31.10 Sommario
La seconda guerra mondiale sancì la definitiva crisi del colonialismo e l'affermazione, a livello internazionale, del principio di autodeterminazione. La decolonizzazione avvenne in forme relativamente indolori nei possedimenti inglesi, mentre la Francia applicò nelle sue colonie una politica di forte resistenza nei confronti dei movimenti indipendentisti. Solo assai di rado i nuovi Stati indipendenti avrebbero avuto regimi democratici, prevalendo in generale governi autoritari o militari.
L'Asia precedette di quasi dieci anni il continente africano nella liberazione dal dominio coloniale. La prima e più importante tappa fu l'indipendenza dell'India (1947). Al raggiungimento dell'indipendenza seguirono spesso aspri contrasti entro i nuovi Stati, come quello fra indù e musulmani in India e quello fra nazionalisti e comunisti in vari paesi del Sud-est asiatico. Particolarmente lungo il processo di emancipazione del Vietnam, ove la lotta contro i francesi si concluse nel '54 con la divisione del paese in due Stati, l'uno comunista e l'altro filo-occidentale.
In Medio Oriente, già dall'inizio del secolo si era sviluppato un movimento nazionalista arabo; la seconda guerra mondiale accelerò il processo di emancipazione. Nel 1948, con il ritiro degli inglesi dalla Palestina e la nascita dello Stato d'Israele (cui seguiva immediatamente la prima guerra arabo-israeliana) nasceva il problema palestinese.
Il regime di Nasser in Egitto, nato dopo che una rivolta di ufficiali rovesciò la monarchia (1952), diede a quel paese una posizione di preminenza nella regione, soprattutto dopo la crisi di Suez del '56 (quando inglesi e francesi, che avevano occupato il canale, furono costretti a ritirarsi dalle pressioni di Usa e Urss). In Libia, nel 1969, una rivoluzione portò al potere il colonnello Gheddafi, artefice di un esperimento di "socialismo islamico" e, sul piano internazionale, di una politica che avrebbe alimentato le tensioni nell'area medio-orientale.
Particolarmente drammatico e cruento fu il processo di emancipazione in Algeria, per la presenza di oltre un milione di coloni francesi tenacemente avversi all'indipendenza. Fu De Gaulle a capire l'inevitabilità della rinuncia all'Algeria, che ottenne nel '62 l'indipendenza.
A sud del Sahara, nell'Africa nera, il processo di decolonizzazione si compì fra la fine degli anni '50 e l'inizio degli anni '60. Fu un processo generalmente pacifico tranne in casi come quelli della Rhodesia del Sud o del Congo. Le vicende del Congo furono particolarmente rappresentative dei conflitti intestini che agitavano spesso le ex colonie, costituitesi in Stati secondo gli artificiali confini della dominazione europea. Le stesse istituzioni politiche, ricalcate sui modelli europei, avrebbero mostrato una particolare fragilità, lasciando spesso il posto a regimi militari. Un caso a sé fu quello del Sud Africa, dove la consistente minoranza bianca (presente nel paese da tre secoli) è riuscita a conservare il potere praticando una politica di discriminazione (apartheid) ai danni della maggioranza nera.
I paesi dell'America Latina godevano da tempo dell'indipendenza politica ma si trovavano tuttavia in condizioni di dipendenza economica dagli Stati Uniti (che esercitavano una sorta di tutela su tutto il continente). L'instabilità politica dell'America centrale e meridionale si caratterizzò nell'oscillazione fra liberalismo, populismo e autoritarismo. Fra le esperienze più significative, quella del regime populista-autoritario stabilito da Perón in Argentina. Di grande rilievo, per l'attrazione che esercitò in tutta l'America Latina, fu la rivoluzione cubana guidata da Castro (1959) che diede al nuovo regime un orientamento comunista.
Sul piano della politica internazionale, i paesi di nuova indipendenza cercarono una piattaforma comune (a partire dalla conferenza di Bandung del '55) nel "non allineamento". Progressivamente, però, tale neutralismo rispetto al contrasto Est-Ovest ha lasciato il campo, nella realtà, allo schieramento di molti paesi non allineati in senso filo-comunista o filo-occidentale. Sul piano economico, il Terzo Mondo è accomunato dalla realtà del sottosviluppo, ovvero dall'incapacità a risolvere i problemi di arretratezza economica resi ancor più gravi dall'aumento assai rapido della popolazione.
Torna all'indice