24.13 Sommario
I problemi del dopoguerra erano aggravati, in Italia, dalla debolezza delle strutture democratiche e dalla crisi della classe dirigente liberale. I cattolici si organizzarono politicamente con il Partito popolare (1919). A sinistra, la crescita del Partito socialista corrispondeva ad una prevalenza, in esso, delle correnti rivoluzionarie. La nascita del fascismo (1919) introdusse nella vita politica un nuovo stile aggressivo e violento.
In relazione alle vicende della conferenza di Parigi, si diffuse tra l'opinione pubblica un atteggiamento di risentimento verso gli ex alleati (la "vittoria mutilata") e il governo. Clamorosa fu la protesta attuata da D'Annunzio con l'occupazione di Fiume (settembre '19).
Sul piano interno, il '19-'20 fu una fase di acute agitazioni sociali: moti contro il caro-viveri, scioperi operai e agrari, occupazione delle terre. Le elezioni del novembre '19, tenute col sistema proporzionale, segnarono la perdita del controllo del Parlamento da parte delle forze liberali, nonché un successo di socialisti e popolari.
Nel giugno 1920 Giolitti tornò al potere con un programma molto avanzato. Durante il suo governo fu risolta la questione di Fiume (trattato di Rapallo e fine dell'impresa dannunziana). Tuttavia il disegno giolittiano di ridimensionare le spinte rivoluzionarie del Psi attraverso un'apertura riformista fallì. Il maggior episodio di conflittualità del periodo fu l'occupazione delle fabbriche (settembre '20), la cui conclusione accentuò le divisioni nel movimento socialista e diffuse in tutta la borghesia un desiderio di rivincita. Al congresso socialista di Livorno del gennaio '21, la corrente di sinistra guidata da Bordiga e Gramsci si scisse dal Psi e fondò il Partito comunista.
Tra la fine del '20 e l'inizio del '21 il fascismo, abbandonando gli originari caratteri radical-democratici, si qualificò decisamente in senso antisocialista. Le azioni squadristiche colpirono sedi ed esponenti del movimento operaio e contadino del Centro-nord, in particolare le leghe rosse nella Valle Padana. Le cause della repentina crescita del fascismo agrario furono varie: forza "militare", connivenza dei pubblici poteri, tentativo di Giolitti di usare il fascismo per ridurre alla ragione socialisti e popolari, ma anche consensi in quelle categorie contadine (piccoli proprietari, mezzadri, piccoli affittuari) che mal sopportavano il controllo esercitato dalle organizzazioni socialiste nelle campagne. L'inserimento nei "blocchi nazionali" (elezioni del maggio '21) diede al fascismo una completa legittimazione.
Profittando della debolezza dei governi liberali (Bonomi e Facta), il fascismo si rese protagonista di imprese sempre più clamorose, culminate nella risposta allo sciopero "legalitario" dell'agosto '22, estremo tentativo socialista di arginare le violenze squadristiche.
Mentre trattava con i principali leader liberali per una partecipazione al governo, Mussolini lasciò che le milizie fasciste si preparassero per un colpo di Stato. Il successo della marcia su Roma (28 ottobre '22) fu reso possibile solo dal rifiuto del re a firmare lo stato d'assedio. Il nuovo governo Mussolini - lungi dal rappresentare, come parve a molti, un ritorno alla normalità - preparava la fine dello Stato liberale.
Una volta al potere, Mussolini attuò una politica autoritaria (soprattutto contro il movimento operaio) e creò nuovi istituti (il Gran consiglio del fascismo e la Milizia) incompatibili con i princìpi liberali. Al tempo stesso continuò a promettere la "normalizzazione" e a collaborare con forze politiche non fasciste. Oltre all'appoggio di liberali e cattolici, Mussolini poteva valersi di quello del potere economico, nonché del sostegno della Chiesa, che vedeva nel fascismo un baluardo contro la minaccia socialista. Un ulteriore rafforzamento il fascismo ottenne con le elezioni del '24, tenute secondo la nuova legge maggioritaria: da esse le opposizioni uscirono notevolmente ridimensionate.
Nel giugno '24 il deputato socialista Matteotti - che aveva denunciato alla Camera i brogli e le violenze commesse dai fascisti in occasione delle elezioni - fu assassinato da un gruppo di squadristi. L'ondata di sdegno che ne seguì fece vacillare il potere di Mussolini. Ma le opposizioni, che abbandonarono la Camera (secessione dell'Aventino), erano troppo deboli per mettere in crisi il governo. Col duro discorso del 3 gennaio '25, Mussolini riacquistò il controllo della situazione. Tra il '25 e il '26 si consumò la fine dello Stato liberale: "fascistizzazione" della stampa, persecuzione degli antifascisti, rafforzamento dei poteri del capo del governo, legge "per la difesa dello Stato" (che, tra l'altro, istituiva il Tribunale speciale), scioglimento di tutti i partiti (tranne quello fascista).
Regimi autoritari sorsero, negli anni '20, in vari paesi dell'Europa centro-orientale (Ungheria, Polonia, Stati balcanici), nonché in Portogallo e in Spagna (ove, però, vi fu nel '31 una vittoria delle forze democratiche e repubblicane). Tutti questi erano comunque regimi autoritari di stampo tradizionale, piuttosto che fascisti.
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