9.10 La Comune di Parigi
Nella primavera del 1871, mentre si stava ancora negoziando la pace con la Germania, la Francia dovette affrontare una drammatica crisi interna, in parte causata dalla sconfitta, in parte legata alle tensioni politiche e sociali che gli avvenimenti del '48 avevano portato alla luce e che vent'anni di regime bonapartista non erano riusciti a soffocare. Negli ultimi anni del Secondo Impero, Parigi aveva accentuato i suoi caratteri di metropoli operaia ed era tornata ad essere un attivo centro di agitazioni sociali. Dopo la sconfitta di Sedan, era stato il popolo della capitale a insorgere, a costituire una Guardia nazionale e a decretare la fine del regime napoleonico. Parigi, insomma, aveva vissuto la caduta dell'Impero come una nuova occasione rivoluzionaria e al tempo stesso come l'inizio di una riscossa nazionale. Molto diverso era l'orientamento delle campagne e dei centri minori, dove prevalevano le tendenze conservatrici e il desiderio di una rapida firma della pace.
La frattura si delineò con chiarezza dopo le elezioni della nuova Assemblea nazionale, che si tennero l'8 febbraio 1871. Grazie al voto delle campagne, l'Assemblea, che tenne le sue prime riunioni a Bordeaux, risultò composta in stragrande maggioranza da moderati e conservatori. A presiedere il governo fu chiamato Adolphe Thiers, già ministro di Luigi Filippo e tipico rappresentante della Francia moderata. Appena entrato in carica, il nuovo governo si affrettò ad aprire trattative con i vincitori per la conclusione della pace. Ma, quando furono note le durissime condizioni imposte da Bismarck (che prevedevano fra l'altro l'ingresso delle truppe tedesche nella capitale), il popolo di Parigi protestò in massa e manifestò la propria intenzione di provvedere alla difesa della città.
Lo scontro fra la Parigi rivoluzionaria e la Francia rurale e conservatrice diventava così fatale. Né Thiers fece nulla per evitarlo. Nella prima metà di marzo il governo varò una serie di misure - dalla sospensione delle proroghe per il pagamento dei fitti alla decisione di trasferire la sede del Parlamento da Bordeaux a Versailles (anziché a Parigi) - che ebbero l'effetto di aumentare l'irritazione delle masse popolari parigine. Tutto questo mentre i reparti dell'esercito e i funzionari governativi venivano ritirati dalla capitale. Il popolo di Parigi fu così lasciato a se stesso e indotto a riconoscersi nell'unica struttura organizzata rimasta nella città: la Guardia nazionale, controllata da elementi della sinistra più accesa. Quando, a metà marzo, il governo ordinò la consegna delle armi raccolte per la difesa della capitale, il comando della Guardia nazionale rifiutò di obbedire e indisse le elezioni per il Consiglio della Comune.
Il termine "Comune" non aveva in origine altro significato che quello usuale di organo di autogoverno cittadino; ma evocava anche l'immagine della prima Comune: quella giacobina del 1793-94 che per un anno aveva goduto di un'enorme autorità non solo sulla capitale ma su tutta la Francia. Anche la Comune del 1871 assunse ben presto i tratti di un'esperienza radicalmente rivoluzionaria, tanto da apparire come una sfida nei confronti del governo legittimo, ma anche rispetto all'ordine politico e sociale dell'Europa intera. Questi sviluppi furono determinati dall'esito delle elezioni per il Consiglio della Comune, tenutesi il 28 marzo. L'elettorato conservatore si astenne in gran parte dalle urne, anche perché gli abitanti dei quartieri ricchi avevano abbandonato in massa la capitale. Il potere restò dunque nelle mani dei gruppi di estrema sinistra: dai democratico-giacobini ai blanquisti, dai proudhoniani ai socialisti e agli anarchici.
Per quanto divisi da seri contrasti, i dirigenti della Comune diedero vita nel giro di poche settimane al più radicale esperimento di democrazia diretta che mai si fosse tentato in Europa. Fu abolita la distinzione fra potere esecutivo e legislativo; tutti i funzionari furono resi elettivi e continuamente revocabili; l'esercito fu sostituito da milizie popolari armate. Queste misure provocarono l'allarme dei conservatori e dei moderati e suscitarono l'entusiasmo dei rivoluzionari di tutta Europa. Marx e Bakunin furono concordi nel salutare nella Comune il primo esempio di gestione diretta del potere da parte delle masse, quasi un modello per la futura società socialista.
In realtà, il governo rivoluzionario parigino non si caratterizzò in senso strettamente socialista. Furono presi, è vero, alcuni significativi provvedimenti di carattere sociale (come quello che stabiliva uguaglianza di retribuzioni fra operai e impiegati). Alcuni stabilimenti industriali furono affidati a cooperative di lavoratori. Ma non fu possibile andare più in là, sia per il carattere eterogeneo delle forze rappresentate nel Consiglio, sia, e soprattutto, per le condizioni assolutamente anomale in cui l'esperimento si svolse. Tutta racchiusa entro i confini di una sola città, isolata dal resto del paese (occupato per giunta da truppe straniere), la Comune avrebbe avuto qualche speranza di sopravvivere solo se fosse riuscita a provocare un moto generalizzato che coinvolgesse anche i piccoli centri e le campagne. Ma la Francia provinciale e rurale si era già espressa nelle elezioni di febbraio. Gli appelli lanciati da Parigi agli altri comuni di Francia perché si associassero alla capitale in una libera federazione caddero nel vuoto. E l'esperienza della Comune durò non più di due mesi: il tempo necessario a Thiers per raccogliere, con la benevola neutralità degli occupanti tedeschi, un esercito abbastanza forte per muovere alla conquista della capitale.
Fra il 21 e il 28 maggio le truppe governative procedettero all'occupazione di Parigi, che fu difesa strada per strada dalle milizie popolari. La battaglia fu condotta da ambo le parti con estrema decisione. Alla disperata volontà di resistenza dei "comunardi" fece riscontro la condotta spietata dei reparti regolari, che tradiva la volontà del governo di infliggere un colpo definitivo al movimento rivoluzionario parigino. Alle esecuzioni sommarie (circa ventimila uomini furono passati per le armi senza processo durante la "settimana di sangue"), i difensori della Comune risposero con sanguinose rappresaglie, che contribuirono a diffondere nell'opinione pubblica moderata un senso di paura e di odio per i rivoluzionari. In realtà, gli eccessi dei comunardi furono poca cosa rispetto alla repressione governativa, che proseguì con immutata durezza anche dopo la caduta delle ultime resistenze. Per la seconda volta in poco più di vent'anni, il movimento rivoluzionario francese si trovava sconfitto e fisicamente decimato. La
Terza Repubblica muoveva i suoi primi passi sotto il segno di una pesante ipoteca conservatrice.
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