del centro medievale, col suo intrico di vicoli strettissimi, e aprendo una serie di larghi viali (boulevards) che avevano lo scopo di rendere più piacevole e meglio percorribile il centro cittadino, ma servivano anche a scoraggiare il ripetersi di sommosse urbane come quelle del '48 (nei grandi boulevards erano più facili gli spostamenti delle forze di polizia ed era impossibile la costruzione di barricate). L'opera di Haussmann non si limitò alla risistemazione della rete viaria. Negli anni '50 e '60 del secolo scorso, Parigi fu dotata di ben quindici nuovi ponti sulla Senna, di quattro nuove stazioni ferroviarie, di un nuovo sistema di fognature, di parchi e di edifici pubblici.
In quello stesso periodo, anche se in tempi più lunghi e in forme meno spettacolari, quasi tutte le grandi città europee videro moltiplicarsi le iniziative dei poteri pubblici, volte a risolvere i più urgenti problemi igienici, a sconfiggere la piaga delle epidemie, a migliorare la qualità della vita, a facilitare gli spostamenti all'interno dell'area urbana. La rete fognaria fu ovunque migliorata e spesso interamente ricostruita: scomparvero così i rigagnoli fetidi che costeggiavano le vie dei quartieri poveri e la città fu gradualmente liberata dai miasmi degli scarichi che ne rendevano talora l'aria irrespirabile. L'approvvigionamento idrico divenne più diffuso e più regolare, anche se doveva passare ancora parecchio tempo prima che la disponibilità di acqua corrente e di servizi igienici nelle case diventasse un fatto generalizzato. Le strade in terra battuta, polverose d'estate e fangose d'inverno, furono ricoperte dal selciato. I quartieri della periferia, bui e malsicuri nelle ore notturne, furono, come già il centro, illuminati da lampioni a gas. Attraversare la città divenne più facile anche per chi non disponeva di mezzi privati, grazie all'organizzazione di reti di trasporto pubbliche. Un caso unico era quello di Londra che, già negli anni '70, disponeva di un efficiente sistema di ferrovie metropolitane. Ma in tutte le grandi città, molto prima dell'avvento delle metropolitane e delle tramvie elettriche, gli itinerari più importanti erano serviti dai cosiddetti omnibus, grandi carrozze su rotaie trainate da cavalli.
La città diventava più confortevole e più "vivibile" (soprattutto per le classi agiate, ma anche per i ceti popolari) e insieme più ordinata e più attrezzata. Man mano che l'area urbana si allargava, si moltiplicavano i centri commerciali (mercati, botteghe e anche grandi magazzini), i luoghi di svago e di riunione (teatri, caffè, ristoranti), i punti di riferimento culturali (scuole, musei, biblioteche), ma anche le istituzioni preposte al controllo sociale: uffici comunali, posti di polizia, tribunali, carceri.
L'intervento sempre più sistematico dei pubblici poteri, statali e municipali; lo sviluppo di più ampi apparati burocratici per il governo delle città; la creazione di nuovi corpi di polizia sempre più numerosi e più "professionali" (era ormai un ricordo la "guardia civica" cara alle rivoluzioni liberali e democratiche dell'800); la formazione di nuovi quadri tecnici (amministratori, architetti, ingegneri) specializzati nei problemi della convivenza urbana: tutto ciò servì a disciplinare i processi di urbanizzazione e ad attenuarne il carattere spontaneo, talora "selvaggio". Pur conservando al suo interno squilibri giganteschi e ponendo sempre nuovi e difficili problemi ai suoi amministratori, la grande città tendeva a perdere l'aspetto caotico e tentacolare che tanto aveva affascinato gli scrittori ottocenteschi (si pensi alle opere di Balzac e di Dickens, ai Miserabili di Victor Hugo o a un romanzo popolarissimo nel secolo scorso come I misteri di Parigi di Eugène Sue). Si avviava a diventare un sistema organizzato, specchio della civiltà moderna e dei suoi progressi e al tempo stesso luogo di tutte le sue contraddizioni.
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