27.9 Sommario
Nel regime fascista l'organizzazione dello Stato e quella del partito venivano a sovrapporsi. Fu la prima però - per volere di Mussolini - ad avere sempre la prevalenza, mentre la funzione del Pnf, sempre più burocratizzato, fu quella di "occupare" la società civile, soprattutto attraverso le sue organizzazioni collaterali. Un primo limite ai propositi totalitari del regime era rappresentato dal peso della Chiesa, la cui influenza venne espressamente riconosciuta coi Patti latera-nensi (1929). I Patti rappresentarono anche un successo politico per il fascismo, sancito dal plebiscito di quello stesso anno. Altro limite ai propositi totalitari era costituito dalla presenza del re quale massima autorità dello Stato.
Negli anni del fascismo, nonostante l'aumento dell'urbanizzazione e degli addetti all'industria e ai servizi, la società italiana restava notevolmente arretrata. La "fascistizzazione" perseguita dal regime - portatore di un'ideologia tradizionalistica, ma aspirante anche alla creazione di un "uomo nuovo" - potè realizzarsi solo in parte: il fascismo riuscì ad ottenere il consenso della piccola e media borghesia, ma solo in misura limitata e superficialmente quello dell'alta borghesia e delle classi popolari (queste ultime videro diminuire i loro salari e i loro consumi).
Il regime cercò in modo particolare di esercitare uno stretto controllo nell'ambito della scuola e della cultura. Soprattutto si impegnò nel campo dei mezzi di comunicazione di massa, essendo consapevole della loro importanza ai fini del consenso. La radio e il cinema furono, così, sia strumenti di propaganda sia mezzi di semplice intrattenimento.
Il fascismo non costruì un nuovo sistema economico: il modello corporativo rimase infatti sulla carta. Sul piano della politica economica, si passò nel '25 da una linea liberista ad una protezionistica e di maggior intervento statale. La "battaglia del grano" doveva servire al raggiungimento dell'autosufficienza cerealicola; la rivalutazione della lira ("quota novanta") aveva il compito di dare al paese un'immagine di stabilità monetaria. Di fronte alla crisi del '29, il regime reagì attraverso una politica di lavori pubblici ("risanamento" di Roma, bonifica delle Paludi Pontine) e di intervento diretto dello Stato in campo industriale e bancario. Con l'Iri Io Stato diventò il proprietario di alcune fra le maggiori imprese italiane. Superata la crisi, il fascismo indirizzò l'economia verso la produzione bellica.
Fino ai primi anni '30 le aspirazioni imperiali, connaturate all'ideologia del fascismo, rimasero vaghe. L'aggressione all'Etiopia (1935) mutò bruscamente la posizione intemazionale del regime. Se l'impresa indubbiamente costituì per Mussolini un grosso successo politico, vista l'adesione della maggioranza dell'opinione pubblica, rappresentò anche una rottura con le potenze democratiche. Questa rottura fu accentuata dall'intervento nella guerra civile spagnola e dal riavvicinamento alla Germania (sancito, nel '36, dall'"Asse Roma-Berlino"). Tale riawi-cinamento era concepito da Mussolini come un mezzo di pressione su Francia e Inghilterra: si risolse invece - con la firma del "patto d'acciaio" (1939) - in una subordinazione alle scelte di Hitler.
In Italia la maggioranza degli antifascisti - soprattutto ex popolari e liberali - rimasero in una posizione di silenziosa opposizione. I comunisti invece si impegnarono, benché con scarsi risultati, nell'agitazione clandestina; sulla stessa linea si mosse il gruppo di "Giustizia e Libertà", di indirizzo liberal-socialista. Gli altri gruppi in esilio all'estero (socialisti, repubblicani, democratici, federati nel '27 nella Concentrazione antifascista) svolsero soprattutto un'opera di elaborazione politica in vista di una sconfitta del regime che l'antifascismo non era in grado di provocare. Nonostante questa debolezza, l'importanza dell'antifascismo risiedette nella funzione di testimonianza e di preparazione dei quadri e delle piattaforme politiche della futura Italia democratica.
Il consenso ottenuto dal regime cominciò a incrinarsi dopo l'impresa etiopica. La politica dell'"autarchia" - finalizzata all'obiettivo dell'autosufficienza economica in caso di guerra - ottenne solo parziali successi e suscitò un diffuso malcontento. Soprattutto ravvicinamento alla Germania e la politica discriminatoria nei confronti degli ebrei suscitarono timori e dissensi nella maggioranza della popolazione. Soltanto fra le nuove generazioni il disegno mussoliniano di trasformare in senso fascista la vita e la mentalità degli italiani ottenne qualche successo.
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