4.4 La monarchia borghese di Luigi Filippo
Pur essendo nato da un'insurrezione popolare, il regime orleanista si resse, lungo tutto l'arco della sua esistenza, su una base di consenso abbastanza ristretta e precaria. Soprattutto dopo la sconfitta dell'ala liberal-progressista (il cosiddetto partito del movimento) e la sostituzione di Laffitte con Périer (leader del partito della resistenza, ossia dei moderati che si opponevano a innovazioni troppo radicali), la monarchia di luglio finì per identificarsi strettamente con i valori e con gli interessi dell'alta borghesia degli affari, che vide costantemente crescere il suo peso economico e la sua influenza politica. L'alta borghesia e l'aristocrazia liberale ad essa alleata - che in pratica detenevano il monopolio della rappresentanza politica, dato il carattere ristretto del suffragio - costituivano però uno strato estremamente sottile della società francese. E non potevano contare, per legittimare il loro potere, sulla forza della tradizione monarchica, che in Francia si identificava con la dinastia borbonica; né tanto meno sull'appoggio del clero, che si mantenne sempre diffidente nei confronti del nuovo regime borghese.
Cattolici reazionari e ultras legittimisti non cessarono mai di tramare per il ritorno dei Borbone e, nel '32, cercarono addirittura di organizzare un focolaio di rivolta in Vandea. Altri colpi di mano furono tentati (nel '36 e nel '40) dai nostalgici del bonapartismo, che speravano in una restaurazione dell'Impero ed erano guidati da due nipoti di Napoleone I: Luigi Napoleone e Carlo Luigi Napoleone, figli dell'ex re d'Olanda Luigi Bonaparte.
Ma l'opposizione più pericolosa venne proprio dai gruppi democratico-repubblicani che erano stati, come si è visto, i protagonisti dell'insurrezione parigina del '30 e che - attraverso le sette facenti capo a Filippo Buonarroti (
2.2) - erano collegati ai primi nuclei socialisti già attivi nei grandi centri urbani. Organizzati in una fitta rete di associazioni più o meno clandestine, repubblicani e socialisti costituirono una costante minaccia per la stabilità del regime orleanista, costretto a fronteggiare una lunga serie di agitazioni e di veri e propri tentativi insurrezionali: nel 1831 a Lione, nel '32 a Parigi, nel '34 ancora a Lione, nel '39 di nuovo nella capitale (senza contare un attentato a Luigi Filippo che, nel 1835, causò la morte di numerose persone del seguito). La più seria e sanguinosa di queste insurrezioni fu quella di Lione dell'aprile '34: un'autentica rivolta operaia di cui furono protagonisti i lavoratori dell'industria della seta.
La ricorrente minaccia rivoluzionaria provocò per contraccolpo una ulteriore involuzione conservatrice della monarchia di luglio, che si tradusse, dal 1835 (anno dell'attentato a Luigi Filippo), in alcune misure limitative della libertà di stampa e di associazione. L'involuzione si accentuò a partire dal 1840, quando François Guizot divenne - prima come responsabile degli Esteri, poi come primo ministro - la figura dominante della scena politica francese.
Storico e pensatore politico di notevole statura, Guizot era un tipico esponente del liberalismo moderato, teorico del giusto mezzo fra la reazione legittimista e le audacie rivoluzionarie. In realtà, una volta al potere, legò il suo nome a una politica sostanzialmente immobilista e conservatrice, tutta centrata sulla ricerca dell'ordine e della stabilità, sia sul piano degli equilibri interni, sia (come si vedrà più avanti) su quello degli schieramenti internazionali. Puntando le sue carte sui progressi economici che il paese stava realizzando - soprattutto nel settore della finanza e in quello delle opere pubbliche - e sollecitando le velleità speculative della borghesia (celebre la sua esortazione ad "arricchirsi" rivolta ai francesi), Guizot riuscì a rafforzare la maggioranza moderata e imbrigliò con tutti i mezzi l'opposizione legale: a prezzo, però, di un notevole impoverimento del dibattito politico e di una crescente corruzione del sistema parlamentare, aggravata dal fatto che molti deputati erano anche funzionari governativi.
In questo modo, la politica di Guizot e di Luigi Filippo finì con l'accentuare i caratteri oligarchici del regime e con lo scavare un fossato sempre più profondo fra il ceto dirigente e la società civile (o, per usare una formula diventata popolare proprio negli anni della monarchia di luglio, fra "paese legale" e "paese reale"). Una spaccatura che si sarebbe rivelata fatale per la monarchia orleanista.
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