7. Le rivoluzioni del 1848
7.1 Una rivoluzione europea
Nel 1848 l'Europa fu sconvolta da una crisi rivoluzionaria di ampiezza e di intensità eccezionali. Non a caso l'espressione "quarantotto" è diventata da allora sinonimo di "sconvolgimento improvviso e radicale". Eccezionale fu innanzitutto l'estensione dell'area geografica interessata dalle agitazioni. Ma eccezionale fu anche la rapidità con cui il moto rivoluzionario si diffuse in tutta l'Europa continentale, dalla Francia all'Italia, all'Impero asburgico e alla Confederazione germanica. Fra le potenze europee, solo la Russia (dove l'arretratezza della società civile e l'efficienza dell'apparato repressivo impedivano l'emergere dei fermenti democratici) e la Gran Bretagna (dove al contrario il sistema politico si dimostrava più adatto a recepire le spinte della società) non furono toccate dall'ondata delle rivoluzioni.
Un moto così ampio, esploso quasi simultaneamente in paesi molto diversi fra loro per assetto politico e condizioni sociali, non sarebbe stato possibile se non fosse stato favorito da alcuni fattori comuni, presenti nell'intera società europea. Un primo elemento comune era dato dalla situazione economica: nel biennio 1846-47 l'Europa aveva attraversato una fase di crisi, che aveva investito prima il settore agricolo, poi quello industriale e commerciale, provocando carestie, miseria, disoccupazione e creando dovunque un clima di acuto malessere. Il disagio economico e l'inquietudine sociale non sarebbero bastati di per sé a provocare una crisi di così vaste proporzioni se su di essi non si fosse inserita l'azione consapevole svolta dai democratici di tutta Europa, in particolare dagli intellettuali, depositari di una tradizione comune che affondava le sue origini nella rivoluzione francese. Questa tradizione nel '48 era ancora viva; e viva era l'attesa di un nuovo grande sommovimento che avrebbe dovuto ridare slancio al moto di emancipazione politica - ma anche nazionale - cominciato alla fine del '700 e solo provvisoriamente interrotto dalla Restaurazione. In questo senso i moti del '48 si collegano a quelli del 1820-21 e del 1830. Simile fu il contenuto dominante delle insurrezioni: la richiesta di libertà politiche e di democrazia, variamente intrecciata - in Italia, in Germania e nell'Impero asburgico - alla spinta verso l'emancipazione nazionale. Simile fu anche la dinamica dei moti, che si svilupparono tutti secondo lo schema delle "giornate rivoluzionarie": cominciarono cioè con grandi dimostrazioni popolari nelle capitali, sfociate poi in scontri armati.
Se per un verso il 1848 chiude simbolicamente un'epoca - quella delle rivoluzioni liberali e democratiche legate all'iniziativa della borghesia e alle grandi sommosse urbane - per un altro verso ne apre una nuova, caratterizzata essenzialmente dall'intervento delle masse popolari e dall'emergere degli obiettivi sociali accanto a quelli politici. Un altro tratto comune delle rivoluzioni del '48 fu rappresentato dalla massiccia partecipazione dei ceti popolari urbani. A Parigi come a Vienna, a Berlino come a Milano, furono gli artigiani e gli operai a svolgere il ruolo principale nelle sommosse. A Parigi, la componente popolare e operaia si mosse in relativa autonomia, e spesso in contrasto, rispetto alle forze democratico-borghesi e cercò di imporre propri specifici obiettivi di lotta.
Nel gennaio del '48, poche settimane prima dello scoppio dei moti, era stato scritto il Manifesto dei comunisti di Marx ed Engels, destinato a diventare il testo-base della rivoluzione proletaria. Questa coincidenza di date ci aiuta a capire come mai il 1848 sia stato spesso considerato l'anno ufficiale di nascita del movimento operaio e addirittura sia stato scelto come una delle date più indicative per segnare il problematico confine che divide l'età moderna dall'età contemporanea.
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